ti chiamo da un parcheggio dell'ospedale che è sempre pieno anche se si paga e tanto. tanto chiaro. la raffineria della tua testa che arriva ad inquinare anche il mare di qua. la spessa coltre di fame. le urla bestiali. il freddo che hai preso in affitto da me ti è andato a male dentro un vaso nuovo. e pranziamo fuori dal bar come se non fosse gennaio e come se non fosse invece l'ora di cena. i ritorni violenti. i clandestini esistenziali. e familiari. la pittura calda dei colori freddi. il tempo perso. il rigassificatore in sciopero. la pietà a basso consumo. i tuoi occhi che sembrano vivi quando erano rapiti dalla stazione. il viaggio elettronico, i libri non identificati. gli spazi presi a caso. le "amicizie di frontiera" e quelle alcoliche. le canzoni della pubblicità. le notizie che sappiamo solo in due. cadendo. forse è nuovo o forse no. il numero sempre dispari degli spicchi. e scappavo di casa che dovevi dormire e non potevo urlare in silenzio. le favole distorte sul balcone senza la luce. i viaggi fatti dentro un'idea a km zero. i ricordi seri. il bambino sperduto nel vocabolario. quando prende aria trema tutto e trema il fiato stesso. e si vede da lontano il mare. il gassificatore che si suicida. i detriti emancipati nel piazzale. la luce timida di casa tua che nemmeno di vede. il silenzio planetario. i sentimenti oceanici. le depressioni liturgiche scritte male. il dolore estirpato male. meno bene del solito. il cielo ossigenato. il profumo confezionato che anche l'ikea non ti vende più. tutto è arrivato in ritardo in questa benedetta città. o mai. e ritorni volentieri ad avere il dono della vista grazie ad un paio di forbici. la luce non pagata. l'autonostop fatto ieri ma dormendo anche in piedi. i cd originali che nemmeno sapevi di avere. gli spigoli blu. le notti tiepide conservate nel cuore simpatico. compatire le distanze costruite a mano ma che non sono niente di speciale. la voce piena di sabbia. i capelli rasati? i titoli dispersi in tibet dentro le carceri. l'ossidazione emotiva delle novità. i ricordi, quelli veri sparati dentro i palazzi a coltello. lasciati e lanciati dietro e dentro la schiena. i guanti gialli per ritrovarsi le mani quando le perdo dentro la tua pancia. la pazienza influenzata. sparire senza lividi né domande idiote, non ci dormirei sopra ma lo faccio. con te che aspetti già la primavera alla fermata del bus con i vetri affannati
23 gennaio 2009
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