cose vecchie oggi non si può mettere ordine, che vige la regola ferrea
dell'approssimazione. abbandono i cani abbandonati, gli abbandono con gli
occhi, mi lascio camminare da altro. che non ti prendi altro spazio sarebbe
preferibile ora come ora. di notte, da ieri, da sempre, da un po'. sorrido dei
miei sorrisi dedicati alle tue ombre disegnate sulle rive della città, sulle
rive delle mie barche, ombre sulle rive di te. i giri che girano troppo senza
spinta, girano per inerti moti. non sarebbe praticamente possibile, ma troppe
altre cose lo sono eppure esistono. o anche essendo praticamente possibili, non
esistono. mi si disegnano strane ipotesi, strani mosaici verdi e marroni.
canzoni di cemento buone a fare solo i piloni, ma nemmeno di messina, giusto
per un ponte alle hawaii. che di ponti per quelle isole e per altri non ne
faremo mai abbastanza piccola onan. piccola te nel tuo nido di pagine stampate,
di pagine strappate male. mangiate male, digerite peggio. nemmeno i tuoi sogni,
e i miei con loro, possono arrivare qua. nemmeno bastano tutti i ponti di
cartapesta, di cartapeste. peste delle ignobile teorie cospirative dei rossetti
scaduti, dei gelati scaldati al forno o le gomme da frigorifero. che il troppo
stroppia e il buono stomaca. il peggio non muore mai mentre il buono chiede
l'eutanasia per un po' di pensione mentale. che di quella pensione ce n'è
troppa, troppa da bere, da bersi. mi chiamano dal tuo lato, ma oggi il mondo si
perde con un soffio di vento, di quelli che ti portano dei profumi lontani
quando sei per strada. camminano insomma odori e nel vento cambia il mondo. il
mondo che si perde nelle scatole buie, nelle sere, queste davvero, scadute.
spirate le noie, sparite le troie. festivo è festivo quando si vuole, quando si
deve per necessità. domeniche a noleggio, no consegne a domicilio...ho sentito il battito della polvere, la forza disperata dell’amore. Le tue
ciglia attaccate ancora al mio viso, le mie lacrime alle tue parole. Delle
nostre piccole speranze realizzate, i viaggi fatti e non. Ma non mi dire che
davvero sei partita. Mi dipingi nelle tue perplessità come fossi l’eroe della
periferia. Nemmeno le tue innumerevoli onde fisiologiche. Patologie prescritte
da me...cose nuove. nemmeno mi ricordo come si chiama. i kebab presi a quaresima. le
note dolenti e urlatrici come le scimmie della realtà. eppure si muove e balla.
parlare del concetto finalistico del camminare a piedi nudi per la città e
quello di non riuscire a farlo nemmeno in casa. le invidie reiterate che
rispondono "presente all'appello".mi ci gioco le palle,letteralmente. sai che
domani si muore sotto una tormenta? sai che si gioca meglio con le marmitte che
con le trombe? una stanza sembra abbastanza per vedere. la nostra passione
sente le voci della stanza affianco con invidia e accelera la sua particolare assoluta via crucis. riesco appena a distinguere il caldo dal freddo quando
ti ho salutato, insomma...al ciao e all'addio. copiose infiltrazioni di viole
nei nostri occhi atti a pompare sangue, attenti a rimanere in apnea
30 luglio 2008
copiose infiltrazioni di viola
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