13 marzo 2009

e alle più livide aspettative

con la stessa matita sono partito dentro questo vento pazzo. nonostante ci sia gente che non deve dormire l'ho fatto con un qualcosa che assomiglia ad un sorriso. anche se fa piangere e piovere. le persone abbottonate e quelle abbandonate. nonostante qualcuno abiti in carceri disoccupate non ancora del tutto. e seduto di fronte ad un albero sembrava che ti stessi davanti casa. come una non opportuna opportunità e poi, e poi leggo male quanto mi dicono. di dire. di ridere. mi rimangono di traverso tutte quelle notti eclissabili. tutta la tua malattia piangente. come le tue mani sciolte al sole. i salti della luce riproducevano alla peggio i nostri profili arricciati. le nostre rincorse colorate dello stesso odore dei lividi. ci hanno riformati. per le nostre "spese". le nostre note, spose. pensavo fossi più disordinata e non così prudente come in un gioco. tutte quelle urla silenziose dal parco, fino ai quei pugni nell'aria malsana. vestiti di nero ci siamo addormentati sempre lì ogni pomeriggio per due o tre mesi. come se il tempo a noi non ci uccidesse. non cosa mi leggerà roma. non so cosa mi reggerà. con i bambini che giocando s'arrabbiano della nostra stessa noia. guardandoci intorno vedevamo solo mura nemmeno troppo colorate. e i nostri successivi salti sopra gli ostacoli di cera. di c'era una volta un mondo meno peggiore. e una vita senza maglia. un pasto a terra senza tutte quelle tovaglie rubate alla malinconia di un mobile. le lettere in valigia che non passano la dogana domestica. le penne rubate al lavoro e le piume opache prestate a tutti loro in cambio della tua pace esteriore. e vedi che Fuori tutto fiorisce, anche le erbacce più verdi. vedi che Fuori tutto bestemmia. i conti in fondo alle pagine. gli scontrini
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"...senza pensare al dopo, senza mai per un attimo accorgerci che quello era già un passato e un rito, un festeggiamento anticipato del tempo che ci avrebbe distaccati e di nuovo gettati ognuno nella propria storia separata, ma io lo sapevo, lo sapevo maledizione che era già tutto finito ma fingevo, non avevo via di scampo, mi dicevo sto bene, sono felice, devo ricordarmelo che qui, ora, stanotte sto bene, anche se in fondo ero molto malinconico quando mi specchiavo nei grandi occhi liquidi.." di te. perché Vittorio non è mai stato malato solo grazie a te.
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gli alcolizzati delle 15 e i loro quintali di sigarette. che ci si svegliavano affianco con tutta quella loro musica ondulatoria. nel loro massimo volume in percentuale. e non so se i libri che non ritrovo li ho regalati. rientrare nelle comunità d'intenti. fissati tutti nel tuo silenzio. nel mio pericolo solo a stare seduto. con te. smettere di fumarsi. smettere di fermarsi a parlare con tutti. gli appuntamenti d'emergenza con quelle mie storie di contrabbando. abbandonate contro le mura di questa intimità innata. di questa città. riaccendere le sigarette. dentro tutte quelle chiesechiuse che vogliono riaprire per farci stare peggio. spenti e ubriachi, mai asciutti. ti saluto in disparte mettendo ferro nel fuoco di questa nostra fugace e infernale, intimidita, città. ritrovando le tue ciglia fra queste pagine ingessate. sarà la prima volta che non mi metto a sudare, con i tappi nelle orecchie e solo un vento sieronegativo che ci consuma. senza alcun rischio presunto. impresentabile. e giusto quando il sole arriva ad abbracciare la panchina abbiamo davvero voglia di andare via. tornando forse solamente a casa, con le mani in tasca per non perdere tutto quello che abbiamo pagato a caro prezzo. e colorerò d'arancio le tue imposte e le tue imposizioni. insomma tutte quelle persiane sempre spalancate così da far sapere a tutti quei desideri sinceri, a tutte quelle canzoni urlate con gli occhi al vento, a tutti quei sorrisi, la via di casa tua. e della tua concreta leggerezza. senza la tua spesa officinale "non ho più pensato ai sogni"

2 commenti:

E. ha detto...

complimenti per riuscire ad emozionarmi sempre quando passo di qui.

E. ha detto...

e grazie anche