7 agosto 2008

miscredenti in coda verso il regime

il tuo profumo inonderebbe tutto il sahara e consumerebbe di vecchio le dune di milano. non mi arroventano le idee dannose al mio parere quotidiano. il concedersi tempo e spazio, il concedere tempo e spazio, il concederti tempo e spazio non vorrei che fosse uno dei tanti modi per rendermi cieco verso la realtà che avrebbe dovuto affogarmi il cuore da secoli. il quadro non sarà proprio sbagliato ma sicuramente ci sono molti lati grigi dal mio punto (interrogativo) di vista. non dovrebbe essere difficile piangere ancora brillantini di notte che poi rimangono attaccati. e i fiori uccidono e nessuno lo sa che si commissionano per amore omicidi, chiedete pure a sanremo. antiparassitari respirati nelle serre. che diventi bianco dentro e nessuno ti viene a trovare. in fondo alla strada ancora urlano, da ore si scannano. da ore si scappano. silenziosamente rientro a casa ancora bagnato e sembra venerdì pomeriggio. mi dimentico di lavare il mio parco giochi di quando ero piccolo. ci riesci bene a rimanere a galla, in equilibrio sulle mie rotaie. trovarsi a novembre fieri di aver resistito. ricordandosi di gennaio quando ancora nemmeno capivi delle valanghe che cadono per i telefoni, per le corsie, per le corse, per le notti, per i pianti nel letto. valanghe nei pianerottoli dei condomini. e magari ci si butta giù dalle scale soffocandosi prima con quel gelo che senti appena sveglio e vedi per tutti i pochi giorni festivi negli occhi bassi delle persone che dovrebbero essere vicine. zero vizi commissionati alla cooperativa delle consapevolezze. che servono a farti dormire. mi salvano le luci spente e quelle fioche. se tutto cambiasse nemmeno riuscirei a metterti a fuoco, fatto di sogni ormai secchi spezzati sotto le scarpe. è che mi riesce meglio non parlarti. è che ho paura di andarci dove sei. in fin dei conti sei sempre con me dentro ad un elastico dei tuoi mille, dentro tre grammi di argento macchiato di nero, dentro tutto il resto di me. e sarai anche dentro un nome e lo sai già magari. e l' amerai, di sicuro anche più di me. mi mancano le coordinate. forse succedono troppe cose nei giorni per rimanerci fissate, forse siamo troppo complessi persino per un possibile dio. rimpiangere l' onestà che ti taglia in due il petto, quel petto leccato. laccato in piombo. sotto il sole le valanghe non si sciolgono, e proprio questa estate magari diventano ghiacciai. che poi il finale della farfalla che mi mostri serve davvero...un po' parafrasando, parafrasandosi. non riesco ad essere un angelo distorto, mostro a due palle che si prende la vita che forse da un po' gli spetta. mi servirebbe solo una mano, e non quella di dio come a maradona. non mi appartengono parole ordinate nelle schede prepagate delle coscienze, insomma di quelle che si comprano al tabacchi o nelle edicole. sano vuoto nero, come un pozzo di petrolio, un oceano di fottutissimo oro nero dove mettersi a fare il morto, annebbiato dalla superficie che nasconde anche te mentre da sotto nasconde il sole le stelle la luna e i gabbiani. che poi magari, laccato di piombo s'arriva prima. tutto quello che sei è quello di cui ho bisogno, è che poi sarebbe possibile condensare tutto in un solo gesto. che i punti in comune li hanno cuciti troppo stretti

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