con te che scappi a cercare l'ombra sotto l'albero secco della collina di fronte. che scappi da me che sono uno spacciatore di buone intenzioni. e sentenze. da noi che andavamo a sputare sulle valigie al porto con la testa rotta dall'aerosol delle cisterne. con le nostre valigie egoiste di venezia. il letto che si ribaltava dopo una camomilla. il vuoto apparente delle case che vedevi ti ruggiva negli occhi. "avremo solo quello che ci lasciano". e sorridi piano. con i pensieri asettici e la maleducazione urtata al parco. urlata contro l'assicurazione dell'emotività passiva. e appassita. i miei colori opachi della prima mattina. con la nebbia che sfumava il rosso in rosa e ti faceva cagare. le rincorse e gli armistizi interiori. rivalutare lo zoo con il cellulare spento. l'odio commisurato alla radio. il tempo che non torna nemmeno a deriderti. le ginocchia graffiate. con tante risposte. l'ordine dei tetti di tutte le altre case tranne quello del mio nel tuo stomaco. e mi dicono che è possibile "fottersi per sempre senza prendersi a calci l'anima". il colore esterno ed esistenziale delle matite colorate he coincide con quello dei ricordi. il sole ostinato che ti faceva spogliare. il sale dolce che mi copriva in silenzio e non te ne accorgevi. con il mio mutismo abbagliante. non riesco ad aiutare la luna. il cielo tagliato male che mi faceva diventare cieco per una notte. il buio del ricordo appannato. e quando piangevi ti mettevo sotto le guance la borsa dell'acqua calda. le statue che puzzano. e chi sa chi sei. con il ghiaccio che si sporca se ci cammini sopra per un'ora. o per una vita intera. il ghiaccio sciolto che scola via dal petto fino al deserto dove sono approdato. approvato per quello che non sono e non dovrei essere. le nuvole che non sono nuvole, il caldo non caldo, il tempo indigeribile. dentro la claustrofobia sentimentale dell'amore ci siamo rotolati come se la primavera avesse conquistato tutte le stagioni e le tue ragioni. le stazioni. bello ma imperfetto con le file di alberi troppo dritte e i fiori troppo colorati di sventura. le mie visioni che sono rimaste ubriache nonostante tutto. con il mal di festa "lontano lontano" senza troppi lividi e brividi nella testa. tu che grattavi via il cielo dai ricordi troppi pesanti. dentro gli attacchi disarmati del panico. nella crisi, le spazzole in cassadisintegrazione. il mal di stomaco avvitato bene dall'insonnia. i sonniferi che conquistano silenziosamente le guerre fredde dei nostri occhi. poi tiepide e poi calde. come la messa. e sembra che pregavo in pulmann a cantare. dove ho pianto il sole che si profumava con il tabacco. con la nave persa e la mano stretta. con l'argento sciolto ogni volta che chiudo gli occhi. le curve sconosciute prese a fari spenti. i sogni avvelenati. e gli sgravi troppo fiscali di certe scuse sbiadite al sole monopolizzato di gennaio. i tagli della luce. con i vicoli stretti al collo. al collaudo dei fiumi in piedi e dei prati imbiancati come la vaniglia esteriore di un mattino di torta. di storta. distorta come la madonna di mattia. hai tentato di accarezzare le mie piume ideali. i pacchetti schiacciati dalla noncuranza. e cerco ostinatamente la sua risposta in un quadro con la malattia del vuoto, che è incomprensibile come un gioco di bambini. riuscendo a credere che le nuvole possano andare in un posto migliore se chiudi solo gli occhi. le confessioni leggere sotto l'ombra dell'aquilone affogato nel tamigi. perso nell'indeterminatezza dei ritorni, mi dispiace per le foglie ancora buone ma cadute nonostante risuoni l'iraq. "afferrato da una vita a lui estranea". niez ue, con "l'amore che strappa i capelli"
30 gennaio 2009
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3 commenti:
e con le nuvole vorrei andarci anche io in un posto migliore.
bello :)
ciao
anna
avremo solo quello che riusciamo a vedere
interessante blog.
come mi hai pescata?
momentaneamente la rabbia è sfiorita.
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