2 ottobre 2010

[...]

la tosse, in estate, non esiste.
questo giorno.
che non può più giocare a nascondersi.
il presente indicativo che non mi appartiene.
questo mio 18 agosto.
tutto. tutto l'amore non fatto
in un'estate indiana.

27 agosto 2010

dacriocistorinostomia

la pioggia era solo una mezza calamità per riconoscersi. in ogni giorno meno sano. che nemmeno una volta abbiamo liberato qualcuno. siamo palazzi e complessi da demolire. ala per ala. atterrare all'ospedale senza imprecare al proprio viso divelto. la mano fredda sulle fabbriche esportabili. la mente meno fredda sulle nostre voci incrociate. che non si toccano ogni volta che continuo a non guarire e non c'entro più. l'amministrare ogni guerra senza rimpatrio ma è meglio fare senza. "poi sarà tutto di nuovo nostro". senza evadere. che di carcere ormai si vuole morire. colossi e collaudi lenti che corrodono. che concorrono alle derive che si svegliano senza un tesoro. e non ritorna più la voce. le mie domande rapite. che le strade sembrano sempre più piccole dentro una mano. che le canzoni stonano. i giorni ribaltati che fioriscono ma non ti piace il profumo. dentro gli occhi infiltrati ci sono bambini posseduti dal demonio parentale. la neve che si scioglie dentro il letto ma non ci fa male. che ancora si parla di padroni. "tu non c'entri". e i giornali non ne parlano. ogni libro che vorrei leggere abbracciandoti. le derive che si svendono senza decoro. e morire andrà meno di moda. dicendolo dopo. quando torni a casa cerchi sempre qualcosa da portare fuori. e poi diritti a rate e occhi chiusi in gola. cosa ci indigna? cosa ci segna? sentimenti delegittimati con un manganello coperto. nascosto in mani disinfettate e ritorno. in voci disincantate. e ricordo la vita che va indietro. ricordo niente e mi faccio del sano male. ricordo niente e mi sento meno. il miglior modo per non tornare. che poi non ti ho detto di roma. non ti ho detto delle balene. non ti ho detto di tutti i concerti e le spinte, le cose scucite e i sogni muti a metà. "vado al largo". poi tutto quello che aspettiamo resisterà fino a vedere almeno i nostri occhi. un attentato sostenibile. che la voce non torna più. ma non ne facciamo a meno. e se gabriele esce dove va a dimenticarsi?

10 giugno 2010

ciclo idle

tra "cielo e sabbia" hanno montato nuove leggi atmosferiche. con luci colorate. senti che ridono forte senza di noi. mentre aspettiamo dentro una fragola imbottita di polvere. senti che corrono lontano tutti quei passi già sciolti che avevamo liberato in discesa. noi siamo ancora armati ma senza più pudore da vendere. ci offrono nuove leggi per uno stato di necessità. su licenze prosaiche e canzoni pestate. che non ci si oppone nemmeno più la seta chimica. tutti i libri di cubby. ancora intorno ai graffi che non s'infettano più. e ridiamo senza cadere nel mare. con il fuoco già acceso. senza nessuna spiegazione. capelli gialli da spremere e ti porto a ballare in silenzio sotto una casa. mentre il cielo ha deciso di perdere ritmo. tutto quello che si poteva dimenticare presto, al sicuro dentro di noi. tappeti strumentali che si colorano di bianco. in agitazioni e distensioni. incatenati in licenziamenti improvvisati con storie americane licenziose. titoli conservati per credere che le cose si possono ripetere. ricami in nessun posto caldo. le fughe contrappuntistiche collaudate in serie. "maggio prova ad essere giugno". controsoggetto canonico filtrato nelle parti libere

16 aprile 2010

hanno tolto tutti i semafori lungo la strada nascosta che porta a casa tua

e non riesco ad attraversare. la conferma di recapito. tutti i partigiani del mondo. la felicità di sentirci uguali ci ucciderà. in un sonno che dura dalla nascita. i suoi incubi restano a bagnare il silenzio del torto. nel sole irriconoscibile che raffredda questo deserto di carta bianca e muri ogni giorno più alti. il colore della speranza stempera ogni partenza. in tutte le cose che già sono state dette ma che comunque non sapremo mai. giù nel fondo degli occhi chiari, con un unico riflesso di sete rabbiosa. il colore della gioia di un nome ritrovato. perché ogni somiglianza diventerà una colpa che solo inizialmente sarà sconosciuta. con un ronzio continuo e umido di interi apparati di nuvole. "la fine assoluta del mondo". dove ci ricordano di essere vivi e non vivificati, come dice tutta la pubblicità colorata. le città che si legano in abbracci sulla tua schiena. così si profumano. "ma solo la rivoluzione salva il passato". le pallottole che escono dalla televisione. ma dove. le malattie incurabili che tagliano le reti nere sopra la testa. il prato viola che muore ad ovest dietro la fabbrica. il mare sempre più blu ottiene dei favori sorprendenti. il ronzio metallico dentro il braccio. il ronzio metallico dentro la testa. una canzone piena di mostri e fantasmi in bianco e nero. la felicità di sentirci uguali ci ha già ucciso. tutti i colori che ti resteranno addosso domani nonostante la pioggia. meriti sempre le ultime parole prima di un ciao
°°°
ogni casa è un prodotto industriale conforme alla terapia primaverile. "è la mia droga, non - ti - può far male". scoprendo che si può cancellare anche il futuro

10 aprile 2010

nuovo posto yocto

le notti boreali stirate sui muri. ci sono giorni in cui vince l'ossessione di una risposta. per il resto allungo l'attesa e la distendo. il nuovo nome americano che ha bologna. sono riuscito a non piangere quella sera senza macchina. le cartoline possono di nuovo avere una faccia. in televisione sempre più "cause concorrenti del quadro clinico". ci sono molte cose che dovrebbero finire almeno in una sola stanza. contando finestre accese. scegli di guarire senza le forbici. rosa suona bene. l'infelicità manifesta e mai svelata del fratello vivo. le dimostrazioni di difetto. la matematica ha svuotato anche i libri e non ho il passaporto per cercarti

7 marzo 2010

la dieta kilometrica di una domanda, favola

di tutte le tue mani, ognuna colorata in modo diverso. ferisco la tua spalla e dentro trovo un parco ad agosto. pieno solo di caldo. e di milioni di ombre dense e umide. apro l'altra ferita sul tuo ventre e trovo una stanza bianca, vuota e fredda. lo spazio che non può più essere matematico ci consola. dentro il mio silenzio da raccogliere in mille pezzi. pensi ad un arresto e ai suoi visi taglienti. le costole delle frasi. lo spazio quindi può essere non necessario. quando ti metti in un angolo per sentire almeno una cosa vicina come l'america. le falsità stereotipate che si sono radicalizzate. eserciti disegnati sulle colline nude e bagnate. le foto da geometri interiori. l'orrore come prova essenziale. il caldo artificiale allarga le navi. il vento spaziale le ricicla. onda su onda. "quello non sembra più nemmeno il tuo viso". mi leggo le speranze umide, le calmo. i grazie smisurati e senza morale. i mostri che si aprono la porta a vicenda per uscire presto la sera. come in una canzone di cui non ricordiamo più il titolo. ricacciamo il cielo in tasca per tutto il giorno preventivato. la colpa disumana dei ricordi sterminati. fino a dove non vedo la rinuncia fluorescente dei perché senza sconti. che sappiamo come si mette in piedi il costo della vita emancipata dalla vita stessa. le lettere luterane come un rinvio. il sospetto dell'attesa come risposta non può essere credibile. cosa rimane di non autopunitivo nella celebrazione della propria indipendenza? un unico discorso del cazzo
°°°
siamo sempre stati soli in famiglia. e ce n'è sempre stato bisogno. per sentirsi meno indispensabili della realtà. della rinuncia immediata. le persone che non urlano hanno sempre un certo fascino per le patologie della cronaca immolata. eravamo in alto, oltre ogni più commestibile aspettativa, e avevi paura del nuoto. la divisa ti rende più simpatico o almeno così avresti voluto dire. ti vesto dentro una città di vetro rosa. la luce accesa sulle tue gambe che corrono nel letto. la pioggia rampicante e ottobre senza cornice. la nuvola che bisogna mettere attorno al sole. l'odore industrializzato della domenica mattina. il petrolio accogliente che ci lasciamo dietro per non tornare a casa. il passato posticipato di un qualsiasi bagno acceso. bisanzio e una domanda calda. gomitoli grammaticali legati attorno ad un tuo vestito. le volte che ti vorrei dire come fai. e anche quando dovrei farlo davvero non ci riesco. caldo stretto alle tue motivazioni senza nessun appello. sorridi dentro la voce insana delle cose senza nome. ottobre e mi sveglio presto. siamo diversamente uguali

14 febbraio 2010

bianca, l'apparente apatia di un gruppo elettrogeno

ti ho accarezzato in silenzio, quando il mare ti voleva uscire dallo stomaco. e già dormivi nel freddo che senti solo tu. è stato come strappare dalla neve un fiore colorato. che mentre trema sembra aver bagnato con il suo colore il ghiaccio soppresso. mi sono cambiato i vestiti e le rivoluzioni finivano comunque nel sudore freddo dell'impossibilità. non avevano il mio nome proprio perché ho aspettato le nuove pulizie per le cose in più da dire. ma non ho dimenticato dove piangi, anche se rimane invisibile. mi dai un nuovo ritmo vergine nel silenzio dei tre colori del sole. tutti i giorni finiscono il cioccolato. vorrebbero vederti non smettere mai. vorrebbero colorarti loro senza il prezzo di una motivazione. la tua foto da bambina si muove in qualche canzone disegnata appena. un giorno intero con questa stessa canzone, per bruciare la tentazione di una sorta di permeabilità. per far passare il tempo con il rosso. per aiutarti a dire qualcosa di vero senza far respirare gli occhi. che desertici si prendono per mano. ogni cosa fatta è una parte della casa. ti ho vestito. e ho aperto le troppe partenze che rimandano indietro. tutto quello che hai sentito sull'attesa rinuncia ad essere una scusa. perché compro statue ogni giorno senza pensare al discutibile profitto. hai sempre parlato per fiori stanchi di essere desiderabili solo per principio. così ho spento ogni tipo di cera. ho spedito silenzi preziosi e indivisibili verso le nuove isole imperdonabili. le rinunce passive, che non lasciano decidere, hanno debellato tutte le ricerche. il nome che ti ho dato non coincide con il tuo vero. a volte si scambiano come per gioco, senza avvisare. metto punti prima e dopo per essere sicuro di tornare a casa. ma da solo. capisco che abita lontano per ogni oggi che è un nuovo anno. per decidere dove dormire con un peso diverso. hai mescolato ogni tipo di pane con la biologia. rimanendo attenta a non far bruciare niente. e già ferivi nel tempo che spendi solo tu. possibilità veneree che fioriscono dentro senza diagnosticare nessun appello. un paesaggio strumentale ha visto il tuo sonno invincibile. non sai mai come potrei perdere. "vorrei nascere e indossare il vestito migliore prima di crescere". come prendi spazio spostando musica nuova nel buio. muscoli dentro la strada di sara. diamanti con linee potenti che trafiggono le onde, ci disegnano con gli avanzi sulla sabbia e poi volano via dentro la neve. tutte le tue valigie scelte che non dividono più il caldo in due stagioni. il posto che avanza per noi e aspetta poco, perché ingenuamente il sistema impassibile si sceglie l'ombra più larga. per decidere i coltelli buoni dentro casa. e si colorerà per prima quando ti vestirò di nuovo. "siamo tutti morti e non ci salveremo più da niente, di quello che ci aspetta. non basta la volontà o l'apparente possibilità di decidere." le canzoni piene ancora di manganelli e sugo di ferro. gli sputi contro il muro che formavano delle nuvole. solo lì potevi scappare. e non avevi paura di cadere di nuovo dentro una nazione conquistata da un pensiero. il vero che continua a perdere onore dentro di noi. i "dopo" che si traducono in "troppo tardi". i necessari "forse" scuciti dalle frasi. le uniche cose che ricordi non esserti dispiaciute. sembrava quasi vero, da come me lo hanno detto. i lager costituzionali."sei sottile dentro il tuo sonno. dentro una stanza che sembra un ghiacciaio. che è nuovo e fermo. e tutto di te, ancora più sottile." e continuano a pulire tutto per farci stare meglio. continuano a volerci migliori, ci mettono dentro ancora ancore. pietre caldissime come i tuoi baci pieni d'odio. frasi di formaldeide. istinti promare già smentiti. il teorema dell'autoperpetuazione ci solleva ma per poco, e male. sfregiamo il problema della felicità. è zucchero di poco prezzo. le uniche strade sono tutte in discesa. non volevi tornare a casa e volevi sapere cosa si prova ad essere un fachiro. i mostri normali che pregano per noi. l'anemia che ci chiama per numero. la pace praticabile. "il mondo pieno di vittime". torneremo ancora distanti in cimiteri atmosferici pieni di perplessità. il menefreghismo della strada sotto casa tua, piena di sogni bruciati, come cassonetti di traverso. urlare per una tako-tsubo migliore a colazione, perché non basta mai. sembrava quasi vero, da come me lo hai detto. davvero.

3 febbraio 2010

"un po' di febbre"

c'è sempre una carezza-assente ad asciugarmi in silenzio la testa quando arrivo al letto

29 gennaio 2010

per il battesimo

gli arcobaleni di gennaio sono alieni industriali. le autopsie subite con ancora le manette. con i polsi uniti da un lungo respiro. il trauma da carta igienica. "hai i tuoi anni, ma non li hai mai posseduti davvero". il disonore del vero nell'ultimo aprile colorato. la finestra sudamericana e le sue malattie. anidride sui tetti licenziati. un'altra finestra che insegna colori per ore. e poi ancora l'odore della polvere che può essere solo che fresca, se abita da te. parole ritagliate dai tuoi vestiti di carta bagnata. parole deragliate dai tuoi destini da danza sprecata. e poi respiri meno allungati. abbiamo aspettato un viaggio breve. sfocato dalla polvere che entra bagnata nei corridoi della città. e non ho finito di dimenticare

16 gennaio 2010

"- non", in the atmosphere

sento piano. l'avere ancora un letto sulla testa. mentre guardavamo il sole salire facilmente. le carezze nottambule, ma di melatonina. semplificando il silenzio in strati colorati. diversamente dal modo di pesare. meno strappi impossibili. le mancanze di natale. uscendo dalla rianimazione e aspettare il bus. tutto rimane là dentro. lampioni meno intermittenti degli arresti. le lucide espressioni matematiche senza toccare la dimensione interna. nuove parole e depressioni salvate. indossando calcare stretto al collo. salite da eccezione che non scaldano più. fiumi atmosferici che sentono una reazione. le vie abbottonate. mahnmal. colazioni imbarazzanti e opere eroiche. mille cannoni sfibrati che raggiungono equilibri sprecati. mirando occultamente alla nota giusta. ferite intercettate sulle mani. le cose succedute. "lontani piaceri sconosciuti". delle cose sedicenti. messaggi greci di profilo. minime impressionanti. sulla conduzione assestata delle vibrazioni elementari. che alimentano la tua fame elettiva. le fughe esteriori. cani sciolti e cantanti. senza combattere il ritorno che ci ha esiliato. tavoli convenzionali. fuori suonano urla di cosmonauti sani. risaliti odiando in volo. ma mantenendo fede ai giudizi senza frontiere. la scala abbandonata in piazza di corsa. l'ufficio di collocamento senza lucia. tutto quello che non ho detto aspettandoti fuori dal circo. due bugie. francesca non è tornata viva. cosa resterà dei nomi irriconoscibili. dei rumori randagi sensibilmente rischiosi. degli ami fruttiferi dentro di noi. mirando oscuramente alla notte giustiziata. nelle urla per altre favole in fila. le lacrime meno familiari. le risposte confortevoli. mi richiami a casa. cosa risponde all'appello? quando non piangi per il vuoto d'aria. c'è una strana nuvola fortunata, senza spunti, che non sa dove sei

6 dicembre 2009

con l'età dell'oro di chi non risponde più al silenzio

il disegno spontaneo per correre intorno al cielo. il film silenzioso di te che mi farebbe compagnia. con il mare nel sole. ripulendoci dal freddo spento delle retate. contro l'opportuna possibilità di trovarti prosciugata. il labirinto rosso delle braccia. con il pregiudicato senso di inadeguatezza che mi lega al soffitto. mentre non parlo. con gli occhi stretti ad un "si" sconfinato. abbiamo risolto le guerre più sottili. senza più vestiti per uscirne vivi. abbiamo riscritto le stragi più disarmate. con le morti indifferenti. per le tue spalle sempre più piccole. tu invece puoi distrarre le mie parti rotte. mentre tutto scende dentro i nostri elastici cavi che non ci trattengono più. che certe cose le puoi decidere solo dopo la fine. le "dieci costole spezzate" in 815 giorni in mare. che quando parliamo non abbiamo fumetti per rileggerci. così non sono più solamente i gesti a non avere bisogno di parole per colorarsi. di nero
°°°
e non ti copri mai abbastanza, per sentire freddo e quindi sentire qualcosa che ti renda perlomeno non trasparente nella stanza. la casa riscritta con gli occhiali da sole. il biglietto singolo con i suoi titoli originali . cosa hai dentro il mare. hai imparato che se vuoi andare da qualche parte è sempre meglio farlo da sola. quei giorni interi in cui hai sempre il viso scolorito di chi ha appena pianto. ridisegnando la città con un destino migliore. con la musica che ci illudeva sistematicamente. le cose preservative che costruivamo senza sudare. ma correndo comunque via da tutto. che quando ti ascolto e non parlo è per me, che mi devo cancellare senza troppe frontiere. con le mani lucide e veloci nel cuore del cervello che non trovo più. le trazioni posteriori di venerdì. con l'età di chi alza la voce per morire d'estate. correndo via da tutti fino al buio. perché mi vestivi con cura, tanto che sembrava che sorridessi anche se in realtà non lo facevo mai davvero. ma non era per colpa tua. "ne abbiamo una e pensiamo a star bene, ma non ci combattiamo mica con quella. non potremmo. anche volendo". perchè non mi soffocassi con il viso dentro un angolo e con tutto il resto della stanza assonometricamente in ordine. dietro. il nostro mese profondamente diverso dal vapore densoerosa. quando penseremo meno dell'insolito benessere che strumentalizza le favole. che ci governa l'economica essenza di un prezzo. i nostri nastri evidenziatori che snaturano tutti. qualcosa che ti renda perlomeno traspirante nelle mie concavità. perché basta non farsi troppo male. perché i giorni non ci scelgono per caso, proprio come oggi

28 novembre 2009

per "non avere paura di avere un cuore" (ancora)

[fino a quando riusciremo a non vincerci] perché non riesco mai a finire nemmeno un libro di quelli che mi dici di leggere. non ci sono più padri nella città domesticabile. il "meraviglioso diritto all'interiorizzazione". ma senza saperlo dire. senza le parole riscaldate nell'inerzia del ricordo. mai perdonato. senza la tragica memoria di un avanzo di tempo lungo tre anni. che vorrei incontrarti per caso. e non mi rispondo più per caso. con infime operazioni a cielo aperto. con le rimozioni rafforzate. dentro di te non rimango a galla. e mi limito a disconoscere le discariche. dentro quel pezzo di cenere e il tuo viso sciolto dietro la finestra spenta. dentro quella frase

16 novembre 2009

il ricovero delle balene autunnali

l'igiene personalizzata. mentale. la temperatura superficiale dei giorni a nuoto. in mezzo alla città rasata. preludi lontani nelle tue perplessità oceaniche. prendi le strade vuote per me. conservale per il sole spontaneo. per il laborioso cementificarsi del parco nelle notti protette con padri spirituali in provetta. per il filo condotto. con la zona industriale che ci distrae. attentamente. il silenzio mediato per il nostro rinvio meditato. le mani vuote e fredde che parlavano male di ieri. allora compreremo argento finto da mettere sul cuore. in carceri usate. in carceri causate. il vento più forte delle tue parole sottili. con la loro nostalgia. andrea non ha più pazienza. la tensione non troppo superficiale della nebbia da portare fuori, di testa. in carceri inopportune. come muoiono i marinai

1 novembre 2009

della tachicardia come espediente retorico

"i treni arrivano solo quando c'è silenzio". il passato non restituisce i corpi di chi ci cade dentro. e preferivi il tuo seno per piangere. mi diresti che bologna doveva avere una risposta. ma non c'è stato nulla da rifare. "nessuno può più dormire in spiaggia". che le cose si scambiano. e non tornano nei colori distesi della prosa. poi la notte desertica ci sorprenderà dopo un giorno afasico e staremo ancora peggio. per il dimenticarsi con il fiato accorciato. con il tuo fiore in testa che non si bagna mai. mostrami un giorno con il pasto fisso. senza morire in carcere. così cullandoti in mano ti parlerò dei baci del cemento. dei giorni raffinati nelle teorie russe. della nausea dolciastra e della mirtazapina. così mi diresti che bologna doveva avere una riscossa. ma non c'è stato nulla da bruciare. "vuoi morire?". e non smetti mai di uccidere gente. il cielocrakingviola scappa senza di noi. poi la notte desertica ci salverà dopo un anno asfittico. da longbeach con i fiori ossigenati. dopo un anno inesatto. perchè ci appartiene solo la vista e la fantasia concreta della sopra-vivenza che c'è dietro. il resto che brulica e piove è solo deiezione. ma me ne accorgo solo dopo che hai pianto sete. e poi rate felici. per riuscire anche solo a parlarti

25 ottobre 2009

an extinguishing agent midst in our

non sai cosa voglia dire respirare a malapena ancora ferire i giorni sbagliati e inventarsi un nuovo contorno alle ombre che non ci sono più diradarsi senza accorgersene avere magari un po' di tempo per assecondare l'impressione di correggersi in fondo per poi tornare nudi commestibili diventano le piccole voglie e tutte le nostre licenze l'ingratitudine dello sporco inaugurare questi nuovi giorni almeno un po' apostrofare domande sospendersi la tua bocca che diventa cenere con me le trasparenze rotte sotto i vestiti la testa con la febbre e le inevitabili carezze la loro ruggine ruvida le ore che si fanno davvero piccole sempre più spesso la tua voce stanca che mi chiama da troppo lontano io mi metto ad inventare il silenzio scucirsi nel quadro che ci mostra nudi e poi darci un bacio allo specchio senza risorgere d'invidia alberi elettrici come se fosse reale perdere ancora spazio e sangue che non esiste più in eclissi ordinate e composte non ricordo il significato fra noi senza sapere nemmeno quando sia successo (senza ammettere nemmeno gradevolmente umide evasioni) scucirsi io mi mento inventandomi il silenzio non ricalco più la distanza fra noi e la nostra giustificazione attentamente nascosta in un urlo bianco ormai pulito

23 ottobre 2009

"for a season"

il sole torna a casa presto mentre il muro arrossisce e i fiori rimangono a terra. tu volevi uccidere un dio per il colore verdefalso della primavera che non ha sangue. in mezzo ad un giorno, tanto al largo da non vedere. tu rinunci ad essere un dio ma poi non smentisci i sogni che tornano come persone scolorite. convinci che le storie raccontate finiscono prima di iniziare. il bordo scucito delle cose mentre piove ti porta di nuovo a lisbona. ma non ti basta l'autunno bugiardo per restare. dove non smentivi i segni che tornano come nuvole cattoliche. così la vita non ti portava via morta e legata in viso. pomeriggi inotropici. e allora costringi un dio codardo ad essere futuro. mentre la prudenza è umida e buia a casa. la geografia della fuga scende con noi. pomeriggi amniotici. con la disperazione del sudore elegante. compri sorrisi pericolosi ma non sai perché. nella mano ferma e limpida davanti alla bocca. i tuoi occhi sotto la luce arancione della sveglia restano caldi. e ripidamente bassi. che chiamano fosfeni migliori dalle mie mani. pensieri vestiti. "l'invernobrillante morto" e altri "regali bruciati". spine assetate in sillabe. occhi nudi fra eversioni periferiche. quando ci guardiamo, ma fermi. e il tempo che si lascia prendere. un'intera settimana sul punto di vomitare. forse riesci a guarire un dio ma quando è solo. per una stagione presumibilmente cosciente. in una finestra sconfinata. per una ragione

4 ottobre 2009

certe notti lasci le ferite ad asciugare e in altre tieni in caldo anche quel sangue

"conosco i tuoi occhi profondi senza un fondo. pieni di pietre come monete in una fontana. quelle sperano di far tornare le persone. da te non è tornato mai nessuno."
("where he at", "once again a fond farewell")

2 ottobre 2009

"ho piantato dei fiori qui, per te"

ci sono interi giorni distesi sui tuoi occhi. sulle mie mani sporche. sulle nostre parole stanche. le stagioni straniere che si prendono anche la nostra sete. quel giorno poi i tuoi piedi nudi di ottobre hanno accorciato la distanza del mio perdono. il tuo slancio edilizio ti fa costruire nuove case e nuove scuole colorate. dentro di me. lo scorso inverno doveva essere caldo. le mani nude come in quella domenica in cui cedevano anche le gambe. eccedevano parole di scarsa farmacia. siamo morti mille volte. come il parco poi ingiallivo anche io. che ero avvolto nella tua coperta stretta. che ero morto nella tua fretta. le stagioni arrugginite sempre a parlarsi meglio. sempre a scavarsi dentro cercando un rosso vivo. l'esilio delle nostre compassioni militanti. che vanno di merda anche le attese convinte. interi capitoli caduti in un giorno. giorni salvi. bruciandone altri interi per consumare tutto il caldo. lo scarto di un sogno e le tue previsioni dense. il mio brulicare. il mio silenzio eccessivo anche per te. quando perdo i tuoi ami neri e raccolti. quando entri dentro una frase oscena e arredi di nuovo le convinzioni. siamo morti dentro la sabbia grigia delle demolizioni. quando penso ai tuoi vestiti ordinati e alla mia voce colorata. quando sogno una risposta che parla di una fila lunghissima. l'unica persona viva dentro quella stanza con il mare. giorni distanti sui tuoi occhi. come province inopportune per la tua auto da città. allontanando cieli amezzapensione. con un dito. e poi tutte le voci che sembravano cariche di piombo. tutte le tue città spente. le nuove canzoni che mi scaldano e sono anche un po' stronzo. come mi hai detto tu. fingendo ghiaccio accarezzo il pomeriggio emicranioso. rimango di notte. ma non cambia il nome. scendono stanze vuote e libri bagnati. scendono sale e neve per restare in equilibrio. e poi riscrivo tutta la pubblicità nervosa dei miei sbagli. risparmio spazio alla nostra religione edulcorata ma non mi fa sentire meglio. giorni sommersi senza una destinazione. mi è rimasto solo un pezzo opaco di te che non mi basta più. piccole assunzioni che ti rendono partecipe di un giorno sociale. intanto io parlo di altri suicidi più o meno consapevoli. le mie figure di merda dopo due minuti che parlavamo. e poi mi ubriaco la seconda volta riuscendo solo a non farti parlare troppo. poi rimango muto io quando tu mi guardavi da lontano. malattie assordanti che scendono dai tuoi timidi ritardi. pieno di consapevolezza resisto. c'è un po' di disordine e deserto grigio. c'è un po' di digestione e fughe senza discolpe. altre onde reduci dal mondo. altre passioni equiparate a quelle dei giorni passanti. persone nude e quelle spogliate. il tuo sorriso che sembra un vestito leggero. ma non riesce a rincuorarmi. muri e mari di gomma. baci di stoffa e derisioni. "qui, dove non c'è ombra"

18 settembre 2009

quel giorno in cui non mi riconoscerai

sarà di cioccolato. nonostante fossimo ad un metro da terra ci piaceva resistere ai viaggi nel vento. le navi che ci attraversano. tua madre che fuma da sola. sarà di sole. e ti farò spazio sul mio braccio pieno di nodi. come quando pensiamo ai tappeti distesi nei nostri boschi di carta. il debito che possiamo permetterci. spostando i temporali fuori dai tuoi occhi e fuori dai tuoi calci. per una volta puoi disegnare tu. per una volta sarà mattino. secoli a parlare dell'amore che demolisce. la sera che ritardava ma non come me. l'aria diversa da noi, tanto per cominciare. le guerre giornaliere quasi sempre senza contratto. perso tra i tuoi capelli che mi portavano a casa. le ambulanze che non piangono. quando moriremo dal vivere. le cose in comune per tutti quelli che si mettono in ordine. già il sentir affrontare certi discorsi ci fa capire che uscita prenderemo. tutto quello che paghiamo. spostando i temporali fuori dai tuoi stati emotivi. e non era più indecente guardarsi negli occhi. non era più deprimente. mi chiedi dove viviamo. ma non so cosa dirti. ormai. la nostra ombra che riscalda. niente migliora e inizi a convincere. le favole bruciate e solo per decenza di risparmiarle. "nemmeno la voglia di cercarmi". e ci sarà un tempo necessario anche per aspettare. diverse distanze che non temono il freddo. ti sei persa ne "la casa delle bambole"

12 settembre 2009

gli ultimi amori dei cosmonauti

tutto. dovrebbe essere più bello. "magari parliamo dopo". senza rincorrere nemmeno una nave. senza ricordarci dove siamo stati. anche se era solo ieri. poi camminando lenti, con gli occhi sempre in piedi. i cieli a strati. volevi sembrare meno buona. il rumore in difetto, delle foglie mancanti. poi senza tradire i propri passi. le persone che non vengono restituite. mi fermi. per parlare. quando non capisci il disarmo degli occhi che guardano. ed era solo neve indifesa. quindi non pensare alla luna che cade a pezzi. il posto del fragore indistinto dei tuoi occhi. così dorme anche il crollo di luglio. poi io. dormivo vicino a te e alle tue vittime sapienti. ai nostri vestiti estivi dentro i fiori. al letto scomposto. e non avrei mai voluto sapere così bene quanto ti somigliasse lo stupore del tuo stesso pianto. del ricordo che ancora durava e piangeva abbiamo solo l'autunno degli alberi in affitto. quello che cercava più tempo per stendersi e morire contento di sera. non respiri più. e no. non riesco a concentrarmi sul cielo, ma solo su un rettangolo di cemento. quell'autunno che ci cercava e dimenticava la sobrietà che dà l'aria. allora io provo a pensare al disarmo degli occhi che guadano i tuoi. e mi viene in mente solo una fabbrica. ogni suo pezzo. che ha il suo posto. quell'ordine che svuota interi giorni e che comunque rimane. poi le mani sciolte sulla sera. spezzandogiorniatintaunita. il mio affanno. e non riesco a parlarti dormendo a terra. perdutamente. poi le mani sciolte sulla sete. i vestiti astratti. che coprivano a stento le regole strappate. la politicità organizzata. non so nemmeno dove sei stasera. e neanche un solo cosmonauta si è mai buttato. nè è stato sconfitto dal buio. senza ricordarsi dove siamo nati

7 settembre 2009

il cielo è fragile come il tuo slancio edilizio

crederci. nel nulla che torna sul posto. quando smonti il mondo con un silenzio estasiato dalla sorpresa, e poi avanzano pezzi. che rimetti con cura fra di noi. e allora. prendendomi per mano un giorno sembrava più che migliore. sorvolandoci senza fare attenzione. allarmi fuori soccorso. e vorrei imparare a nuotarti. senzapiùvolermicurare. da te. nelle nostre albe del giorno prima. il mio stomaco stanco di sopportare tutti quei rasoi senza nemmeno un filo d'argento. ma con occhi felici. con l'odore fresco di quando non dormo. e sto fermo a sfiorare. e se ne stanno a rasentare il tempo. con gli occhi gonfi e gonfiati dall'arte di emergere dal miele. quasi mai abbastanza dolce. né docile. raschiando sul fondo. rischiando sul fondo. crederci. sul nulla che torna al suo posto. senzamairiuscire. in fondo. sorrisi esplosi per caso come effetti collaterali. le coordinate. le lettere che fanno differenza e diffidenza. senzarime. la neve di noia. stanca di aspettare una stanza. e forse sei davvero abbastanza capovolta da non litigare con tua madre. in silenzio e con sentimenti estraibili. masenzaautocontrollo. buttandosi che poi metti le mani sul gas e muori. metti le mani sul gas e poi ti muovi. fatti letteralmente viva, con tutti i traslochi del caso. infortunato o fortuito. scoprendo nuovi pomeriggi. che li puoi prendere tenendoli per mano. senzacheiltemposiaunsopravvissuto. perché non insorgono i partigiani. perché non risorgono i partigiani. tra la violenza e il sacro. di passaggio o del paesaggio. sbattendo la porta ne aprivi altre cento. e non parlo con giorgia finché non cambia il tempo. graffiando poesie. che certi giorni diventi un'isola. parlando di call center con novità migliori, con una guerra che non vuole finire in giornata. partendo con le lame nuove. nessuno che parli mai dei nemici. nel momento del bisogno. il passato trapassato da parte a parte. gioia non parla più del disgusto della vita. e infatti non hai più paura. i tuoni spenti. mille mani sulle nostre possibilità. appunto. con un tono diversificato. non ti piace volere. che le strade che portano al mattino siano troppe a volte. come se niente fosse. instabile. che poi diventano parole a fare la differenza. come se niente fosse. invidiabile. non ti piace volare. la sindrome del dissenso. alla fine non c'erano segreti né segregati. con un cielo scaduto ma mai scontato. che a napoli io credevo di essere risorto. e poi tu mi anticipi sempre senza appoggiarti. le repubbliche infondate. le storie in pianura. francesco che suona, remo e checca poi puliscono. legarsi. crederci. nel nulla che forse torna supposto. senzadireniente. e allora? no. la tregua non è qui

30 agosto 2009

dimmi cosa vuoi che succeda dopo che ci siamo dati fuoco al cinema

la religione non c'è mai stata per tutte quelle ferite lasciate aperte sul comodino prima di dormire. andandotene in silenzio. perché non hanno le porte antipanico all'obitorio. due possibilità diverse, come se una non me ne bastasse. e pensavo solo alla neve straniera. a noi che non abbiamo mai addomesticato abbastanza il ghiaccio sui vetri, tutte le sue nuvole di fumo e le luci spente. e allora non potevi dirmi cosa pensavo. non potevi rendere innocue le malattie di settembre. un prezzo senza rate. come se sterilizzando le mani tu riuscissi a ballare sugli ultimi accordi, senza cadere con quel silenzio ferito. senza che quindi ne avessimo mai parlato con gli occhi slegati. tanto che allora non potevi dirmi cosa pesavo. non potevi rendere altrettanto inopportune le mattine di settembre. la pioggia che stenta a scendere e che stenta a crederci caldi. coltivando la sobria fiducia senza pensare al ritorno. perché poi non chiudevi gli occhi. perché poi non chiedevi gli occhi. un prato senza pietre. un petto senza rete. coltivando la sfiducia senza pensare al ritorno di fiamma. come se il tuo di diaframma potesse rendersi conto dell'aria sempre più spessa. sazia di noi e degli occhi accesi e chiari. altrui. densi di aspettative mai appagate. avventurieri senza sera. avventure senza sete. senza che ciò significhi un sorriso, vorrei passare a prenderti. senza dovermi più accontentare di sognare i tuoi capelli. e svegliarmi poi come un sopravvissuto con le labbra spezzate. vorrei passare al pretenderti. ma poi torneresti a parlare senza più demolire la camera. a sederti senza più chiederti perché nessuno faccia ormai certe domande. e allora ci penso anche io. poi trovavamo quei ricordi senza riabilitazione, che ancora non camminavano. smetto di urlarmi addosso visto che tu sai dove venire a cercarmi. e lo fai sempre senza preoccuparti di dovermi necessariamente trovare cosciente. e allora inizi a pensare, forse, che vivere nel frigo non sia poi così stimolante. che i tagli non servono per respirare

29 agosto 2009

l'altra pace della sete

pretendere dolcemente che le ore diurne dell'inverno siano più clementi con le nostre aspettative. qua quanto è larga una stanza? perché non ho le tue distanze di seta. perché hai vissuto un giorno solo come le farfalle. le mani e gli occhi consumati in questa impazienza tesa e drastica. pensando al mare calmo di sera. pensando a qualche strada stanca. pensando alla nostalgia di scegliere con lentezza le nuvole di carta disegnata. i tuoi occhi come recinti di fusi orari. come quasi recisi dai fusi orari. il centro diventava una spiaggia con il suo mare buio e il continuo confondersi di giorni e regolarità. i tuoi salti sulle mie incertezze

23 agosto 2009

quello che è rimasto invenduto e una canzone per laura

non possono esistere motivi anche solo lessicalmente "buoni" per dimenticare. e sopravvivi al traffico d'organi. anche solo andando nel senso contrario delle cose, senza abusare di mezzi termini. mezzi termini pubblici. o pubblicizzati insieme ad una prospettiva migliore e migliorata della nostra infedeltà alla linea. pur andandotene via uscivi dal comune concetto di corsa. e anche da quello della rincorsa. la tua eleganza mattutina presa al volo più volte. abusando quindi del silenzio costituito mi confidavi eterne luci e schiavitù represse nel sangue. la de-purazione nelle "incidenze fuori percorso". fuori dal tempo massmedializzato disegneremo cornici migliori. letti che sono davvero una piazza. anche andando nel senso contrario delle case dopo la crisi. di nervi. la crisi delle nevi perenni coincide abbastanza. le mani strette e cucirmi. per scoprire il colore del sonno. le mani strette ai cuscini. "sei pollici" lo trovi divertente. dove rimangono stese le tue gambe. dove possono rimanere le stesse, anche le tue gambe. ritorsioni estemporanee. gli occhi di lampedusa senza ritorno
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la nuova congiuntura. quando a settembre ti tufferai di nuovo. in me starless. l'edilizia impopolare. il sonno pregresso che torna a galla. che laura legge sempre ad alta voce. e piano, come per chiarire e non perdersi ancora. quando rimanevi sola anche tu volevi scappare. i fantasmi che affogavano finalmente nei tuoi occhi. di notte quando le tue gambe portavano un fiore e io mi innamoravo in silenzio. la vita facile dei nemici legali. la forza di un pugno. rimanere in equilibrio tra te ed il freddo degli oceani aperti. sempre di notte ti svegliavi. tra poesie senza il burrone di neve. il corsivo fotografato male. il treno che sorpassa. mille baci ancora. rimanere in equilibrio tra te ed il freddo degli oceani scoperti e più larghi del loro sale. "dai vita alle carezze"/"prima che ti riduca a più miti consigli". i fantasmi che non affogavano più dentro il mio letto

18 agosto 2009

"annebbierò anche i guai"

non ci sono note o tempi da rispettare. la neve cade sul prato nudo. le mosche muoiono avvolte da uno strano veleno rosa. il fumo scolpito nella stanza. il silenzio urbano fatto di macchine e frasi sceniche ma mutuate da muri spessi. che le assorbono come se fossero fatti di catrame fresco. i tuoi occhi fissi sulle nostre domande e io che mi divincolo dentro. ostinatamente freno la mia corsa violentando le dita sul tavolo. l'aspirapolvere non si muove da un mese e sembra ieri. non funziona con questa nostra nebbia umida e densa. con le nostre passeggiate diradate. non si chiede perché, non aspetta. rimane a fissarci come i tuoi occhi stretti in un abbraccio profumato di addio. e penso che nemmeno il freddo potrà fermarti. e penso che forse nemmeno l'estate di due anni fa potrà sorriderci più. e penso che stanno riuscendo ad aprirci come hanno promesso da anni. la nostra vivisezione reiterata. la nostra licenza ritirata. il fresco soccorrerci per mano. ma senza toccarti. senza sfiorare le tue passive calamità che durano due minuti. il traffico delle ambulanze e i letti troppo stretti si rincorrono nei tuoi occhi. accavallando la tua gamba sopra la mia. il brivido di un pomeriggio con gli straordinari. mi manca il silenzio disarmato. come enrico e gianna ci confrontiamo. un centro del mondo relativo. un centro del mondo reattivo alla nostre domande. un centro del mondo reazionario. un centro di primavera temporanea non lascia in bocca sorrisi. domenica non é sempre domenica. il fruscio dei gabbiani. e ricordami quello che hai detto. il gas blu delle sirene ripiegate. ma non abbastanza per guarire. seduto sulle ore rimaste a dieta da ieri. l'angolo giusto per sorprendere un sonno anestetizzato. le schegge della forza di daniele. il disordine che puzza e la sua umidità. questa nebbia fatta comunque da parole disidratate. "voglio e posso perdere". sveglie appostate. nato dentro di noi. là, nato dentro di noi. la nato dentro di noi. con le ossa rotte. con le ossa rade. le mani appese ad un filo. nati prima degli esami. salvagenti troppo apprensivi sulle nostre piccole scale. sentimenti prefabbricati che però mettono radici. mani arrese davanti ad un tiro senza passare dal via. le nostre emoattività con cautela. a basso prezzo. con l'album di pier paolo sorridi dolcemente, mentre vorrei parlarti anche solo per caso. almeno

13 agosto 2009

"mi assordi come fai"

"tirando calci al vento". un dizionario visuale. perché una delle poche cose che colpiscono di berlino secondo lui, è quel quartiere dove hanno messo le luci blu. anche nelle cabine telefoniche. aveva sempre pensato che fosse una peculiarità dei bagni delle aule studio bolognesi. la spesa sempre in ritardo. e la telefonata di un anno fa. mostrando un certo disappunto verso uno stato emotivo cosciente. consapevole della propria esteriorità sfrenata. il cielo rimaneva in panne. per una sfida persa con i fumetti sopravissuti. e nessuno veniva bocciato nel tuo salotto. nessuno. "senza perdono", "non torneremo più". trovavo finalmente il sonno dentro l'ombra del tuo parlare. le luci blu per non trovarsi in vena e andare alle hawaii

9 agosto 2009

zoe senza sete

le tue frasi minuscole mi tengono per mano. i tuoi silenzi ricostituenti. la pioggia lenta e certi profumi che sembravano migliori. il futuro ostinato e i pomeriggi randagi. vorrei comprarti un vestito pieno di margherite. che quando facevamo colazione non c'era mai nessuno a casa. mi ricordo di quando ho scoperto come si colorano le persone. e vorrei dirti mille altre cose. l'esodo delle mancanze resisterà più di noi. mi sembra evidenziata ed evidente la tua costola. ti è bastata una sola sera per sentire il vento sotto la pioggia. disegneremo nuvole rosa e persone blu. il tramonto a testa in giù ci sembrava raffreddato. le americhe rinnovate dentro la tua borsa. tre volte senza una parola con le capriole negli occhi rossi dalla vergogna. la bicicletta della polfer ha un tono diverso, meno severo. le case ammorbidite la scorsa notte. che prima la città era tutta arancione. nonostante i turni di guardia. che lo stato emotivo di cristiano era assordante. distinguere tra le carezze ammaestrate e quelle rifugiate. i calci senza epidurale che rivedevi in tv. per dormire poi alla stazione sulle panchine brevettate per impedirlo. le rassicurazioni nelle solitudini con troppi vestiti e le loro sfortune. ogni volta che leggi c'è come uno specchio opaco davanti agli occhi. aspettando sotto la pioggia in svendita il tuo ciddì, anche se non c'è niente a ricordarmelo. almeno mi ricordavo di settembre e di come fosse stato possibile distinguere (solo poi) le mareggiate meno tristi. le case costruite solo per esssere affittate. lo stoccaggio dei limiti nonostante un febbraio insano e le foto strappate con cura. "almeno se svieni la smetti di credere alla neve". domeniche anestetiche dopo l'assuzione. tutte quelle passeggiate inscatolate con cura. un abbraccio riscaldato per la cena non basterà
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quella lentezza che andava oltre l'impressione. certi momenti salvavita venduti a caro prezzo. mancavano solo le foglie secche per l'autunno del corridoio. di quando la vita valeva più di un lavoro. cosa fa la gente quando muore. sempre l'estate che bussa e non aprono mai, che è presto. allunghi la mano dentro la mia testa. quelli che sorridono sempre, anche a stento. settembre non ci ha portato via. scritto in un metro di cemento. fresco. le frasi che assumono possibilità solo a tempo determinato. non ti sprecare mai. non ti sprecare mai. non ti sprecare mai. mentre torni subito anche se non sei fuori di te. periodi marinai. perché domani ti fai dimenticare dentro una scatola. i treni con un ritardo tiepido. perché domani ti dimentichi di svegliarti. rimango seduto finché non esci. che poi non piove nemmeno l'acido

13 luglio 2009

"se parti adesso potrebbe esserci ancora il sole per quando arrivi" rimaniamo in piedi come due strade senza sbocco

"ogni angelo è terribile", anche se mi paragoni a tutte le finestre chiuse. l'inizio del cielo estinto che esce dalla cornice di lana colorata ancora di colla. il meno male possibile. le bugie che evadono verso una stagione migliore con il preservativo. mentre qua arrivi tu a ridere della generazione degenerata nel silenzio suicida dei condoni redditizi. la costante manomissione delle tue combinazioni. chiusa in camera tanto che non bastano le mani. continui a cancellare colori con le forbici rimanendo fedele solo alla liturgia del sabato di cera che forse ti salva davvero, aspettando in silenzio che ogni luce torni ad essere plastica nella sua infermità. come ogni falsa poesia svenduta che accende i tuoi capelli chiusi, si sciolgono al sole le foglie blu che scalciano via i test anatomici. le notti desertiche senza il loro freddo. le nostre elezioni e la pena che ci invade. gli scudi antisommossa che ti si stropicciano in borsa, ma tanto ci sono le rassicurazioni pubbliche. e quelle pubblicizzate. con i nostri reciproci confini che si spostano. ogni mattina svegli e perplessi in cima al ghiacciaio. forse ancora deviati su un altro binario, concludiamo che la comunità dei mali ha ereditato ingenuità e presunzione non presunta. anche se non capisci sotto quale corrente respirino e volino via le strade. nonostante un trasloco. la retromarcia di un punto scoperto con una bassa tensione ci taglia le spinte emotive. chiedendosi perché una persona voglia morire lontano. la coscienza più vestita anche se non fa festa. l'abisso di Jacque non è mai stato così illuminato e calpestato. e non ho mai avuto voglia di coprire. aspetto insolente che ogni mia voce torni ad essere di plastica. under our doors. gli inverni a metà prezzo hanno molte ragioni per non essere ricovertiti. e non doveva esserci nessuno a controbattere a questa guerra piena di turisti invasivi. l'inizio del cielo estivo si scolora negli addii programmatici. le risposte che sono state debellate, il sole che ultimamente si trucca in un modo strano. se torno adesso potrebbe esserci del sale ad asciugarti il mare. e non ho mai avuto voglia di capire l'ostinatezza che attacca i quadri, come se fosse possibile fissarci o confessarci in qualche modo o buona maniera. le parole sbattezzate che non pregano più. come ho detto, "disinfestarsi", ma solo le ferite. gli effetti collaterali dei bombardamenti hanno sempre un nome. e non abbiamo mai colto l'inganno di un qualsiasi soffitto come se fosse un fiore. ed è davvero possibile scambiare p. con due pesci rossi, come nel libro. il falso piano della memoria ti ha indebolito il fegato. come fai a sopportare in silenzio, come fai a supportare in silenzio. tutte le cose avanzate non sono materialmente condivisibili. le pistole in faccia al mattino per non dimostrare. le manifestazioni del difetto. il sonno, solo lui scarcerato permette di sentire il freddo. altre persone semestrali resistono, per esempio alla benzina con meno sillabe. "anche se abiti sotto di me". hanno comprato il porto dove prima potevi nuotare. non ci puoi nemmeno più vomitare con gli occhi tutto quello che volevi dirmi sui cieli in affitto. sulle lezioni silenziose delle discariche. che sul nostro cielo hanno steso un velo impietoso anche se non era morto. e aveva ancora la tuta da lavoro. che hanno steso sul nostro giudizio un veto impietoso

7 luglio 2009

245 giorni liofilizzati incrementeranno le guerre dei nostri sorrisi immotivati

nemmeno ricordo il colore di ogni scheggia tolta. il viso esploso in un tempo terso. il senso dissestato e dissennato delle cose. i sogni con gli occhi occupati. domani non dormirò. "con una profonda sfiducia e una più profonda speranza". compreso me. un giorno che ho tradito anche le bugie. quello che fai per non arrenderti alla nostra asincronia. rileggersi prima di te. le stagioni al buio che scendono le scale. come passeggiare in quel vicolo che non era altro che un cantiere sperduto dentro di noi. la tua paura di credere un po' meno alle favole scadenti. gli investimenti amichevoli per correre via in bicicletta sotto la pioggia avida. fino ad istanbul per bere acqua pulita. le bugie in metropolitana che hanno meno eco. ripetersi prima di te in ostinate paure. le ossidate misure del contorno. concedersi qualche taglio in meno anche se fuori c'è il sole che si stira. le città impugnate dalla parte del manico. per tutto quello che ho dimenticato di correggere. ho strappato il fantasma di luigi e così non piangi più per una settimana intera. gli appelli nel deserto. forse è una rinuncia alla malattia. come se fosse possibile. come se fosse plausibile dentro questo condono. le considerazioni che si scartano anche se non è natale. anche se non è vitale riuscire a demolire quella nudità. imperfezioni sulle nostre radure. le chiavi chiuse. le tue vacanze di sincerità che non vuoi evadere. tutte le sere al mare per vedere se cadevano le bombe davanti al sole meschino. il giorno arrestato. il vero destino bagnato di nuovo. il senso dissetato. il senso disertato delle cose. voleva vivere dentro una scatola ma è morto cercando di volare. il senso del volere. il dissenso del cadere come quando mi hai parlato l'ultima volta. di un cielo bianco che non aspettava abbastanza. il tuo sorriso eretico. compreso me anche se sembro mio padre. le nuove ritorsioni che s'abbracciano dentro un ago che finalmente ha un punto. non basta la febbre per salutarti. le cartine rotte a metà strada. i giorni presi in affitto senza troppa democrazia. la luna che scende fino a bucarsi. l'empatia di carlo che mi urlavi con gli occhi chiusi e sfrattati da giorni ormai. il regime approvato senza troppa economia politica. le misure di insicurezza. e forse mi sono perso dentro di me. e forse mi sono sparso lungo i nostri occhi oscurati. e credevano che fosse un film. nemmeno avesse cambiato frequenza. mi hai toccato dietro le radiografie. tutte le stronzate che non bastano a quanto pare e non si lavano. le nostre mutazioni generiche danno aria al condizionale sfitto della nostra degenerazione. è meno lento e ancor meno denso. che ora le giornate sembrano appena lavate e stirate, ripiegate con cura dentro la mia testa. anche se non c'è ancora il profumo del tuo ammorbidente. perchè il carcere è ancora immaturo. perchè forse è giusto credere ancora in quella piccola canzone che si distingue da noi. le costellazioni attendibili. la foto di quella stella che non espatrierà più i nostri occhi chissà dov'è. nei nostri sorrisi immobili che hanno deportato. per tutto quello che ho dimenticato e basta. perchè forse davvero "ripeness is all", compresa la dedica.

3 luglio 2009

il contorno del vento depurato

quando allaccio il cielo al tuo fianco. e la sera che sale dentro ad un colore viola. le assicurazioni precoci per le nostre infermità essenziali. la notte che si coagula non solo dietro al vetro. quando dici sempre di no o comunque smetti di dire si. il senso di discolpa. e la notte scorsa hanno colorato di nuovo tutta la città mentre dormivamo. il buio smette di essere timido mentre un gradino di scioglie. il profondo profumo della carezza. di quanto ci scansano le nuvole. fermavi anche le macchine per le conferenze prestampate della tv. le assicurazioni feroci. intanto perquisiscono di mattina e dormi sepolta in un campo di grano. il cielo di cenere al tuo fianco sembra quello di milano di mattina, ma in silenzio. quello che ti sorpassa nella testa. il tempo notturno e quello teatrale a ridere meno. ritrovandoci a non fumare fuori dell'ospedale. non ci possiamo correggere sequestrare in altri occhi più scivolosi. le canzoni di plastica e le mani disegnate addosso agli anni che corrono. la sabbia nella testa mentre cerco di non guardarti. hanno riciclato di tutto in banca. il sogno di bambina che non ha mai voluto dormire. il tetto di pioggia per quando torni a casa. ritrovandoci a spiegare ancora ma senza avere gli occhi per le mani. e non c'è nostalgia per le rissose calamità. s'abbandona senza colore la promiscuità elettorale. niente letto per cena e nemmeno per schivare altre nuvole di cera. è che siamo peggio dell'aria, burocraticamente diversi da un film in affitto forse. l'epilessia rimane una vegetazione spontanea. mentre adoro guardarti il blu ti fa smettere prima. il nostro condizionale riguardo alla cronaca. e chiamale se vuoi estorsioni, sempre per il vento deputato. la data di scadenza. in sogno mi chiedi sorridendo la strada per arrivare alla stazione. sei felice di andare come se non fosse successo niente

20 giugno 2009

"almeno svegliami prima di andartene"

risposte che arrivano quando hai finito di aspettarle. le cose in vena. di rivivere c'è sempre il contrattempo. e rileggo le istruzioni per il nostro disuso. cadere altrove, lontano dagli occhi guasti almeno. bersi il sangue con tutto l'ordine intorno. con certe prospettive antipanico nell'osservare nuvole cocainomani sopra i silos. gli anestetici sospesi fanno scoprire ridicole realtà sensibili. e quelle insostenibili? alcuni organi di dissenso che non si vogliono trapiantare. con emma che indica la luna e gli aerei impazziti appena esce di casa. perso nella sensazione artificiale di credere nel tempo liberato e nell'oceano che non ci ha salvati in tempo. a noi che non facciamo rumore. quando ti disperdi nell'ambiente anche se così, fino in fondo, non si potrebbe. le case sempre più chiuse nelle città spogliate che volano laggiù verso un paese strano. le notti americane nella città più svogliata di noi. con i nostri anni a piombo. che ce li hanno sequestrati. le radure indifferenziate e i condoni esaustivi che sono già maturi. saluti l'estate come anni fa. la madre che corre anche se così, fino in fondo, non si potrebbe. il silenzio retroattivo. il vapore delle lacrime che macchia il soffitto. quanto si perde nella rappresentazione. e senti ancora il peso sul petto del cuore di tenebra usato e non buttato. il tuo corpo contundente. e saluti l'estate come anni fa quando ancora profumava di polvere e noi che ridevamo più forte. il silenzio umido di quando ti senti nuda ma ridi. con le disintossicazioni elementari lontano dal perdono. e dalle insicure commozioni di giugno. quando ci chiudiamo dentro la macchina per non perderci. con una calma che diventa contundente come il tuo ultimo corpo che ascolto in silenzio. di quanto si perde nella rappresentazione

12 giugno 2009

incidenze di percorso

gli inverni difesi dentro le nostre incompatibilità. ti ho vista increspare dentro un giorno disinfettato male. la tua "faccia di vento". le perle di vetro dentro le luci accese. le distanze organiche e gli anni oceanici. mentre fuori tutto piove nelle nostre braccia disadorne. l'autunno inalienabile della televisione. le frasi plastificate. decidono di approvare ogni tipo di estinzione tranne quella dei nostri debiti morali. schiena a schiena ci guardiamo negli occhi. l'amplesso diradato di un tramonto. le facce piene di conforto che chiedono se dentro piove ancora. raccontare della fiducia ricambiata che vorrei avere con la cenere. del sottomarino e dei giornali gialli. ma non abbastanza. le nuvole di litio. il pensare senza affanno. contare male per crederci ancora in questa notte. disinfestarsi. il muro troppo liscio che scivola dentro la nostra gola. la ruggine che colora almeno. l'ufficio del collocarsi dentro una risposta. parole tagliate male. la strada troppo lunga che non ci porta più a casa. la sua luce al contrario che sbianca tutto. l'eco delle destrezze economiche nel campo dei sentimenti. incolto. sentieri e minuti di sabbia densa e aspra. candele di risposte. il bello del peggiorare che trovi dentro una bottiglia rotta ma non abbastanza. le bollette che spariscono dentro la nostra sala d'attesa. schivare responsabilità contromano. urlare contro responsabilità contromano. luce dominante. ore incognite. l'irriducibilità dei nostri controsensi unici che a stento sopravvivono dentro questa meschina paura di uscire. dentro un fiore troppo denso mi hai abbracciato e intercettato. le canzoni cantavano meglio di noi la paura di risponderci. le scale che salivano dove gli occhi dei nostri organi non potevano arrivare. nemmeno i sogni collassavano più al mattino. svenivano solo sicurezze e amenità sentimentali. i deserti che si aprono con il telecomando. le sorprese scostanti. gli occhi lucidati. le persone usate e poi svendute ad un prezzo troppo caro. il tuo silenzio che mi spoglia. la paura di leggere il libro che non ho letto. teoremi e rimproveri. tappeti di nuvole e cemento azzurro. il cielo d'ottobre sorride come te mentre ti perdi
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per un gesto automatico spegno una luce già spenta. sfiguro il letto rincorrendo una voce. il vento scalcia l'aria alcalina. con un filtro fatto male ti chiedi cosa ci sia sotto di te e intanto ti rompi la testa contro quello in cui credi. e rischi si svenire pensando alle persone senza antifurto. il silenzioso che hanno da sempre e sempre fitto di palpitazioni e brividi sudati in fronte. frasi R e frasi S.
la bolletta del gas della polizia romana

6 giugno 2009

lasciarsi stare sotto il ghiaccio di Bentley

ogni volta che usciamo ci serve la scatola nera. incendi dolorosi dentro le nostre paure di carta straccia. parli meno. la matematica di cesare non ci solleva nemmeno da una delle tante responsabilità. gatti morti prima che passassimo. reduci dalle novità senza stipendio. le nostre scritte in rosso. cani randagi che sorridono. scappano i giorni che non hai visto bene. le ammissioni e poi fissarci per ore. come credendo che il muro sia più forte di noi. la cena senza letto. parli meno di me. il risultato di costanza ci brucia anche se il meglio si è estinto dentro la macchina fredda. le prime parole con te davanti. il silenzio dei container usati e calpestati. che si tengono per mano con la dolcezza che non abbiamo più noi. le impressioni che sono in ostaggio da troppo tempo ormai. case destrutturate. le esplosioni chimiche nelle fabbriche dove giocavi da bambina. i fiori lanciati. scappare dietro il treno che ci nasconde dentro. una vita avvitata troppo stretta a quella sete. fughe estetiche. antidoto estatico preso dopo la primavera che accende tutte le sigarette
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quella volta che mi hai accarezzato i capelli come fossero aria fresca e non quella colorata. hai sorriso senza avere le vertigini. le lampadine rosse sui grattacieli perse nella traduzione. i fiumi di tokio nel silenzio dei tuoi vecchi poster. tutte quelle cartine per non farmi perdere dentro di me

2 giugno 2009

mi è sembrato di sentire il tuo profumo per tutto il giorno

tu non sei tu. e io non sono mai riuscito a parlare con la tua porta chiusa. e poi ci sono tagli. tagli profondi nei nostri occhi chiusi. in tre giorni milioni di input condensati che colonizzano il mio stomaco vuoto. e sono acido per "non morire". e il profumo che adoro da mesi ho scoperto che in realtà è il tuo. ma non ho mai potuto saperlo. le farfalle di notte, in ritardo, che sopravvivono al loro giorno. i mille pezzi del petto che non hanno uno specchio. le meduse "dopo agosto" sopra il nostro tappeto
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letti d'ospedale matrimoniali non ce ne sono stati mai. non credo nelle nostre ambulanze, non ci ho creduto mai. ho stuprato le metafore. e mi fa schifo solo pensarlo. ma angie che dorme sul tetto. angie che non muore soffocata. mi sono sempre mancate le parole con te e anche questo non te l'ho detto mai. non siamo amici noi. nemici forse ma solo con certe coperte. ma non lo sai. vorrei che quella notte promessa sia oggi, non sai quanto. credo ancora nei 28 anni. che forse non avevamo sbagliato anno per non ucciderci come ieri

30 maggio 2009

la tua camicia rossa che urla più di me

i giorni falsificati camminando sulle mie dita e tu che parli dei cieli rari. quelli rarefatti che puzzano ancora di vernice anche se non è più fresca. i libri che non finiscono con altri test atomici. l'immaginazione industrializzata ci permette a stento di lasciare fiori sulle panchine e sulle mani chiuse delle statue senza ombra. le nostre braccia tese che s'intrecciano nel bianco. entrando di corsa nel silenzio ghiacciato di certe rinnegazioni. ascoltare degli allagamenti pedonali in testa. degli allontanamenti sorpresi in cattività. di quelli espressi senza soluzione di continuità. del ri-uscire senza tornare indietro. il detersivo per togliere il grigio dalle nuvole. la gravità non fa parte del giorno limpido. e poi il tempo non è morto, il tempo non è mosso come tutte le nostre fotografie. da troppo tempo decontestualizzare è diventato ruggine. scorri via dalla pubblicità e strappi poesie con petali di cemento. "strappi via tutti i punti". anche quelli interrogativi. i giorni falsificati per benedire tutte le guerre da sopravvivere. l'aria profumata di ieri. le attese per evidenziare le malattie con altre cure inutili. la tua soggettività denuclearizzata. il vento che diventa blu quando mi guardi sorridendo. il cielo rosso come te che si scioglie. per non affogarci in discorsi sterilizzati. le trasparenze emotive. dentro tutte quelle discariche con sopra un cielo terso. trasferirci in una data da destinarsi. ritrovare quelle idee che sanno ancora camminare tra i cento tappi spaiati delle tue bic

15 maggio 2009

"che cosa non so"

in anticipo ti bevi anche di mattina dentro tutte le diapositive sporche e poi sbiadite. e colorerò ancora male pensando di sapermi ancora perdere. sperando di sapermi ancora perso per strada come una sete fa. palloncini che scoppiano dentro la bocca come dolci non mangiati. come un perché organico. farsi per poi far combaciare le tue fantasie con gli adesivi bianchi per terra. i brevi periodi colmi di nostalgia per la sicurezza indotta. condotta per mano dentro quella decina di canzoni che sembrano essere state scritte per te. "poi specchiati". pretendere che almeno le farfalle possano sopravvivere. digerire il cielo bianco passato e apparso dietro alla finestra di carta che non ci chiama più per nome. la lucida speranza che il giallo torni presto bianco, prima ancora di guardarci dentro in un attimo di operosità infettiva. l'aria dello smog elettorale. con la sete e gli occhi lucidi e il tuo umore condensato. le sabbie che avrebbero dovuto essere immobili. arriverà un giorno in cui anche i tramonti s'arrenderanno per sorprenderci. le parole diventeranno portanti. il tempo delle pere. di te perchè di te mi manca l'aria rarefatta di minuta compagnia, di consigli straordinari che arrestavano anche la pioggia. scoprendo poi il significato positivo di costringersi. è rimasta solo la muffa di mille parole a dormirti sopra. disegnando arcobaleni che non profumavano di benzina come tutti gli altri che si vedono solo a settembre dal balcone. perché a settembre il sole tramonta dietro la raffineria. spiegarsi in mille ferite dopo un anno di silenziosa terapia. se ti chiamo da sotto nemmeno mi puoi sentire. il tuo corpo linguistico e muto e nudo non mi permette di reagire. a che cosa non so, e la cosa più tremenda è che non mi riguarda. la tua vita non mi riflette. quello che ti bruciava dentro non si è spento mai. le rianimazioni semestrali non riuscite. tutte quelle regole disabitate. compri solo minuti scontati, densi di sguardi interrogativi e sconfinate perplessità desertiche. somministrare aride bugie con tanta cura da disarticolare anche la mia malinconia. non si può risorgere come i fiori di casa tua. raccontarmi le overdosi del tuo giardino. rendi ogni parola emostatica ma non lo vuoi nemmeno sapere. e forse sei tornata a dormire sopra la luce abbagliante di mille colori. che non si sono mai arrugginiti. il valore politico dei sonniferi si sta consolidando nel tempo. nel frattempo penso che in fondo era meglio guarire, forse. auguri, anche questi bevuti in anticipo

24 aprile 2009

uno stupore che feriva gli occhi

questa città si sta rovinando anche se questa notte tutto durerà un attimo. nullatendente. sorvolare le stagioni morte e quelle mortificate. i colori li senti ad occhi chiusi, soprattutto quelli che sono di Petrolio, chiusi nella mia untuosità affettiva. ho dovuto smettere di piangere le parole tra noi pesanti. quel discorso che non troppo indirettamente si libera di noi. anche ridere poco è riflettere. tutta quella prosa ancorata. snodarsi farsi disfarsi rovesciarsi baciarsi annodarsi di nuovo per paura del Cauto. assiduo disertore dei nostri temporanei tagli. attaccarsi senza difendersi. coprirsi di titoli sbiaditi, recuperarli come le scarpe della scorsa primavera. la scarsa primavera morta e mortificata. il mare grigio che sembra armato di cemento. che non riflette quella luce che ci attacca al muro. che poi non esalta. che esala. che nemmeno esula troppo dal fuggirci. la matematica che non mi ha mai interessato. le indebite addizioni e le generose sottrazioni. i pensieri e le considerazioni prepagate che attraversano un passato spedito. senza sopportare il senso. senza supportare il dissenso della nostra vita. "puoi mangiare solo al fast-food e ti metti là a pensione". "puoi bere ormai solo in quel cazzo di fast-food e ti cali la tua tensione". la rabbia fitta e umida. e Nova è un po' come fare l'amore con il proprio passato bruciato o messo a fuoco. che poi non è proprio la stessa cosa. tre tiri ancora alla finestra ti fanno addormentare. stretti come siamo. nascosti nella rete dietro casa con una matita colorata. ogni volta ci accoglieva

17 aprile 2009

un collasso in venti minuti disteso sul letto senza nemmeno troppe coseditraverso

mi fai più male così, nonostante tutto quello di cui ti sei convinta. guadagni tempo, tanto da poterti permettere un mutuo di stabilità. sequestrano le navi al porto e ci mettono me a fare la guardia. come se certi segni potessero avere ancora un permesso di soggiorno senza data di scadenza. mille aurore boreali di fumo che si raccolgono attorno alle lampadine accese. le bugie sulla cena. i regali andati a male. l'ostinatezza di raccogliere ancora petali abbastanza colorati per parlarne un po'. ancora. monterò ancora mille cartelli stradali inutilmente. ancore arrugginite come panchine ci sembravano un degno sfondo per lanciarci ancora urla taglienti. ritagliate dentro una cartolina di un posto che non abbiamo mai visto. la rima di livore. contorsioni sentimentalizzabili. sorprendermi sotto un tir. ancora a pensarci. nonostante tutto quello di cui ti sei convinta. nonostante le ombre fertili. il senso umano e unanime di felicità. mi hanno detto che anche i cani hanno un dio. le frasi che non finiscono con il sonno. lasci perdere. e mi lasci perdere dentro un foglio bianco senza allungare la mano. ancora. mi fai più mare così, nonostante tutto quello da cui sei stata vinta. può cambiare tutto. le cose che non dici si costruiscono e aumentano di cubatura. sempre più salde. gli occhi in piena si prosciugano. gli occhi lucidi come in un film in biancoenero. l'unico posto al mondo dove non metto nemmeno un puntino di sospensione. un cerotto. un preservativo. ecco cosa sono. che ti vieni a disintossicare per nemmeno mezz'ora con me. che poi scappi appena senti troppa aria pulita. troppa aria punita. nemmeno un puntino in sospensione nei nostri discorsi è stato mai messo. forse è altro, molto altro, ad avere una data di scadenza. ma ancora non lo sai. e non te lo dico al contrario nel sensounico della lingua. un autotreno australiano ha una carezza soffice. ma forse per te il colore non sarà mai abbastanza

11 aprile 2009

respirare a Bhopal scoprendo che l'aria non è cambiata

sto bene solo con le braccia vuote. solo come il mondo con certi pensieri pieni di muco. il porto pieno di nebbia. il porto pieno di sabbia. cemento umido. aggrapparsi l'uno sull'altro. con le braccia vuote e svuotate. dal vomitare tutto quello che non ti ho detto mai. 510milioni di bugie tagliate male. sara così, domani. senza accenti. sporcarsi insieme dopo aver fatto la doccia. tutti quelli che vanno in vacanza fascizzandosi la testa prima di cadere in depressione. non dobbiamo più prestarci i cd. e per noi non c'è altro che l'estate. non metti mai l'antifurto se siamo insieme. non riesco a far staccare nemmeno un pensiero da te. e per noi non c'è altro che l'estate per accoglierci e poi sarà necessariamente l'inverno a farci riscaldare insieme. la pioggia che parla di tutta questa follia. con il mare che si perde. i tuoi occhi che non sono mai colorati. inciampare nella notte. tornare a vomitare. tornare a scoprire al mattino che non tutte le mimose sono ematiche. a ripensare a tutte le volte che sei scappata per paura di violentarmi la testa. a raccogliere di corsa dentro di te l'ultima miosi piena di empatia, perché slegare la luna per pietro ci sembrava l'unica cosa da poter finire per quella nottesfinita. non parlare era lucidamente rivelatore. come se tutto questo silenzio avanzato fosse una confessione profonda. approfondita in queste canzoni senza musica che troviamo. lo stomaco profondo, i tuoi reni inconfessabili. "perchè stare con te fondamentalmente è come stare al largo". disperata e felice. tanto che ci addormenteremo anche noi sul tetto di una macchina in una nuova città, accarezzati da una neve che non sarà acido per le nostre incurabili perplessità
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che non basterà nemmeno il primo delle cocorosie per quando ci abbracceremo. che l'acqua di casa è servita tutta. penso al dopocena di questa nuova estate. penso agli incidenti che toccheremo. privo di elettrostatica. l'aritmia. la giusta metà che dovremo incidere. il treno sotto casa che vediamo partire senza di noi. il vuoto onnicomprensivo del palazzo bianco che ci sfida con una canzone d'amore "tekno"

10 aprile 2009

dentro questa verità

forse ti ricordi di quando camminavamo scalzi sulle nostre identità. senza la paura di sporcarci. e già credevamo che le fratture scomposte fossero solo racconti dell'orrore. che gli occhi di vetro esistono e si rompono se gli chiudi troppo spesso. rincorrerti senza che tu ne veda il motivo. senza che la logica ci metta dentro un contratto. ma per vivere e farci anche un po' male. ma sempre essere trasparenti. ridere della nostra crescita senza codici postali e condoni. piena di debiti. senza residenza di responsabilità. piangere per i giorni che ancora si ostinano a suicidarsi. segni le mie guance seguendo la linea delle mie lacrime come se davvero portassero da qualche parte. astenersi da ogni imprevedibile censura. capendo che il momento giusto lo si sceglie. con tanta sabbia sulla schiena. sentire tutti gli uccellacci e uccellini prima di andare a dormire. ridere mentre piango, che ti penso senza anarchia. che penso a tutti quei desideri espresso. a tutte le sconsiderazioni vaganti che ci inseguono fin dentro lo stomaco celebrale. andremo a raccogliere tutte le nostre barche di carta piene di pensieri migranti. che vogliono vivere fuori dei nostri confini. con un traffico illimitato di silenzi. forzati. rinforzati e barricati. le parole che escono da tutti quei buchi pieni di ragni. il mio ridere ha poco peso specifico. forse il nostro silenzio espugnerà una qualche verosimile considerazione

3 aprile 2009

"scura era la notte", riesci a farmi sorridere come piace a te

le nuvole s'appannano e niente passa come un decreto legge. tu che succedi come le grida per la strada. la strana strada sotto casa. rilassato duramente. nell'attesa del silenzio sindacale. o forse insindacabile. aspramente in gola. piangi frasi rotte e sottratte alla nostra credibilità. arrivata con un volo intercontinentale. low cost. e ci si spegne una sola volta nella foga del cadere. o dell'accadere. sputando dalla finestra tutte quelle lacrime. addormentati in un messaggio di fumo. suscettibili come in tutti quei sogni scritti. per ricordarsi con lettere scomposte e tutti i nostri multipli di due. i messaggi del fumo. spenti insomma due volte con questa nebbia che prima era solo edificabile e ora ci grattiamo il cielo. anche noi. e molto ubriachi diciamo che tanto non lo saprà nessuno. tu che parli delle mie cose. che poi perderò senza nemmeno troppo impegno. i libri che crollano dopo una giornata tuttaintera che piove. i postumi di noi. i postumi di ieri e apparteniamo a quella famosa rivoluzione all'ombra. che un'altra estate ci parlerà. che passa un anno e non lo vedi se non nelle cicatrici delle case. e c'è chi chiude la porta per tutti. senza di me. senza di te. "pensiamo a star bene". tu che parli delle mie cose con tutte queste nuvole. dissipate. con il paradiso che può scendere. con la voce. tu che parli un po' meno bene delle mie cose sporcate da tutta questa pazienza. del cinismo postindustriale. della futura idiozia calcificataecancerogena del nonpiù nostro paeseepostberlusconiano. delle nazioni rase al suolo. delle mie cose sporcate da tutto quello che dice andrea. che fa sempre andrea. e quando piangi non piangi, sembra più che ti stia sciogliendo. come quella notte ancora. molto vana. molto vaga e svagata. le fornaci alcoliche e i loro fumi. risorgere come il sole. e leggersi. e reggersi a tutte quelle parole che mi leggi. che metti in pari tutti i miei punti. "Qui dentro è proprio come nei film. Anche le sbarre." e non mi alzo dal letto neanche per vedere se sia giorno o notte. che non lo voglio sapere come in quel film. che tanto un'altra estate mi porterà via. da te o da me, ancora non hanno finito di pubblicarlo. almeno questo. con tutta questa carovana di petroliere che si è fermata davanti casa. che passano dubbi e debiti. condoni ematici sotto le nostre carezze. tutti quei tagli. tutti quei tagli che ancora non sbiadiscono. sulla mia pelle che sembra esser stata attraversata da quelle stesse petroliere che ci danno il buon giorno. "vuole". raggiungermi come se fossi ancora vivo sotto il profumo del mattino da raffinare. "che non ce lo dice nessuno dove dobbiamo scappare, ed è questa la cosa che forse ci salverà". hai un modo tutto tuo di riempire i miei abbracci. sento questo sole nuovo che muore solo per te, sento il mancato incremento della nostra vertigine emotiva e ancora quella puzza apatica di bruciato che non mi fa dormire dentro il tuo cassetto