25 novembre 2008

una bottiglia vuota dentro la mia bocca secca

la sua rabbia allevata per candeggiare i sensi di colpa. la neve alla fine di un concerto, le tante canzoni che muoiono sulle mie labbra. quelle buttate vie durante le passeggiate fatte dal letto. ritrovarsi ad essere ancora più in discesa di ieri solo perché oggi piove con un tono innocente. e ti senti allora tu più in colpa per le serenate mai dettate ai tuoi giochi rotti. che ti tagli mentre rompi uno dei ricordi più belli che avevi conservato per questa tormenta. per le tormentate mattine disteso sul tavolo. il grido dei colpevoli. ritrovarsi a parlare con tutti delle scuse e delle patetiche innocenze. ritrovarsi a ridere delle storie di quando ti sentivi ancora più del solito te. le poesie trovate per caso dentro a libri rubati per caso dalla testa rotta. che è una festa rotta. come la verità che non le si toglie da dentro ed è inutile parlare. fuggire dalla vita senza scapparla. rimanere a parlare di cose appassite per ore e ore senza temere di vederle decomporsi. tagliar l'acqua. vedere Nicolino che cammina per la tua testa insieme a gente morta. le superstizioni di una bottiglia di birra e la dedica sulla copertina di un libro mai letto. sorridersi dentro come un gioco evitabile. forse è rimasto solo il porno di intentato. o forse è rimasto proprio solo quello senza altre possibilità. evitare di morire. e le parole giocano a rincorrersi e a fare tana al silenzio despotico di certe situazioni. e la mia vita messa in scatola. che rimane solo la liturgica sensazione di necessità che non vuoi nemmeno raccontare. che senti qualcosa in comune con fedor e dimentichi di ricordare. che a volte hanno ragione le cose casuali e io che come al solito potrei farci un ponte fino a pechino. di sola andata. le malattie che mi scoppiano sempre e solo ora. le distinzioni fra le distese di macchine fredde ancora più di me. ancora. e ancora. ridere di nuovo ma seduto sopra quella panchina infernale. cucinarsi senza declinazioni. la morfologia dei miei pomeriggi. le balene di traverso nei traslochi emozionali. i silenzi di bigiotteria perché ci sono lacrime che asciugano il sale delle canzoni sfigurate. i massacri intestini ed embrionali delle mie idee in ogni minuto. i giochi acidi con le persone. è una corsa topofobica. l'umidità dentro un pacchetto di sigarette. un abbraccio come la più simpatica forma di farmacia. gli abbracci ecumenici. rimango sospeso, rimango sorpreso. l'intelligenza botanica delle mie mattineesere. confondendo un profumo per un colore, una risposta per una conferma. e ascolto sempre la stessa musica dentro una vita che ammazza il caffè. dentro il racconto di un suicidio mattutino. o omicidio? io che vado "in culo a morfeo" per un po' avendo imparato solo a dire grazie. io che non rido mai davanti alla tv. io che parlo. che taglio la testa ai toreri per normale equità. la bilancia dei miei pensieri ormai ha solo polvere dentro le sue braccia. i suoi film vietati ai frati minori per l'elusività della fiducia che abita vicino a cattolica. senza fretta, io che non dormo mai, vado al bar. con tutti che cercano il sacro gol. dentro il mio teatro degli errori c'è una realtà astorica. e mi metto seduto( e )sudato a rinunciare al male di certi giorni commossi, commessi della vita che rompe le ossa con i ricordi futuri arrivati in ritardo
le parole che mi si congelano in gola non sembravano così speciali. le atmosfere atmosferiche di alcune persone, altre sensazioni metereopatiche di fedeltà alle proprie riconoscenze. il mare che regala mille colori anche con le nuvole. lei che è una cascata in cui è impossibile specchiarsi. piccole corse della mano. che raccontarsi sembrava ingiusto per tutto il resto del mondo con le parole che arrivano dopo questo autunno stempiato. coreografie con i fazzoletti e io che disseziono persone per cogliere somiglianze. assonanza stonata che rimane di una frase da rileggere. io che mi specchio nel mio sangue ideale di spirito partecipativo a questo circo

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