14 febbraio 2010

bianca, l'apparente apatia di un gruppo elettrogeno

ti ho accarezzato in silenzio, quando il mare ti voleva uscire dallo stomaco. e già dormivi nel freddo che senti solo tu. è stato come strappare dalla neve un fiore colorato. che mentre trema sembra aver bagnato con il suo colore il ghiaccio soppresso. mi sono cambiato i vestiti e le rivoluzioni finivano comunque nel sudore freddo dell'impossibilità. non avevano il mio nome proprio perché ho aspettato le nuove pulizie per le cose in più da dire. ma non ho dimenticato dove piangi, anche se rimane invisibile. mi dai un nuovo ritmo vergine nel silenzio dei tre colori del sole. tutti i giorni finiscono il cioccolato. vorrebbero vederti non smettere mai. vorrebbero colorarti loro senza il prezzo di una motivazione. la tua foto da bambina si muove in qualche canzone disegnata appena. un giorno intero con questa stessa canzone, per bruciare la tentazione di una sorta di permeabilità. per far passare il tempo con il rosso. per aiutarti a dire qualcosa di vero senza far respirare gli occhi. che desertici si prendono per mano. ogni cosa fatta è una parte della casa. ti ho vestito. e ho aperto le troppe partenze che rimandano indietro. tutto quello che hai sentito sull'attesa rinuncia ad essere una scusa. perché compro statue ogni giorno senza pensare al discutibile profitto. hai sempre parlato per fiori stanchi di essere desiderabili solo per principio. così ho spento ogni tipo di cera. ho spedito silenzi preziosi e indivisibili verso le nuove isole imperdonabili. le rinunce passive, che non lasciano decidere, hanno debellato tutte le ricerche. il nome che ti ho dato non coincide con il tuo vero. a volte si scambiano come per gioco, senza avvisare. metto punti prima e dopo per essere sicuro di tornare a casa. ma da solo. capisco che abita lontano per ogni oggi che è un nuovo anno. per decidere dove dormire con un peso diverso. hai mescolato ogni tipo di pane con la biologia. rimanendo attenta a non far bruciare niente. e già ferivi nel tempo che spendi solo tu. possibilità veneree che fioriscono dentro senza diagnosticare nessun appello. un paesaggio strumentale ha visto il tuo sonno invincibile. non sai mai come potrei perdere. "vorrei nascere e indossare il vestito migliore prima di crescere". come prendi spazio spostando musica nuova nel buio. muscoli dentro la strada di sara. diamanti con linee potenti che trafiggono le onde, ci disegnano con gli avanzi sulla sabbia e poi volano via dentro la neve. tutte le tue valigie scelte che non dividono più il caldo in due stagioni. il posto che avanza per noi e aspetta poco, perché ingenuamente il sistema impassibile si sceglie l'ombra più larga. per decidere i coltelli buoni dentro casa. e si colorerà per prima quando ti vestirò di nuovo. "siamo tutti morti e non ci salveremo più da niente, di quello che ci aspetta. non basta la volontà o l'apparente possibilità di decidere." le canzoni piene ancora di manganelli e sugo di ferro. gli sputi contro il muro che formavano delle nuvole. solo lì potevi scappare. e non avevi paura di cadere di nuovo dentro una nazione conquistata da un pensiero. il vero che continua a perdere onore dentro di noi. i "dopo" che si traducono in "troppo tardi". i necessari "forse" scuciti dalle frasi. le uniche cose che ricordi non esserti dispiaciute. sembrava quasi vero, da come me lo hanno detto. i lager costituzionali."sei sottile dentro il tuo sonno. dentro una stanza che sembra un ghiacciaio. che è nuovo e fermo. e tutto di te, ancora più sottile." e continuano a pulire tutto per farci stare meglio. continuano a volerci migliori, ci mettono dentro ancora ancore. pietre caldissime come i tuoi baci pieni d'odio. frasi di formaldeide. istinti promare già smentiti. il teorema dell'autoperpetuazione ci solleva ma per poco, e male. sfregiamo il problema della felicità. è zucchero di poco prezzo. le uniche strade sono tutte in discesa. non volevi tornare a casa e volevi sapere cosa si prova ad essere un fachiro. i mostri normali che pregano per noi. l'anemia che ci chiama per numero. la pace praticabile. "il mondo pieno di vittime". torneremo ancora distanti in cimiteri atmosferici pieni di perplessità. il menefreghismo della strada sotto casa tua, piena di sogni bruciati, come cassonetti di traverso. urlare per una tako-tsubo migliore a colazione, perché non basta mai. sembrava quasi vero, da come me lo hai detto. davvero.

3 febbraio 2010

"un po' di febbre"

c'è sempre una carezza-assente ad asciugarmi in silenzio la testa quando arrivo al letto