30 agosto 2009

dimmi cosa vuoi che succeda dopo che ci siamo dati fuoco al cinema

la religione non c'è mai stata per tutte quelle ferite lasciate aperte sul comodino prima di dormire. andandotene in silenzio. perché non hanno le porte antipanico all'obitorio. due possibilità diverse, come se una non me ne bastasse. e pensavo solo alla neve straniera. a noi che non abbiamo mai addomesticato abbastanza il ghiaccio sui vetri, tutte le sue nuvole di fumo e le luci spente. e allora non potevi dirmi cosa pensavo. non potevi rendere innocue le malattie di settembre. un prezzo senza rate. come se sterilizzando le mani tu riuscissi a ballare sugli ultimi accordi, senza cadere con quel silenzio ferito. senza che quindi ne avessimo mai parlato con gli occhi slegati. tanto che allora non potevi dirmi cosa pesavo. non potevi rendere altrettanto inopportune le mattine di settembre. la pioggia che stenta a scendere e che stenta a crederci caldi. coltivando la sobria fiducia senza pensare al ritorno. perché poi non chiudevi gli occhi. perché poi non chiedevi gli occhi. un prato senza pietre. un petto senza rete. coltivando la sfiducia senza pensare al ritorno di fiamma. come se il tuo di diaframma potesse rendersi conto dell'aria sempre più spessa. sazia di noi e degli occhi accesi e chiari. altrui. densi di aspettative mai appagate. avventurieri senza sera. avventure senza sete. senza che ciò significhi un sorriso, vorrei passare a prenderti. senza dovermi più accontentare di sognare i tuoi capelli. e svegliarmi poi come un sopravvissuto con le labbra spezzate. vorrei passare al pretenderti. ma poi torneresti a parlare senza più demolire la camera. a sederti senza più chiederti perché nessuno faccia ormai certe domande. e allora ci penso anche io. poi trovavamo quei ricordi senza riabilitazione, che ancora non camminavano. smetto di urlarmi addosso visto che tu sai dove venire a cercarmi. e lo fai sempre senza preoccuparti di dovermi necessariamente trovare cosciente. e allora inizi a pensare, forse, che vivere nel frigo non sia poi così stimolante. che i tagli non servono per respirare

29 agosto 2009

l'altra pace della sete

pretendere dolcemente che le ore diurne dell'inverno siano più clementi con le nostre aspettative. qua quanto è larga una stanza? perché non ho le tue distanze di seta. perché hai vissuto un giorno solo come le farfalle. le mani e gli occhi consumati in questa impazienza tesa e drastica. pensando al mare calmo di sera. pensando a qualche strada stanca. pensando alla nostalgia di scegliere con lentezza le nuvole di carta disegnata. i tuoi occhi come recinti di fusi orari. come quasi recisi dai fusi orari. il centro diventava una spiaggia con il suo mare buio e il continuo confondersi di giorni e regolarità. i tuoi salti sulle mie incertezze

23 agosto 2009

quello che è rimasto invenduto e una canzone per laura

non possono esistere motivi anche solo lessicalmente "buoni" per dimenticare. e sopravvivi al traffico d'organi. anche solo andando nel senso contrario delle cose, senza abusare di mezzi termini. mezzi termini pubblici. o pubblicizzati insieme ad una prospettiva migliore e migliorata della nostra infedeltà alla linea. pur andandotene via uscivi dal comune concetto di corsa. e anche da quello della rincorsa. la tua eleganza mattutina presa al volo più volte. abusando quindi del silenzio costituito mi confidavi eterne luci e schiavitù represse nel sangue. la de-purazione nelle "incidenze fuori percorso". fuori dal tempo massmedializzato disegneremo cornici migliori. letti che sono davvero una piazza. anche andando nel senso contrario delle case dopo la crisi. di nervi. la crisi delle nevi perenni coincide abbastanza. le mani strette e cucirmi. per scoprire il colore del sonno. le mani strette ai cuscini. "sei pollici" lo trovi divertente. dove rimangono stese le tue gambe. dove possono rimanere le stesse, anche le tue gambe. ritorsioni estemporanee. gli occhi di lampedusa senza ritorno
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la nuova congiuntura. quando a settembre ti tufferai di nuovo. in me starless. l'edilizia impopolare. il sonno pregresso che torna a galla. che laura legge sempre ad alta voce. e piano, come per chiarire e non perdersi ancora. quando rimanevi sola anche tu volevi scappare. i fantasmi che affogavano finalmente nei tuoi occhi. di notte quando le tue gambe portavano un fiore e io mi innamoravo in silenzio. la vita facile dei nemici legali. la forza di un pugno. rimanere in equilibrio tra te ed il freddo degli oceani aperti. sempre di notte ti svegliavi. tra poesie senza il burrone di neve. il corsivo fotografato male. il treno che sorpassa. mille baci ancora. rimanere in equilibrio tra te ed il freddo degli oceani scoperti e più larghi del loro sale. "dai vita alle carezze"/"prima che ti riduca a più miti consigli". i fantasmi che non affogavano più dentro il mio letto

18 agosto 2009

"annebbierò anche i guai"

non ci sono note o tempi da rispettare. la neve cade sul prato nudo. le mosche muoiono avvolte da uno strano veleno rosa. il fumo scolpito nella stanza. il silenzio urbano fatto di macchine e frasi sceniche ma mutuate da muri spessi. che le assorbono come se fossero fatti di catrame fresco. i tuoi occhi fissi sulle nostre domande e io che mi divincolo dentro. ostinatamente freno la mia corsa violentando le dita sul tavolo. l'aspirapolvere non si muove da un mese e sembra ieri. non funziona con questa nostra nebbia umida e densa. con le nostre passeggiate diradate. non si chiede perché, non aspetta. rimane a fissarci come i tuoi occhi stretti in un abbraccio profumato di addio. e penso che nemmeno il freddo potrà fermarti. e penso che forse nemmeno l'estate di due anni fa potrà sorriderci più. e penso che stanno riuscendo ad aprirci come hanno promesso da anni. la nostra vivisezione reiterata. la nostra licenza ritirata. il fresco soccorrerci per mano. ma senza toccarti. senza sfiorare le tue passive calamità che durano due minuti. il traffico delle ambulanze e i letti troppo stretti si rincorrono nei tuoi occhi. accavallando la tua gamba sopra la mia. il brivido di un pomeriggio con gli straordinari. mi manca il silenzio disarmato. come enrico e gianna ci confrontiamo. un centro del mondo relativo. un centro del mondo reattivo alla nostre domande. un centro del mondo reazionario. un centro di primavera temporanea non lascia in bocca sorrisi. domenica non é sempre domenica. il fruscio dei gabbiani. e ricordami quello che hai detto. il gas blu delle sirene ripiegate. ma non abbastanza per guarire. seduto sulle ore rimaste a dieta da ieri. l'angolo giusto per sorprendere un sonno anestetizzato. le schegge della forza di daniele. il disordine che puzza e la sua umidità. questa nebbia fatta comunque da parole disidratate. "voglio e posso perdere". sveglie appostate. nato dentro di noi. là, nato dentro di noi. la nato dentro di noi. con le ossa rotte. con le ossa rade. le mani appese ad un filo. nati prima degli esami. salvagenti troppo apprensivi sulle nostre piccole scale. sentimenti prefabbricati che però mettono radici. mani arrese davanti ad un tiro senza passare dal via. le nostre emoattività con cautela. a basso prezzo. con l'album di pier paolo sorridi dolcemente, mentre vorrei parlarti anche solo per caso. almeno

13 agosto 2009

"mi assordi come fai"

"tirando calci al vento". un dizionario visuale. perché una delle poche cose che colpiscono di berlino secondo lui, è quel quartiere dove hanno messo le luci blu. anche nelle cabine telefoniche. aveva sempre pensato che fosse una peculiarità dei bagni delle aule studio bolognesi. la spesa sempre in ritardo. e la telefonata di un anno fa. mostrando un certo disappunto verso uno stato emotivo cosciente. consapevole della propria esteriorità sfrenata. il cielo rimaneva in panne. per una sfida persa con i fumetti sopravissuti. e nessuno veniva bocciato nel tuo salotto. nessuno. "senza perdono", "non torneremo più". trovavo finalmente il sonno dentro l'ombra del tuo parlare. le luci blu per non trovarsi in vena e andare alle hawaii

9 agosto 2009

zoe senza sete

le tue frasi minuscole mi tengono per mano. i tuoi silenzi ricostituenti. la pioggia lenta e certi profumi che sembravano migliori. il futuro ostinato e i pomeriggi randagi. vorrei comprarti un vestito pieno di margherite. che quando facevamo colazione non c'era mai nessuno a casa. mi ricordo di quando ho scoperto come si colorano le persone. e vorrei dirti mille altre cose. l'esodo delle mancanze resisterà più di noi. mi sembra evidenziata ed evidente la tua costola. ti è bastata una sola sera per sentire il vento sotto la pioggia. disegneremo nuvole rosa e persone blu. il tramonto a testa in giù ci sembrava raffreddato. le americhe rinnovate dentro la tua borsa. tre volte senza una parola con le capriole negli occhi rossi dalla vergogna. la bicicletta della polfer ha un tono diverso, meno severo. le case ammorbidite la scorsa notte. che prima la città era tutta arancione. nonostante i turni di guardia. che lo stato emotivo di cristiano era assordante. distinguere tra le carezze ammaestrate e quelle rifugiate. i calci senza epidurale che rivedevi in tv. per dormire poi alla stazione sulle panchine brevettate per impedirlo. le rassicurazioni nelle solitudini con troppi vestiti e le loro sfortune. ogni volta che leggi c'è come uno specchio opaco davanti agli occhi. aspettando sotto la pioggia in svendita il tuo ciddì, anche se non c'è niente a ricordarmelo. almeno mi ricordavo di settembre e di come fosse stato possibile distinguere (solo poi) le mareggiate meno tristi. le case costruite solo per esssere affittate. lo stoccaggio dei limiti nonostante un febbraio insano e le foto strappate con cura. "almeno se svieni la smetti di credere alla neve". domeniche anestetiche dopo l'assuzione. tutte quelle passeggiate inscatolate con cura. un abbraccio riscaldato per la cena non basterà
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quella lentezza che andava oltre l'impressione. certi momenti salvavita venduti a caro prezzo. mancavano solo le foglie secche per l'autunno del corridoio. di quando la vita valeva più di un lavoro. cosa fa la gente quando muore. sempre l'estate che bussa e non aprono mai, che è presto. allunghi la mano dentro la mia testa. quelli che sorridono sempre, anche a stento. settembre non ci ha portato via. scritto in un metro di cemento. fresco. le frasi che assumono possibilità solo a tempo determinato. non ti sprecare mai. non ti sprecare mai. non ti sprecare mai. mentre torni subito anche se non sei fuori di te. periodi marinai. perché domani ti fai dimenticare dentro una scatola. i treni con un ritardo tiepido. perché domani ti dimentichi di svegliarti. rimango seduto finché non esci. che poi non piove nemmeno l'acido