le mele tirate addosso per i capelli. e verso i contributi per non far cedere le mie mura cardiache. tutto il passato è già caduto dentro quel barile che si chiama cuore. tanto è profondo che non riesci più nemmeno a toccarlo con gli occhi. i crampi dei complessi che ditruggono gli altri e non l'unico oggetto che se lo meriterebbe. la musica che non c'è dentro quel colore. lo strazio nero. la solitudine che rende insapore il deserto ignifugo. le fughe dentro un albero rosicchiato alla base. le coperte troppo corte che non coprono l'incapacità. e io che dormo con i pugni chiusi che se no le dita pesano. marta c'è sempre dentro le canzoni e la loro fluidità. e si fa presto ad esaudire i desideri d'assenza. e ho sempre l'assicurazione per questi incidenti. ma non per i buchi neri i cuori neri gli occhi neri e le tovaglie sporche. e mi sfascio la testa anche se non cadrò di nuovo. sputo sull'olio, bestemmio e forse non rinnego più solo dio. che atmosfera è questa? scavo dentro la mia testa rigirandomi nel letto in cui vivo senza dormire. e forse sento qualcosa che fa rima con nostalgia. come se sul pavimento rimanesse colorata l'ombra della mia amica che mi sfotteva. le risate e le piene di parole. l'acquario perplesso. i punti tirano. la fiducia che è cieca. deglutire lamette e espirarne altre. mi hanno oscurato o curato?
9 gennaio 2009
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2 commenti:
io devo imparare a vivere e a digerire. mi insegnano a preparare intrugli di cannella e chiodi di garofano. poi attraverso pezzi di strada in cui piove sempre ogni volta che li attraverso e la radio non prende più sempre mentre ascolto una canzone preferita. da chi non so.
io non leggo più libri.
leggo te.
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