27 agosto 2010

dacriocistorinostomia

la pioggia era solo una mezza calamità per riconoscersi. in ogni giorno meno sano. che nemmeno una volta abbiamo liberato qualcuno. siamo palazzi e complessi da demolire. ala per ala. atterrare all'ospedale senza imprecare al proprio viso divelto. la mano fredda sulle fabbriche esportabili. la mente meno fredda sulle nostre voci incrociate. che non si toccano ogni volta che continuo a non guarire e non c'entro più. l'amministrare ogni guerra senza rimpatrio ma è meglio fare senza. "poi sarà tutto di nuovo nostro". senza evadere. che di carcere ormai si vuole morire. colossi e collaudi lenti che corrodono. che concorrono alle derive che si svegliano senza un tesoro. e non ritorna più la voce. le mie domande rapite. che le strade sembrano sempre più piccole dentro una mano. che le canzoni stonano. i giorni ribaltati che fioriscono ma non ti piace il profumo. dentro gli occhi infiltrati ci sono bambini posseduti dal demonio parentale. la neve che si scioglie dentro il letto ma non ci fa male. che ancora si parla di padroni. "tu non c'entri". e i giornali non ne parlano. ogni libro che vorrei leggere abbracciandoti. le derive che si svendono senza decoro. e morire andrà meno di moda. dicendolo dopo. quando torni a casa cerchi sempre qualcosa da portare fuori. e poi diritti a rate e occhi chiusi in gola. cosa ci indigna? cosa ci segna? sentimenti delegittimati con un manganello coperto. nascosto in mani disinfettate e ritorno. in voci disincantate. e ricordo la vita che va indietro. ricordo niente e mi faccio del sano male. ricordo niente e mi sento meno. il miglior modo per non tornare. che poi non ti ho detto di roma. non ti ho detto delle balene. non ti ho detto di tutti i concerti e le spinte, le cose scucite e i sogni muti a metà. "vado al largo". poi tutto quello che aspettiamo resisterà fino a vedere almeno i nostri occhi. un attentato sostenibile. che la voce non torna più. ma non ne facciamo a meno. e se gabriele esce dove va a dimenticarsi?