31 luglio 2008

la neve di lucciole

i giorni perdono insomma il loro tempo. si sfaldano su piani e dimensioni aperti e infinite. domani tempesta nel tuo alto mare. ascolti la musica alta, ti parla di altro. come se nascessero grattacieli di pasticche nei nostri armadietti. come oggi lungo la strada a fare l'autostop al destino celeste e rosso. piangi a natale e a ferragosto, che le favole non suonano bene con le ombre marcate della tua consapevolezza. comprensibile, necessaria voglia di volarti sulla pancia, atterrare sulla tua vita in picchiata. di corsa dimentico di mettermi i vestiti giusti e scappo saltando tra marciapiedi e pulmann che affogano di sudore. il tetto profuma di fresco, la collina di teschi allucinati ormai è coperta da tappeti di fiorite novità. il materassino ti porterà a capo horn e gli albatross saranno lumache. unisco a matita i tuoi punti ed escono capolavori di enigmistica. dio che cascata, dio che lanciata che è la macchina. sorde saranno le strade che portano a casa di notte. che da capo horn torniamo con la uno senza dividere la benza

sotto le tue dita

suonano corde di acciaio. mi hai lasciato, mi hai dimenticato sotto la sabbia della spiaggia l'altra notte. hai ancora le chiavi e non dovresti. piccole innondazioni delle mie appassionate esaltazioni sensibili. alle tue magie. te lo mangi il mondo, rompi le catene e le regali ai bambini come fossero trottole, come fossero perle me le impianti nel cuore. i tramonti segnati con il pennarello, e il cielo diventava il ritratto della nostra perfezione, i luoghi piangono nello stomaco, i luoghi piangono nelle tue unghie che grattavano via le patine opache. tutto era oro, tutto era eroina. il metadone per te non lo danno nell'acqua del rubinetto, nell'aria filtrata dalle macchine, dal porto. il mare dimentica persino di mettersi il mascara all'alba. nude le stelle pescate nella tenda, con le onde che galleggiavano nei respiri, nelle mani che si rincorrevano fino all'interrogazione di chimica e le crostate di zia. camminare sul tetto di notte e vedere il mondo da lassù. e poi ci sono loro. e poi ci sono le piogge acide, tornerò in tempo per il digestivo. che non brucia nemmeno la città e i gatti scappano dagli scogli. il tornado mi riempie il cuore di sabbia e avanzi di ferraglia arrugginita. suonano anche le nebbie dell'est. il vietnam abita nei centri giovanili cattolici, nelle canzoni suonate e scritte a battere cassa. cadranno le chiese dalle nuvole, costruiranno ipotecando l'aria dei boschi sperduti sotto i tombini. questi castelli si chiudono nei loro vortici. non si sente l'alba sotto la pelle che si spella. mi chiami domani e magari corri di notte a prenderti un po' di pazzia prescritta dalla necessità di vivere, vivere qua davvero e non nelle nuvole. ah,forse non lo sai..non te l'ho mai detto. le nuvole, il loro vapore, sono i nostri sogni..che poi ci ri-piovono addosso come grandine. sotto le tue dita sono una biglia

30 luglio 2008

copiose infiltrazioni di viola

cose vecchie oggi non si può mettere ordine, che vige la regola ferrea
dell'approssimazione. abbandono i cani abbandonati, gli abbandono con gli
occhi, mi lascio camminare da altro. che non ti prendi altro spazio sarebbe
preferibile ora come ora. di notte, da ieri, da sempre, da un po'. sorrido dei
miei sorrisi dedicati alle tue ombre disegnate sulle rive della città, sulle
rive delle mie barche, ombre sulle rive di te. i giri che girano troppo senza
spinta, girano per inerti moti. non sarebbe praticamente possibile, ma troppe
altre cose lo sono eppure esistono. o anche essendo praticamente possibili, non
esistono. mi si disegnano strane ipotesi, strani mosaici verdi e marroni.
canzoni di cemento buone a fare solo i piloni, ma nemmeno di messina, giusto
per un ponte alle hawaii. che di ponti per quelle isole e per altri non ne
faremo mai abbastanza piccola onan. piccola te nel tuo nido di pagine stampate,
di pagine strappate male. mangiate male, digerite peggio. nemmeno i tuoi sogni,
e i miei con loro, possono arrivare qua. nemmeno bastano tutti i ponti di
cartapesta, di cartapeste. peste delle ignobile teorie cospirative dei rossetti
scaduti, dei gelati scaldati al forno o le gomme da frigorifero. che il troppo
stroppia e il buono stomaca. il peggio non muore mai mentre il buono chiede
l'eutanasia per un po' di pensione mentale. che di quella pensione ce n'è
troppa, troppa da bere, da bersi. mi chiamano dal tuo lato, ma oggi il mondo si
perde con un soffio di vento, di quelli che ti portano dei profumi lontani
quando sei per strada. camminano insomma odori e nel vento cambia il mondo. il
mondo che si perde nelle scatole buie, nelle sere, queste davvero, scadute.
spirate le noie, sparite le troie. festivo è festivo quando si vuole, quando si
deve per necessità. domeniche a noleggio, no consegne a domicilio...ho sentito il battito della polvere, la forza disperata dell’amore. Le tue
ciglia attaccate ancora al mio viso, le mie lacrime alle tue parole. Delle
nostre piccole speranze realizzate, i viaggi fatti e non. Ma non mi dire che
davvero sei partita. Mi dipingi nelle tue perplessità come fossi l’eroe della
periferia. Nemmeno le tue innumerevoli onde fisiologiche. Patologie prescritte
da me...cose nuove. nemmeno mi ricordo come si chiama. i kebab presi a quaresima. le
note dolenti e urlatrici come le scimmie della realtà. eppure si muove e balla.
parlare del concetto finalistico del camminare a piedi nudi per la città e
quello di non riuscire a farlo nemmeno in casa. le invidie reiterate che
rispondono "presente all'appello".mi ci gioco le palle,letteralmente. sai che
domani si muore sotto una tormenta? sai che si gioca meglio con le marmitte che
con le trombe? una stanza sembra abbastanza per vedere. la nostra passione
sente le voci della stanza affianco con invidia e accelera la sua particolare assoluta via crucis. riesco appena a distinguere il caldo dal freddo quando
ti ho salutato, insomma...al ciao e all'addio. copiose infiltrazioni di viole
nei nostri occhi atti a pompare sangue, attenti a rimanere in apnea

28 luglio 2008

i piccoli contatti

le cose rimangono in sospeso. e non si ha tempo di pensare al necessario. benvenuta belgrado

22 luglio 2008

le trecce fatte con le vene

ipnotizzati dalle movenze delle luci dei lampioni fissati sulle alghe delle tue ciglia. mi chiami per dormire, mi chiami per mangiare. ma come se fosse lento il mare, come se tutte la magiche minime trascurate giornate volassero nella tua borsa. mi chiami per inventare una favola e raccontarla ancora. mi trovi libero per volarti sotto le suole sgualcite delle tue mani. sotto le vene appassite dei poveri gatti che mangiano salmone a colazione. mi si cancellano le opache emozioni fantasticate come se le date di scadenza avessero l'indulto a non funzionare, la sospesione delle finalità. mischia le turbate matite di quaderni con le pagine sbattute e schiaffeggiate dal vento sopra il nostro molo che nennemo sai esistere. come se notare il deserto dopo la periferia fosse scoprire l'america vergine delle seviziate lacrime innocenti dei topi che abitano le ruote delle macchine. ma sai che mi stanno larghe le maniche delle tue vestaglie. mi trovi nel sottoscala o aggrappato al tuo balcone. aggrappato alle tue mani,stretto alle tue dita. mi dimentichi dietro le macchine. ma nemmeno le stalle e le grotte sono ormai calde, giusto con le stufe e gas soporifero, che quello esilarante lo avevano finito al piano di sopra, che sono sotto sfratto

21 luglio 2008

i giorni condizionati come l'aria

non so come sia possibile ma succede, non me ne accorgo nemmeno. ma passano e vanno lungo il tuo calendario, come se niente fosse. ma in realtà sono filtrati dalla tua idolatria per le case nuove fresche. ognuno di merita un film, anche solo su un solo giorno della sua vita. mi specchio sul culo del cucchiaio, sembra che respiri davvero, sembra che io abbia peso. ma non ci sono altre estensioni possibili alle tue gonne rammendate con le garze dell'esercito onu. ma nemmeno le colombe sanno più di pace. ormai giusto i piccioni troppo malati ti possono ricordare dell'ombra dei parchi. ma nemmeno troppa. le luci, le ragioni, le torpedini. le turbazioni e le turbolenze mentali. apnee con la chiamata in attesa. rispondo dopo che ora muoio un secondo, poi torno. è solo che ho deciso di vivere questa vita per un po'. mi dimentico delle nuove nozioni di fisica. ma nemmeno le alterazioni spaziali del parcheggio mi sono sembrate innocue. mi chiami domani? mi trovi sull'elenco dei senza numero di cervello. codice rimosso. ma come sempre trovo le ragioni della tua vertigine nelle piccole strettoie votate a spirale. le nostre patetiche avversioni alla razionalità in vetrina con i saldi. i vortici caldi delle passioni. e le piccole nuove notizie.mi dici che è sempre presto per crescere e dimenticarsi delle piccole nuove appunto.addio materassino viola

20 luglio 2008

come la crema

i tuoi baci che addormentano le estati divertenti passate ad interrogarsi sulle grotte, sulle nostre vene e i loro limiti di pressione. ma nemmeno le ancore. depositi a cielo aperto di passatempi scaduti. ma nemmeno le stelle, i caselli dal paradiso a qua. i giorni spesi male, bleffando a poker, bleffando allo specchio. le birre calde, riscaldate, bollite e mandate a strozzo. chiedere le particolari suggestioni avvistate dai dirigibili gonfiati ad insulti. insulti per le noie dei doveri. come se fosse sempre domenica, come se fosse sempre aprile. dolce il riposo dei guanti, dura la pelle e il sudore_acido. nemmeno importa, nemmeno costa, non si paga. al ritorno faremo i conti con gli angeli. che sono spettri perfetti dei lampi mai visti di felicità, che sono modelli di passione estemporanea. mi difettano le protezioni ad alto potenziale, quelle comprate usate e rivendute con i giri indietro del contachilometri. scadute sotto il sole che scioglie i nodi bruciandoli. bruciano i tramonti dietro i miei difetti abbaglianti, bruciano le case in collina come se fossero di carta velina. ma non riesci ad andare più in là? le equazioni non si bilanciano mai, il risultato straborda e macchia il letto di lacrime viola. arancione e arance. blu come specchio. rosso un punto. nero il sonno di una voragine che addomestica ogni bene. giallo come la crema. e le paste e le porte e le parche attenzioni (s)fumate. ma se fosse sempre come la segretaria domestica, felice felice, che toccarti la mano era svenire senza_aria affogare nell'estasi, naufrago di un psico-cardio-dramma, mai estinto.
non sarebbe difficile anche se non sarà domenica
non sarebbe difficile prendersi un po'
di più
sul serio
di più
non sarebbe difficile credere, di nuovo, che non crollano gli arcobaleni
mettere al sole idee e farle sciogliere come bugie
non sarà impossibile vivere tutti i giorni aprile
e dimenticarsi di dover truccare la camera
con le nuvole
per non morire di nostalgia
per un cielo
ormai sceso nella mia mano
che ti prende
e vola via
via

17 luglio 2008

le cuccie per gatti tra gli scogli del porto

necessariamente la passeggiata doveva finire lì dove almeno spiritualmente era stata..sognata. tutto abbastanza caldo. molte parole e cartoline per terra. scopri anche che le bottiglie possono diventare grigie. la prossima volta spero di strapparla quella pagina. intanto il disegno a matita è rimasto sullo scoglio.e la bolla volerà da lì

106 Dione

riuscirci davvero, almeno in futuro, e non sarebbe male saperlo. non mi dispiace aspettare. lo trovo stimolante come conoscere con una chiaccherata un muro senza poster a tintaunita. avvincente. ancora qualche metro e mi sarei ritrovato a riva, si ok, ma a pezzi. farebbe molto piacere e poi non è male la musica. wow che panorama da questa stanza. schiantarsi nel mare, l'ho sentito dire che potrebbe succederci. possibile. sarei passato tra pochi minuti ma il tuo spazio era caduto nel fondo del lavandino. un gigante del mondo, le riflessioni da un asteroide

16 luglio 2008

ma non ci sono le pesche

vorrei volare verso la grande barca per mettere a posto le cose, vorrei conoscere le strade di berlino per non perdere nessun giro della trottola. mi sento nel mio dentro_antro un martello pneumatico che prova la resistenza delle pareti venose, ed è come se un terremoto spaccasse tutte le vetrerie del mondo, riunite nella tua bocca. ma non è pronta ancora la macedonia, e finché non si è finito di pranzare non ci si può alzare da tavola. voleva mettere un ponte sotto il mare, voleva navigare dritto in autostrada. ma come si spegne. si accoltella la delicata parte della noia monopolizzata dalle tue frasi sciocche e destrutturanti come vaniglia al sole di gennaio. e mi sembra stupido pretendere di conoscermi, perlomeno ancora come prima, dopo di te, di noi, del cielo, dopo il martini e le telefonate che licenziano la razionalità. piangere strappando le mattonelle della camera con le unghie. mangiare salvegenti come ciambelle. monotone partiture di respiri e andanti passi a levare. battono ancora, battono finora. le farfalle tigre e le falene che cavalcano le pareti chiuse per ferie. un parco senza vento, un giorno senza rum. due ore senza sigarette e le dovute eccezioni alle tue particolari novità. tranquilla L. respira ancora. mettiti dritta gli occhiali e spegni le "necessarie condizioni per", le "necessarie condizioni a". posso anche passarci sopra. ma sono finite. un altro. ma nemmeno le nonne piangono, nemmeno le puttane ridono, nemmeno le cagne corrono. mi metto sotto e prendo tempo. mi si sgonfiano tutti i palloncini che mi fanno camminare senza svenire per le apparenti sembianze umane che si rivelano sempre false. ma come si corre fino all'islanda senza perdere le margherite nelle proprie tasche. come se non fosse necessario raschiare via la ruggine dal cuore e il muschio dall'irrazionalità. scusa il ritardo ma erano finiti gli attimi sbagliati, rimanevano solo quelli apparentemente giusti per viverci. suono il mondo e tu evidenzi le pagine dei libri solo con le tue dita. sei brillante e devo andare al lavoro. notte bilancia. sarebbe troppo scontato baciarti nel mondo, si insomma, qua con i piedi per terra. andremo un passo più in là, e saremo noi a far venire le vertigini alle stelle

la stagione delle migrazioni

i giorni non sono giorni e mi dispiace per il tuo caffè. sentire alla mattina il vento che si alza e avere come l'impressione che il giorno, ora si, sia davvero giorno, almeno che lo sia più del solito. come si perdono le stelle cadenti dagli occhi. spiccioli per il resto. mi mancano la tue abbacinanti conquiste, le porche scadenti buste mai aperte. ogni tanto arrivano le bollette dal paradiso per il contatore dei sogni che ormai gira a ruota libera, anche se è una ruota quadrata. sono cose che non si capiscono, è come se dovessi digerire una busta della spesa. sottoscala senza finestre e con il plasma, bellino però. accogliente e comodo. mi dispiace per i clown e le ballerine sparate dai cannoni nel cielo d'agosto, per i cani che cantano e gli uomini abbandonati in autostrada come ricordi estinti, andati a male(o a mele). ti cadono gli occhi. ma non c'è modo di sperare, non c'è modo di sapere e di contare. quark. le ricette sono scadute e i tuoi farmaci li trovi nelle gambe della strada. i preservativi troppo costosi, il panico e i sottovaso come cuscino. ma non ti preoccupare per orione che non piove, non evapora il sole e non cresceranno altri alberi da bruciare. bruceranno le città, sotto le lacrime degli uccelli che scappano senza pagare il pedaggio tra le nuvole e le paranoie d'alta quota. viva la monotoniandante (a vele spiegate)(a vele strappate)

14 luglio 2008

e ti presero fuoco i capelli

per gioco, come se fosse niente. e io sotto la pioggia a piangere sensi di colpa da seppellire nel cielo sconsacrato. come fa male sapere la verità che spiega lo schema delle sorprese. falle diventare come calcoli. ma come sempre regali anche un'alba. sapere che esiste, comunque tutto, qualcosa che al mondo sia "dolore non rivelato" e quindi puro, senza perdere la verità della vita nel suo fluire. come fai? mi ricordo quando non si cercavano le sere da perdere e le macchine facevano un castello come carte, e con un soffio si potrebbero spegnere le pareti della città e rendere tutto una pianura da passeggiare. come dimenticarsi da dove si è venuti e ricordarsi dove si voleva andare. come è strano perdere
il giorno, la sue aria e le sue manie, le noie...tutto diventa giallo e grandinano le lacrime dal paradiso

13 luglio 2008

il tour psichedelico di un fantasma senza passioni

raccontarsi come si riesca, trovarsi senza nemmeno le nuove ricette a colazione. non ci sono mai piaciute le storie troppo corte e con un finale troppo chiaro e trasparente. mi conosco. ricordarsi di come una grotta riesca a ballare con te dentro, dopo essere stata scavata per una guerra e dopo essere stata abbandonata per la pace. il buio alla fine riusciva a farmi cercare spazio. lo spettacolo non era stato poi così male. non distinguerti tra il gruppo. non mi racconto storie da un po', il che esclude i problemi appunto con i vari tipi di finali che di solito si possono incontrare. come si fa a conoscere il profumo giusto? non rimane poi tanta roba in frigo. tutto si scioglie sotto le tue domande mai fatte. come mi dispiace per il carcere che ti fa sorridere e poi magari nemmeno è un carcere e a me fa piacere pensarlo giusto per darmi qualche possibilità volante, e giusto qualche tacca di autostima(maddove?). tolgo le corde, taglio le corde e me le mangio. digestione chimico_sentimentale_con molti problemi. al parco si starebbe anche bene ma è troppo lontano da qua, è un altro sistema planetario, dove forse nemmeno c'è un sole che tenga tutte le corde tirate al collo dei vari pianeti. e pensa se la terra si staccasse e si potesse tutti andare a fare un giro per l'universo. dove non c'è più tempo si perderà il peso dei ricordi, e dove non c'è spazio le lotte di km saranno giochi, giochi da parco appunto. come se piovessero anatre che viaggiano verso il caldo. come se tutti quelli che possono e devono volare avessero le vertigini. e io mi fermassi. non c'entra proprio un cazzo la vertigine con te, con le mie emozioni di cinema e l'importanza di una matita gialla. sono come bolle dove dentro, anche se manca l'aria e il sole t acceca, riesci a giocare con una finestra di notte prima di dormire, dove la spinta di un calcio dato alla realtà ti passa sotto la puzza di veromarcio e ti manda, anche solo per pochissimo, più in là. mi si congelano le vene se penso che non si può stringere una mano. troppo lontana e mai troppo vicina. perché mi ci prendi il cuore, gli aquiloni, le noie, i sussurri delle novità invisibili e i limiti dei sogni. mi ci prendi i confini del mondo, gli allacci, che con un fiocco diventa un regalo. affanno?apnea troppo corta, vorrei tornare giù, sdraiato sul fondo a veder salire le bolle dei miei respiri, dove non si sente più il rumore che trapana la sensibileporta degli occhi. abitare sotto terra, in una tana. vedi il caffè, che non basta mai, mi dispiace per lo zucchero

12 luglio 2008

"solo a luglio" o "solo, a luglio"

scotta. e non si direbbe mai che un graffio che non si chiude faccia sempre più male perfino di un'amputazione. si sente fino a qua sotto, fino a qua dentro. anche se sono sordo e doverosamente, precisamente muto. (pena il silenzio serio). mi fanno ridere e correre questi pensieri chiusi in un pacco e filmati. mi faccio girare come un lampo, mentre suonano e illuminano solo temporali catodici intorno, apparenti e vuoti. gira sempre la stessa musica di merda. dentro, fuori. dentro o fuori? mi sembra strano non afferrarci e portarci via da dove siamo sempre stati, perdersi come in un gioco nuovo di cui non si conoscono fortunatamente nemmeno le regole, e tu sorridi sotto il sole lontano e cieco, la tua vita è dietro un angolo. cieco, da qua. come si fermano le sensazioni che mangiano tutto di me. mi sembra che settembre sia già qua da me con tutte le sue rinnovate prove e necessarie attitudini. come si spegne questo cazzo di cervello..che alla fine non è quello, è la consapevolezza, l'identità mentale che non di può nemmeno sradicare. mi spiace che i posti al sole siano finiti dentro_sotto il cielo grigio di quando non si sente piangere nemmeno nessuno, quando non si sente perfino il silenzio che ci circonda da sempre. o perlomeno me. davvero sempre la stessa musica di merda come colonna sonora. e non puoi nemmeno fermarla. sembra sempre troppo preciso il tempo estratto dal cammino. perdersi nel caso rimane per sua stessa natura nel mezzo, tra terra e cielo..non troppo lontano per rinunciarci razionalmente, nè troppo vicino per smettere dopo averlo_averti afferrato. ok, oggi hai parlato troppo o troppo poco

10 luglio 2008

quando passa il prossimo?

e intanto fumarsi dentro. arrossire anche solo quando diventi un arcobaleno. tenerti in mano, lanciarti sul mare e vedere quanti salti fai. prendere le ombre e le luci dal muro e costruirci una città, visto che le intercapedini tra i palazzi sono state abbandonate. maledette le formiche e i rodeo mancati sulle cicale. come se tutto tornasse a casa e trovasse la cena sotto casa, vicino al garage delle paure inconfessate. per carità, per essere pronta era pronta. gioco a tetris da troppo tempo con pezzi che non possono nemmeno provare a vedersi da lontano, purgatorio nel primo livello. essere la testa di un perenne corteo di mosche, moschini, zanzare, e oggetti ronzanti e silenziosi. il prossimo giro meglio senza le tabelline. mi sembra necessario trovare delle strade inconsuete cercare, dentro il tramonto, le scuse inconciliabili con la realtà. mi sciogli, mi sciolgo e non scelgo. che persona ti sembrava fosse?
ma non ci sono scuse quando corri senza controllo e in pace contro le nuove migliori possibilità abbaglianti, ma nemmeno se volessi, riuscirei davvero a piangerti fuori dalla neve che ti possiede dentro e fuori. corse di aquiloni, cose mai troppo vittime della cosa migliore. ma nulla ti prende, nulla ti tiene a fondo. poco karate kattolico, poco di bruce lee con gli anelli&untrono sempre troppo_poco bianco. ma non ci si dimentica di fumare, questo giro

8 luglio 2008

mi stanno larghe le scarpe

mancano delle svendite di evidenziatori neri. vorrei toglierti le piume dagli occhi. vorrei vederti ridere, vorrei vedermi ballare. vorrei nascere su un albero e imparare a non aver paura della terra. vorrei avere un diario senza data. ci sono sempre le scale nei miei pensieri, e cazzo, sono scale mobili. mi sembra sempre troppo presto per chiamarti, o sempre troppo tardi. dal garage dove sono parcheggiato da un po' non si sente nulla dalla strada, e nei garage è sempre vietato fumare o anche solo avere fiammelibere per dare fuoco ad un attimo. a quell'attimo dove dovresti esserci tu, ma non ci sei..e allora è da buttare. come si costruiscono le case? e i giorni non vanno mai in black out. le luci di emergenza montate dentro ognuno servono solo a tenerti pronto ad un peggio che non è nemmeno previsto, non verranno mai usate. non hanno luce. mi si confondono le dimensioni delle domande con le giuste misure di quello che si deve affrontare ogni giorno. come niente passano anni e si ritorna a mietere i giorni. vamos a la playa. senza specchio nemmeno mi sento più gli occhi, sperando sempre che il resto del necessario sia ancora tutto intero lì. c'era polvere sotto il sole di maggio. e quella strada non era mai stata così, e quelle ore nemmeno. tutto respirava aria prima, non fumo stantio. vorrei conservare le tue noie dentro una palla di vetro e sbattertele in faccia ogni volta che piangi. agitarle prima e renderle diverse, irriconoscibili persino a te. e mostrarti che tutto il resto della vita non c'entra con la noia. ok, può entrare rabbia e dolore. ma mai la noia. mi illudi e le finestre corrono come gabbiani tra le strade che non conosco della tua vita. non ci si ferma mai nel tuo vortice, e nemmeno si soffre il mal d'aria-ansia. come sono corte le giornate, e mai abbastanza lunghe le notti. ironico che sia io a dirlo. proprio io. come si chiama quel fiore?
mi separa la realtà, le mie regole alzano mura. mi si nota appena dietro le parole nemmeno dette. basta che spenga un attimo il cielo, e la pioggia di scintille potrà affogare nel mare come in una cascata, un secondo e tutte le stelle troveranno posto nel mare. immagina quel mare visto da casa tua. e poi per un anno farci l'amore mentre si fa il bagno

7 luglio 2008

fino a kuusalu

sono strane le notti non inutili, quando capisci che è troppo stretta questa storia e proprio perchè te ne sei accorto tardi di questo, beh ormai sei al punto che ogni storia ti starebbe stretta. non so sei sia un bene o un male. fumarsi la cenere dei ricordi in un solo tiro. dimmi come è il fondo del mare, con l'acqua nera e l'aria pesante che non diventa mai bolla. dimmi come sono i ricordi felici della vita che non conosco di te. dammi il tempo di prendere un giorno e farlo nostro. mi sento evaporare al caldo di questa lampada. dicono che il cielo non sia male da casa tua. vederselo da sotto, da là. anche le nostre innocenti paure mai confessate pesano come colpe, consumano il tempo che ci separa dalla verità, dalla comprensione vera. mi senti dalla luna? non so se percorri un'altra voragine o ci fai l'amore come fosse ottobre e inizi a sentire freddo al mattino. essere all'aperto comporta il vantaggio di sentirsi meno controllato dallo spazio che comanda le nostre vite. meno vicino all'ordine. quando nemmeno ti sento arrivare, quando canti una canzone che parla di pioggia e di freddo che non basta mai, come quando piangi e non sai dove andare di notte e da chi. magari per smettere di piangere. come quando lo spazio di un sogno occupa tutto il cielo che si vede da qua e sta stretto. vorrei cullare l'ansia e spegnerla nel posacenere. egoista. il secondo piano non dorme mai di notte, fermo in cucina a farsi di noiaincondizionatairrimediabile. sempre dietro la vita normale esiste un altro mondo, e solo in una piazza puoi contare galassie, se mai ci fosse ancora qualcuno. mi vuoi sentire semplicemnte parlare, non importa di cosa o di chi. virgolette immaginarie della tua splendida parafrasi involontaria. esprimi e inventi nuvole. prendere quel cazzo di giorno