22 luglio 2008

le trecce fatte con le vene

ipnotizzati dalle movenze delle luci dei lampioni fissati sulle alghe delle tue ciglia. mi chiami per dormire, mi chiami per mangiare. ma come se fosse lento il mare, come se tutte la magiche minime trascurate giornate volassero nella tua borsa. mi chiami per inventare una favola e raccontarla ancora. mi trovi libero per volarti sotto le suole sgualcite delle tue mani. sotto le vene appassite dei poveri gatti che mangiano salmone a colazione. mi si cancellano le opache emozioni fantasticate come se le date di scadenza avessero l'indulto a non funzionare, la sospesione delle finalità. mischia le turbate matite di quaderni con le pagine sbattute e schiaffeggiate dal vento sopra il nostro molo che nennemo sai esistere. come se notare il deserto dopo la periferia fosse scoprire l'america vergine delle seviziate lacrime innocenti dei topi che abitano le ruote delle macchine. ma sai che mi stanno larghe le maniche delle tue vestaglie. mi trovi nel sottoscala o aggrappato al tuo balcone. aggrappato alle tue mani,stretto alle tue dita. mi dimentichi dietro le macchine. ma nemmeno le stalle e le grotte sono ormai calde, giusto con le stufe e gas soporifero, che quello esilarante lo avevano finito al piano di sopra, che sono sotto sfratto

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