e siamo stati ripresi senza saperlo, come una grande radiografia dentro una canzone capovolta. con le note che sembrano storpiate ma non lo sono. la compassione. con il parco attorno che si ribalta e salgono le foglie come sotto ad un tornado. senti spesso ridere ma non necessariamente respiri felicità. le soluzioni rimbalzano contro le lucide economie dei pensieri. come vai al mare? sorprenditi pure in ubriaca verità. ferisco il colore bianco delle pareti scavandoci parole dei miei colori. la maleducazione sembrava reale e spedita, spesa bene. i colori non si rivoluzionano e sembrano stranamente taglienti. non aggiungo altro vino alla copiosa dittatura della sete. corrode come polvere acida la culla che ti ritrovi a riscrivere, a ricopiare in bella senza macchie di inchiostro. sempre la matita che sfumava in nuvole grigie sul foglio. e le mattine sfumate dove sono rimaste incastrate? e quelle fumate? sussulti in piccole onde nostalgiche fra le lenzuola senza coperte. strepiti nel silenzio sfinito. e cucito con gli occhi chiusi ma pieni di salti. la vita che non ti appartiene smaltisce la pazzia medica che ti doveva aver curato. non si spegne il nostro inceneritore, non sparisce nessuna nave dal porto. nessuna impenna nelle rivoluzioni astronomiche, con le involuzioni nero_opaco dei tuoi occhi, con le carezze ossidate. i pensieri estivi che si scottavano più di me semplicemente stando dentro la mia testa. e poteva essere solo quel concerto che ci veniva regalato dal cielo. e io che come un rompicoglioni mi aggrappavo ai suoi pantaloni come per paura del volare, senza sapere poi se fossi stato io o lei a farlo. l'importante era rimanere in piedi. e poi rimani impiccato per sbaglio in un punto interrogativo che hanno fatto degenerare in un buco nero. le bilance rotte e non riesco a dire nemmeno una parola senza. scrivi meglio, riesci a coprirci una stanza con le tue mattonelle epatiche. sei in perfetto orario per uscire a lavoro esaurito. rompono le barriere elettroniche le frasi, come rave sintetici che spezzano lo stomaco in crampi nervosi. chiedi al cielo delle ruspe che ignorino l'essenza della pietà. i guai dei gatti. e non c'è niente da dire ma volevo bene al silenzio. mi discolpo con le urla dentro la mia gola. e per una volta ha dipinto lei. i letti di ruggine e chissà da dove veniva l'acqua. piangi meno ma vivi peggio. le maschere con i sorrisi, i guanti con le mani piene di vita non ti appartengono più e solo ora regnano davvero le bugie. grazie anche ai telegiornali di pinocchio la vita sembra migliore, ma devono affogare le antenne sul tetto del cuore. la neve sparisce e rimani gelido ad aspettare l'estate, scongelandosi dal passato scappi dentro la tana del coniglio cardivoro. speciali attese di marmo e pelle da tagliare, le mie incapacità corrosive. i libri finiti e i saluti ammazzati con dentro onan ubriaco e ingrato. un sorriso alla volta, senza deglutire altro d'inutile. la pace mai fatta ha seminato dentro la mia pancia fiori nuovi, nuovi acidi. la vernice che colorerà domani quello che vedrò sarà diversa. forse più stanca di vivere dentro una cabina elettrica
°°°
ti sei sparato
dentro un'orbita con l'eco assordante di un loop
infinito che divampa in un lampo
infondo ad un paio di occhi
non tuoi
°°°
e nel mare aperto di certi sospiri mi perdo. divento cieco come una voce rauca. alcuni addii diventano più scanditi e duraturi, impegnati. le possibilità che crollano e non si spiegano. se si spiegano le lacrime per stendersi lo fanno da sole dentro il traffico senza smog della gola. dei crepacci che conserviamo dentro le costole. con l'ombra da perdere dentro il deserto denso e affrescato della debolezza che uno rimpiange, quella tenera che ti rende volubile e solubile al meglio. forse saluti, forse saluti meglio. che cazzo applaude? ti trasformi in una pianta rampicante senza parassiti mentre tutto quello che lega i capelli dentro la testa diventa stellato. e costellato di punti oscuri e generosi da spogliare. e sai che conviene prendere l'ascensore in affitto al minimo prezzo sapendo di voler scappare dal secondo piano di un manicomio. con l'incendio pestilenziale per poi premere quando conviene il pulsante di emergenza. attacchi la febbre alle dita e alla matita ma paradossalmente (ossimoricamente) si sprecano le parsimonie. mi spello le labbra e non sa che mi spellavo le mani fino al sangue. con lo stomaco deframmentato, senza nessun amplesso logico ti accarezzo dentro una bottiglia, nemmeno per giocarci sopra
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ti sei sparato
dentro un'orbita con l'eco assordante di un loop
infinito che divampa in un lampo
infondo ad un paio di occhi
non tuoi
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e nel mare aperto di certi sospiri mi perdo. divento cieco come una voce rauca. alcuni addii diventano più scanditi e duraturi, impegnati. le possibilità che crollano e non si spiegano. se si spiegano le lacrime per stendersi lo fanno da sole dentro il traffico senza smog della gola. dei crepacci che conserviamo dentro le costole. con l'ombra da perdere dentro il deserto denso e affrescato della debolezza che uno rimpiange, quella tenera che ti rende volubile e solubile al meglio. forse saluti, forse saluti meglio. che cazzo applaude? ti trasformi in una pianta rampicante senza parassiti mentre tutto quello che lega i capelli dentro la testa diventa stellato. e costellato di punti oscuri e generosi da spogliare. e sai che conviene prendere l'ascensore in affitto al minimo prezzo sapendo di voler scappare dal secondo piano di un manicomio. con l'incendio pestilenziale per poi premere quando conviene il pulsante di emergenza. attacchi la febbre alle dita e alla matita ma paradossalmente (ossimoricamente) si sprecano le parsimonie. mi spello le labbra e non sa che mi spellavo le mani fino al sangue. con lo stomaco deframmentato, senza nessun amplesso logico ti accarezzo dentro una bottiglia, nemmeno per giocarci sopra
1 commento:
perdi i tuoi sogni. e perderai la testa. ingiusta la vita vero?
if you should fall your lucky star will be there. ma tu non buttarti via.
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