28 marzo 2009

solo un treno con le mille sfumature del grigioversoilnero

che sarebbe stata tutta un'altra musica stasera. che non sarebbe capitato più. non venirti a prendere. non avere la febbre di salire. non crederci ancora nonostante tutte le scommesse sullo sbancare lo schermo bianco. "che a noi è rimasto solo quello". "che a noi è rimasto solo questo". di-scorrere. dis-correre. discorrere. e poi allentarsi in millenovecentottantamila capriole. nei capricci della dolcezza. nello svuotarsi senza usare troppi articoli e occhiali. co-stringersi poi come se la complessità fosse solo una vile apparenza del bianco. quello attaccato sul cuore, bombardato dal regime. senza dirci nulla di inverosimilmente plausibile, al-meno, anche questa volta. anche questa notte. anche in queste lotte dissanguate in periferia a due passi dalla salita invisibile ma sensibile del cimiterointerioredeiricordiricordati. senza più saliva per spiegarci e legarci. con i ricordidimenticati dentro o fuori. non sai cosa è peggio. senza sciacquare via birraindistinta dallo stomaco. senza fermarsi per andare in trasferta da te. ma rimane. tutto. rimane tutto nel fondo. o a galla. ma rimane. come un odore di compiutezza. al-meno plausibile, al-meno questa. con la fantasia di dire che al-meno qualcosa c'è di vero. e io con un viaggio a metà senza il biglietto, "senza" usare troppe articolazioni e occhiaie. senza "usare" troppe articolazioni e occhiaie. senza usare "troppe" articolazioni e occhiaie. di scorrere

26 marzo 2009

"un'altra volta" anche se non è mai "ende"

consumarsi di fretta. ed è già mattino. giorgia è bellissima anche solo per come ti guarda. e tu che non mi aspettavi mai. l'ordine anche nelle rivoluzioni. "dormire con i fantasmi". i miei primi disegni e scoprire i colori. accostando solo ora i dolori. gli angoli di vista e le percezioni insensibili e insensate. conoscersi la prima volta senza guardarsi nemmeno che non era importante. lasci le finestre aperte anche se piove. anche se ci sono io fuori. fisicamente diversi. avrei voluto andare a bologna. andare a pranzo per non pensare. diventare strani. diventare estranei. sapere dove portano, in quale corsia d'ospedale. ma comunque fare considerazioni sul fatto che anche le sigarette per la nostra generazione sono un bene di lusso. per salvarci o affondarci prima. affogandoci con altro. sottosvalutarsi rivedendo i film di dieci anni fa. senza di te. la consistenza dello scoprire cose nuove o quelle rinnovate senza nessun condono. almeno esteriore. sperando che alla fine ci sia almeno qualcosa da mangiare. che ti verrei a prendere anche a piedi solo per farti sentire come s'accelera il polso. le non-risposte. e ancora tremi ma non so per cosa. ballare per entrare in casa prima di precipitare ancora opachi a letto. e s'apriva anche quello oltre al cielo boicottato. i giorni fecondi. quelli fecondati artificialmente. have a good trip. ricordandosi del reato di suicidio. libri per terra. libri da sotterrare meglio. senza aspettarsi nessun fiore buono per concimarci le idee. il colore dell'errore che si trascina dietro. il pericolo di non morire? e allora usa altre parole. e i sacchi neri si riempiono sempre troppo facilmente. troppo comodamente. nonostante una giusta e razionale differenzazzione. almeno una sigaretta nell'altra stanza. le conferme. le mono-dosi e le mono-domande. milioni di mono-domande. e la pelle alla fine mi ha salvato. scoprire che, come sempre è stato, una persona è stata più "veloce" di me. sempre in silenzio. e ora sorride di gusto. e anche io. "I dont' care.. is "the dream" dead? I can't understand it because all aroud is dark. I'm too much white but I can't see myself. I just can fell and read my sunshine" troppo di me e di te. perdendo comunque parole. in dieci anni lungo una manutenzione nemmeno troppo straordinaria, perdendo molto altro ancora. perdonando ancora in silenzio. e noi che non paghiamo mai il coperto. e non posso lasciare niente di intentato. con tutte quelle luci accese delle case alle 4 di notte. specificando bene che tra accese e non-spente c'è una spessa differenza. tutti quei laghi esterni e non mari. anche se siamo a kilometri. "I don't care" e non poteva esserci migliore xxxxxxxxx per provare, per esercitarsi. manifestando nonbuone intenzioni contro le domande stupide. che alla fine non si può dire che colori vedi o che aria respiri o che necessità ti manda fuoristrada. o razionata. fissarci ancora per un po'
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"sono sicuro che almeno una volta hai avuto qualcosa di buono in cambio da una persona. e se altre volte non è successo è per loro ma anche per te. sono venuto per portarti via da te. che non si è risolto niente tra di noi. quel concetto di nudo che va oltre la pelle. la realtà che fa cagare a suondigravità. i giorni perfetti esistono. anche senza morire. senza fare la pace tra di noi. che non c'entra un cazzo la guerra. io che sbaglio a definire i miraggi, soprattuto quelli usati senza filtro. e tu che mi insegni a stare zitto molte volte. perché siamo noi che siamo finiti. è freddo davvero. la metà intera che non era una metà. ma non lo volevi sapere. le risposte invece delle gioie. toccarti dentro e fuori. pensarmi quando ti spogli. e quando ti vesti. i punti interrogativi ingestibili. tutti gli spettacolimandatiamonte. strappare i petali. ma farlo prima della primavera. con troppe stagioni rincorse dentro di te. ma che non saranno mai abbastanza "sappy". che dobbiamo ancora andare a milano. collezionare baci lenti. scoprire che non ci scade niente dentro al frigo, sotto gli occhi. aiuole di sorrisi senza pensieri, senza preoccupazioni né ricordi. o ricorsi. mi pregavi di pensare. capendo anche le cose importanti non mi hai mai derubato. ti tengo la mano. e non solo per diventare trasparenti. ancora la paura di non crederci ancora. essere senzafiltro. essere corpo e ansia in certi momenti. strappandoci gli occhi. cazzo, ancora esiste il tempo. scappare per non deludere. scappare per non uccidere con ancora le mani tese. ma solo con le mani issate ad aspettare. almeno spero che tu mi aspetti. e io che voglio solo te. essere senzafiltro"

23 marzo 2009

perchè l'aria non è ferma

e pensa un po' se fosse colorata. te lo dimostrerò senza nessuna magia. cerco il coraggio di uscire per affrontare il sole e le lettere sparse per strada. i fiori scoloriti e quelli immangiabili. non mi puoi più riordinare. senza abbassare la testa per evitare le mani tese. le tue invece nervose dentro la mia bocca per non farmi parlare. operazioni a cuore aperto h 24. non ho più capelli né altro di speciale per salutarti con un sorriso che sia almeno decente. i treni non-stop per non venire da te mi passano dentro la schiena. la sensazione di colpa. l'insensibilità della colpa. le tue maglie. le tue mani. le tue maglie con le mie mani. distesi dove non doveva capitare. distesi dove ora c'è solo un mare da colorare. evitando di sbiadire le linee di petrolio che ti scendono dagli occhi e poi cadono su tutte quelle voglie e quelle spiagge. e quelle spoglie spiagge dove non sai di esser stata portata mille volte. e forse succederà davvero ma senza ammazzare il campanello
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per come ti tratti. io che sto male. scrivere invece dopo un sogno. mentre ti prendi una doccia e ridi del perché e del passato appassito. per la tua sete che è sempre generosa. per quello che non dico e che rimane nel bianco del muro. rimane nel blu del tuo soffitto pieno di puntine con le tue canzoni. per come ti tratti e ridi. per come mi tratti. per quello che dice giorgia e i suoi svenimenti. per come sarò condito. per come sarò candito. con te. per tutto quello che penso e che non piove mai abbastanza per lavarmi la testa. per tutto quell'alcool per disinfettarmi. per disincantarmi. per le malattie improvvise e quelle improvvisate. per le nuvole rade che ci colorano via. per i sogni a metà. per le frasi che non riesco a dirmi senza piangere. per tutto quello che rende una soglia illegale, prima dell'armistizio. perché l'aria non si ferma. e non sta zitta come me. bollire dentro. scappare dentro un respiro senza inseguirsi. deridermi. distruggermi con la coda dell'occhio. tra le gambe. le tue gambe. avendo molto da fuggire. saldarsi al fumo del porto. che chissà se i disegni resistono al vento surgelato. scegliere un posto per scongelarsi. il ricordo dei tuoi occhi che mordevano. come demolire la voglia di sorridere davvero e non per pubblicità. la pubblicità dei miei discorsi. messi di traverso a bloccarti la strada. e la febbre che mi morde le caviglie e mi ferma ad un passo da te. ad un passo dalla finestra aperta sulla tua testa. sulla tua faccia. l'acido. inacidito. il colore dell'arcobaleno. sulle sciarpe e sulle altalene. la musica pronta. passa. after the crash. after us. after a lonely rebellious song without music. è ancora non c'è lo stato. le cazzate governative che ci vengono vendute ad un prezzo molto caro. sfidami. per parlare di un cielo solo. del cielo isolato. anche telefonicamente. anche telepaticamente. con le carezza di anna e le sue mille sigarette spente dentro la bottiglie svuotate. tutti i suoi segreti. i bambini che occuperanno anche gli scuolabus. e non solo. per me ci sarà molto da urlare. che non mi si sente in molte cose che dico. in molte cose che allargherò. nel male socchiuso che allagherò dalle mie prigionie. e proprio loro ci vengono a parlare dell'essere "contro ogni principio nazionale e internazionale di diritto". le indagini e le invenzioni. lo scrivere dentro una finestra finta. stringere. congedare. congelare. prendere il mondo prima degli altri. e metterselo in bocca. quando tutto diventò buio. e io che mi intossico. viaggi sulla luna con la duna. viaggi sotto al mare senza bombole e senza nessun bacio di addio. i labirinti troppo stretti senza i colpi d'aria delle tue novità allettanti. allentanti. i labirinti sin troppo saturi delle mie coincidenze con le tue ferite mai chiuse per ferie. delle mie parole abbozzate. dei miei tentativi di rimanere a galla nonostante il peso della mia risposta alla vita senza un nome corto. e facile da ricordare. ti avrei portato al concerto dopodomani. peccato che però i petali ancora trabocchino dalla gola. spalare la neve. lattice. lattice dentro e dietro alla parole. prima di ascoltare e raggiungere il senso. parlandone mi metti sul binario di un treno, ma senza il treno. giusto ad aspettare il dolore di essere attraversati. un bracciale per vedere quante sono le mie trecce nella testa

22 marzo 2009

in astinenza senza stare poi così male fisicamente

stesi affianco come due cieli chiusi. stretti al fianco. con quella serenità panoramica comprata al bar per la poca voglia di andar via. come due piani intesi e poi bruciati. come due cieli confusamente scuri che non si riesce bene a capire da cosa. se dal nostro smog o quello altrui. ubriaco al lavoro. con la voglia di scoprire la resistenza delle motivazioni. delle tue lucide commissioni. una città di capannoni e puzza di ruggine. dove tira il vento. dove tira il tempo. dove mi tira il lento imbrunire di una sensazione. che non tramonta mai dietro al cavalcavia che abbiamo fatto a piedi l'altro giorno, di notte. che non fiorisce niente e comunque era meglio prima. gli "effettivamente" consumati mentre forse verremo cementificati liberamente anche noi e i nostri perché. per conservarci senza deperire quello che guardiamo

19 marzo 2009

"con un cielo così bianco non si può fare altrimenti"

ma non lo puoi sapere. non lo puoi volere davvero. tenendo i piedi per terra mi si sono addormentate le gambe. quando volevi guarire. quando volevi morire ma non di noia. attraversando le regioni più desolanti si festeggiava ad ogni confine. le estreme intuizioni. lo stare "in sospeso". non arrivare a dire quello che vorresti. perché starei zitto solo per farti vedere quanto mare è trapassato. gettare l'aria. riconosci chi conosci ma non me. le foto segnaletiche delle nostre complicità. domani capirò. vorrei ascoltare il tuo cuore senza aprire la porta per venire a cercare coraggio. vorrei aspettare. arrampicarsi su tutte quelle montagne. le cose non riuscite. quelle riuscite d'emergenza. tutte quelle parole che non so trovare se non dentro quello che sei. viverti senza tutte quelle rate. sorridersi con quintali di macerie sotto le spalle. con gli occhi aperti. che ce li hanno squarciati. le cose non protette. come era bella casa tua e le tue parti nascoste. e tu che credevi di essere in una discarica. ma non c'è niente di speciale in queste scatole svuotate. mai lavate. come credo, come cedo, come vedo. chiamare ma per sbaglio. francesca che riesce a prendere il treno per arrivare presto o comunque non troppo tardi. morire dal piangere in silenzio. nel mare aperto nel petto ogni volta che mi vuoi. un po' meno male. e non so come riuscirò a mettermi a letto dopodomani, di mattina presto. o a notte affondata, ma già so che avrò paura
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e poi starsene lì a desolare il mare

15 marzo 2009

la circolazione allentata

e c'è un laccio di tempo dove solo una cosa è certa, ma è così tanta la confusione dei ricordi indistinti, che anche quella cosa sfuma. nei vecchi titoli dei giornali. la tua onda sul mio letto. come conoscersi dentro questa battaglia. per un cazzo gentile. un gioco facile da dire, come l'aspettarsi di meglio. oggi. come quel ballo che tremava con quella musica stupenda. tremavo da solo senza la tua mano. due viziati dal caso e dalla tua semplice allusione. la tua dolce illusione che mi culla sotto pressione. come una bambina che scappa per strada inseguita dai suoi peluche, fatti da altri bambini. non parli mai sul serio. per quei cinque minuti in cui ti ho "parlato" mi si è passato il mal di testa. senza impostarsi. sarà per la circolazione alternata. con te che seduta al bar perdi i tuoi occhi dentro i miei che si perdono da soli nel sonno arredato. con tratti e lineamenti arretrati. senza nessun confortevole autoritratto con una bottiglia di birra. abissi e spedizioni alle nostre rapine. che dovresti vedere la mia faccia ogni volta che penso ad una cosa. quella corda specifica. l'insicurezza non proprio economica di quest'anno. con i ritratti speculativi fatti male e i quadri. che arrivi a capire una cosa, la base che ti forma. almeno un po'. per la buona parte. sorridi solo con gli occhi in piena di cose da dirmi. sorridi così anche se ti vergogni e cerchi di trattenerti dietro le sbarre. con l'ansia consumata di questa stanza sottovuoto. sotto il nostro vuoto che puzza di chiuso residenziale. anche se questo paradiso artificiale non ci riempie. tu sei in ogni parola salvavita, con un depuratore dentro questa raffineria davanti casa. che chiuderà sotto una pioggia di tempo e cinica, concreta, realtà. è stato asfaltato tanto tempo. per ridere. con il trattamento dei nostri reciproci rifiuti, senza mai rifiutare una pregevole autodistruzione. quando poi tutto è da rifare come se davvero finora non fosse stato fatto nulla. come se non si fosse fatto nessuno di nulla. le nostre parole che non avevano alcun senso, apparteilgusto. di divorarsi da sole. di divorarci. le vite allentate. quelle allagate. quelle allucinate. quelle uncinate. e vedo una città contorta e distorta dal suo silenzio coltivato, da un silenzio concimato ma comunque contaminato dalla sfiducia della tristezza. come le cartoline in mare aperto. in un male aperto nel petto ogni volta che vuoi. lavarsi gli occhi per le gocce. le malattie arenarie delle nostre spiagge mortali. immortali malinconie. i nostri buoni partiti. che s'allacciano in birre confusamente felici bevute da soli. senza nemmeno guardarsi con gli occhi chiusi. capannoni pieni di compleanni non festeggiati ma ricordati con un po' di fiori polivinili

13 marzo 2009

e alle più livide aspettative

con la stessa matita sono partito dentro questo vento pazzo. nonostante ci sia gente che non deve dormire l'ho fatto con un qualcosa che assomiglia ad un sorriso. anche se fa piangere e piovere. le persone abbottonate e quelle abbandonate. nonostante qualcuno abiti in carceri disoccupate non ancora del tutto. e seduto di fronte ad un albero sembrava che ti stessi davanti casa. come una non opportuna opportunità e poi, e poi leggo male quanto mi dicono. di dire. di ridere. mi rimangono di traverso tutte quelle notti eclissabili. tutta la tua malattia piangente. come le tue mani sciolte al sole. i salti della luce riproducevano alla peggio i nostri profili arricciati. le nostre rincorse colorate dello stesso odore dei lividi. ci hanno riformati. per le nostre "spese". le nostre note, spose. pensavo fossi più disordinata e non così prudente come in un gioco. tutte quelle urla silenziose dal parco, fino ai quei pugni nell'aria malsana. vestiti di nero ci siamo addormentati sempre lì ogni pomeriggio per due o tre mesi. come se il tempo a noi non ci uccidesse. non cosa mi leggerà roma. non so cosa mi reggerà. con i bambini che giocando s'arrabbiano della nostra stessa noia. guardandoci intorno vedevamo solo mura nemmeno troppo colorate. e i nostri successivi salti sopra gli ostacoli di cera. di c'era una volta un mondo meno peggiore. e una vita senza maglia. un pasto a terra senza tutte quelle tovaglie rubate alla malinconia di un mobile. le lettere in valigia che non passano la dogana domestica. le penne rubate al lavoro e le piume opache prestate a tutti loro in cambio della tua pace esteriore. e vedi che Fuori tutto fiorisce, anche le erbacce più verdi. vedi che Fuori tutto bestemmia. i conti in fondo alle pagine. gli scontrini
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"...senza pensare al dopo, senza mai per un attimo accorgerci che quello era già un passato e un rito, un festeggiamento anticipato del tempo che ci avrebbe distaccati e di nuovo gettati ognuno nella propria storia separata, ma io lo sapevo, lo sapevo maledizione che era già tutto finito ma fingevo, non avevo via di scampo, mi dicevo sto bene, sono felice, devo ricordarmelo che qui, ora, stanotte sto bene, anche se in fondo ero molto malinconico quando mi specchiavo nei grandi occhi liquidi.." di te. perché Vittorio non è mai stato malato solo grazie a te.
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gli alcolizzati delle 15 e i loro quintali di sigarette. che ci si svegliavano affianco con tutta quella loro musica ondulatoria. nel loro massimo volume in percentuale. e non so se i libri che non ritrovo li ho regalati. rientrare nelle comunità d'intenti. fissati tutti nel tuo silenzio. nel mio pericolo solo a stare seduto. con te. smettere di fumarsi. smettere di fermarsi a parlare con tutti. gli appuntamenti d'emergenza con quelle mie storie di contrabbando. abbandonate contro le mura di questa intimità innata. di questa città. riaccendere le sigarette. dentro tutte quelle chiesechiuse che vogliono riaprire per farci stare peggio. spenti e ubriachi, mai asciutti. ti saluto in disparte mettendo ferro nel fuoco di questa nostra fugace e infernale, intimidita, città. ritrovando le tue ciglia fra queste pagine ingessate. sarà la prima volta che non mi metto a sudare, con i tappi nelle orecchie e solo un vento sieronegativo che ci consuma. senza alcun rischio presunto. impresentabile. e giusto quando il sole arriva ad abbracciare la panchina abbiamo davvero voglia di andare via. tornando forse solamente a casa, con le mani in tasca per non perdere tutto quello che abbiamo pagato a caro prezzo. e colorerò d'arancio le tue imposte e le tue imposizioni. insomma tutte quelle persiane sempre spalancate così da far sapere a tutti quei desideri sinceri, a tutte quelle canzoni urlate con gli occhi al vento, a tutti quei sorrisi, la via di casa tua. e della tua concreta leggerezza. senza la tua spesa officinale "non ho più pensato ai sogni"

11 marzo 2009

quelli che vengono omogeneizzati male

e c'è chi si ferma alla meta perché non soppesa niente. e finalmente nessuno mi brucia più gli occhi. e con il vento cadono le stelle che mi hai messo dentro il cuore. con il tempo cade tutto. getto ombre sui miei simili. su tutte le mie similitudine che mi fanno stare di merda, come assonnato, come assoldato da un esercito invincibile che non mi venderà più indietro. slegati da me se vuoi. e nessuno ci ha visti l'altra notte per strada. quando ci hanno abbandonato le nostre credenze impopolari. le nostre centrali nucleari. i sentimenti ritagliati. le persone addomesticate. l'amaro amore. "l'untuosità sociale" e le nostre armi affilate. la falsità delle nostre armi biologiche. delle nostre pozzanghere scadenti. decadenti. ti appoggi dove capita nella stanza. con gli occhi scrivi parole al contrario su ogni mio tipo di muro. e te ne freghi delle calamite e delle calamità. di due visi accostati male su un letto pericolante. pericoloso. il radicalismo. il nichilismo non troppo emancipato. il mutismo. il movimento di due occhi diversi , di due colori diversi. di giochi diversificati ed era ora. con sentimenti che probabilmente sono permeabili. e la perdita di calamità. le nostre scorie nucleari vendute. le nostre, che comunque le ripaghiamo. le nostre storie che sono nuove anche se sono ricalcate. ricadute. le strade che per una prima volta vengono disconosciute. le passeggiate in quelle sconosciute per liberarsi. gli antagonismi coscienti. gli antagonismi incoscienti. le mie cazzate che ti fanno incazzare. sottocosto. sotto il costo della pressione e della paura. sotto di noi che viviamo di impressione e radura. rivedersi nelle pagine senza casa. senza rate. senza tutta quella sete innocente. di bersi e di perdersi. lanciami. stare. noi che siamo narcotizzati in una magia di irragionevole viltà. i lega-mi. le persone addormentate. forse dipenderà da come ci siamo stesi e decapitati sul letto, ma abbiamo gli occhi con due voltaggi diversi. con due volteggi diversi. il nostro Carnevale a 00
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i disamori difficili con tu che mi insegni che esistono cure per i padri. con la tua semplice meraviglia di quando mi vedi ancora in piedi. senza tossire nero cadere nel vuoto. per spararsi idolatrie ad occhi chiusi. per chi si studia senza freni c'è la possibilità concreta di sorvolarsi. non ridiamo più. le nuove fotografie sul muro e quelle esplose nei due minuti di ieri pieni di innondazioni progressiste e progressive. gli attacchi della morte e del lasciarti andare via. le settimane più veloci e fameliche che ci vengono prolungate. disagiate e disadorne. "lastupidacoincidenzaconsestessi". i tuoi vestiti che oggi cambieranno colore quando li indosserai. strapperanno tutti i tramonti e le albe collassate e incollate sul balcone sporco. rincorreranno la tua allegria. il tuo trattare unilateralmente, distesa sul mio cuore. rigettato anche da me. ampie produzioni contemplative di segni e segnali abbozzati. di poesie indipendenti. indecenti. ti vengono lasciate dentro i libri e ai tuoi cassettimentali. perché tieni i sogni nel cassonetto. i nostri drammi classici. le interruzioni estemporanee negli isolamenti temporali. con le tue perturbazioni arteriose e artigianali. le autoincoscienze. ti alzi per fuggire quando senti che al piano di sopra ridono, che ti sembra minacciosa questa nostra festività acquisita. cassaintegrata. le verità complessive e quelle complessate. completamente slacciate da tutta quella polvere che la valanga ha spostato nella mia narcolessia. i giorni fuori stagione senza cantare. e quelli fuori, salvi, dal danubio. con i ponti e i punti. sfuggendo dall'anonimato di ogni s-considerata carezza, da ogni contemplata confessione. tutte quelle penne in discarica, nella discarica cittadina chenonsappiamodovè. tutto quel caos temuto che abbiamo adottato. tutto quel caos ottenuto dalle nostre rissose perplessità. il nostro battesimo pagano e pagato. la nudità dell'invisibile. tutte quelle guerre che ci confondono e si calcificano nel cuore e in testa. infestando i nostri silenzi celebrati. i diritti doverosi e danarosi. una capriola di anonimia. i contenuti e le regole da esterno. sei lucifera. gli antagonismi speculari. che doveva essere la volta che ci svegliavamo insieme senza tirarci niente. che dovevamo ammarare senza farci del male. ostinato. "quindi ti guardo ti guardo perché mi pare - dannazione - di non averlo fatto mai"

9 marzo 2009

raggomitolarsi reciprocamente gli organi sul tetto nonostante il mal di festa rinnovato

ci fischiano contro anche i treni con le loro storie intestinali. con le loro storie accampate. le gravidanze coperte. le storie perenni, come lo erano le nevi, con il cervello cablato. e c'è chi elemosina autostima vendendo la propria testa. e non sai cosa fumi con i tanti titoli lontani. con Remo che ventannifa ripuliva sempre queste scale con i suoi discorsi strani. come i suoi occhiali. e chissadovè. la pazienza assicurata come il silenzio. la pazienza oscurata. la pazzia eclissata. il freddo affacciato sui nostri panorami attuali. attuati. "e non posso più far finta di essere solo" è bellissima. come i nostri complici complicati. come la dichiarazione dei nostri redditi non redditizi. indipendenti come le opinioni stupefatte. tossicodipendenti con un contratto a tempo metereopatetico. ordinario con la borsa di tokio. con il fuso orario opposto. e un fiume nuovo di vino inquinato. come le opposizioni deludenti. così sono gli echi delle vene. i dubbi sgrammaticati dei tuoi pianti in corsia. in vena come i tuoi avanzi. riciclati male alla nostra malafede. in vendita è il caldo delle tue vene, delle tue porte. delle tue partite giocate male. senza vincere le proprie radure. con le stazioni disabitabili. disarticolabili come a lisbona e come fernando. con quel primo tiramisù che era una zuppa alcolica. come un'oasi. i documentari sul cinema dietro casa. sopra la testa. e i computer accesi per potersi addormentare con un sorriso davvero rilassato. addormentarsi senza nemmeno saperlo. come non è mai stata la primavera. la prima vera sete di te. la prima volta per un cd. invenduto come le nostre idee. con l'onore al merito per le rimosse leve cardiache. le rimozioni forzate della tua vita. dalla tua vita abbassata. le vite basse. e non puoi più parlare che stai male per una telefonata. tanto che vorresti vomitare dal dolore. dal colore che hai in viso. inviso. i treni con le loro storie parafrasate per tutti e non per i protagonisti a rendere, dispensatori di gioie inconfessate. di calamità attraenti e gelosie irragionevoli. come tutte le spiegazioni che si confondono dentro la mia malattia. dietro la mia [ ]. anche le tue altalene rimangono ferme a metà. dove giochi a volare. dove giochi a volere. a volermi. ferme per lo sciopero della mia allegria interinale. per la mia allegria invernale. gli smottamenti per il viaggio dopo solo due giorni a perugia. ingiusto. giusto per dirti ciao e bere qualcosa di improprio. per bersi qualcosa di impassibile tanto da rimanere impossibili. iride-e-te. e scriverò un libro per chiederti scusa. con mille frasi affettive. infettive. i disegni del caso. e quelli dei nostri casini clandestini. con tutte queste frasi ossessive che dipingono ogni giorno i tuoi occhi e i miei che si perdono dentro casa, dentro la scatola con il cielo. dentro la mia rinuncia di peso. dietro la lasciva promessa di certezza e perplessa complicità. i modi aggressivi di vivere la vita. e i modi digressivi della tua intimità. i pochi momenti felici. la propria insinsibilità riconosciuta per strada. senza salutarla ma solo sputandole contro. le delusioni con le mattonelle staccate

8 marzo 2009

"m-ai come-te" e "l'esame di realtà"

conto tutti i nidi da vicenza a casa. sugli alberi affianco all'autostrada. con quei segnali che non cambiano direzione e opinione. tutte le centinaia di migliaia di frasi e parole dimenticate. la neve e alles sehen. tutti quei sorrisi contraffatti. controfattuali. quando dormiamo piano dentro la macchina. incidendo piano sui nostri profili e sulle nostre proprietà impersonali. come per disincanto. la periferia della campagna emiliana. il profilo delle fabbriche di domenica. il plausibile manipolato dalle tue mani sottili. c'era tutto un programma fottuto che non abbiamo avverato. viaggi negli stati che non sappiamo essere falliti. portami a casa tra le tue braccia e fotografa l'atomo di quell'attimo. immersi nella nostra storia con un finale schizofrenico. gli assaggi e i massaggi interiori. integrali. i tempi lunghi. la messa a fuoco. tommaso che non è più a new york. i battiti irregolari, senza il tuo permesso di soggiorno. ti ho mangiato piano e non hai detto niente di particolarmente casto. come quando fuori non piove e mi sfiori la bassa impressione di gennaio. con tutte quelle pagine strappate. tutti quei fiori decaduti anche se non li avevamo nemmeno colti con gli occhi. le urla. le nebbia silenziosa che si raggela dentro i nostri respiri. i colori tramontati e rimini abbandonata. i racconti di venticinqueannifa senza nostalgia. le cose che non saprò mai e non alzi nemmeno gli occhi. i battiti quotidiani. il trapano che mi hai messo sulla gola. senza farci girare a vuoto niente, nemmeno gli occhi. gli arcobaleni incatenati. che sono un po' come noi e [ ]. ma non mi rialzi mai quando mi anneghi. tutti quegli omicidi. gli occhi prefabbricati. le inopportunità. le righe false. le depressioni incurabili della nostra penisola interiore. i ritorni infiammabili