25 settembre 2008

accordi in cartalucida

non so nemmeno risponderti a volte mentre passano le stagioni nel mio letto. rimango mutevole. la perfetta coincidenza dei ritagli di giornale e le loro ombre sempre diverse. le nostre calamità rimangono basite di fronte alla pazzia. anche le nostre calamiti. sempre dimentico che cosa prendere per strada o al parco di notte. dimentico ancora le chiavi e non rimpiango nulla di quello che apro. le parole sono come post-it. tu che spremi ogni mia idea nuova e la rendi migliore mentre allo stesso tempo il resto appassisce di buio. come ieri al mare. le pagine sembrano stringere al collo. i silenzi sembrano vecchie coperte impolverate. che mi sento inutile a parlare nella provvidenza asociale. corrono le luci su i giù per la gola bianca di vernice fresca. vorrei essere ancora pagine. non trovo nemmeno senso qua. i cerchi nella mia testa, malattie perfette per non dormire ancora, nemmeno domani. spari dentro questa stanza che mandano messaggi. l'incanto di trovarti ancora, di cercarti ogni giorno dentro le mie domande. non essere mai accomodato ma sempre cercare ancora aria e magari anidride. i mondi sicuri delle mie perplessità. non vorrei mai scappare in mano, scoppiare in aria. nessuna storia lega la mia testa, tranne quella di un uomo che periodicamente, con scadenze precise, perde uno dei sensi. e vive, così. tregua armata di fazzoletti. ci sono giorni usa&getta. rimangono solo i vuoti dei giorni, avanzi, continui. solo tosse e sete. tu che mi mandi a cercare ogni cosa diversa nel possibile cielo, cosa rimane sotto le scarpe e dietro le spalle. niente sarebbe migliore di questo giorno appeso al soffitto di gas. non trovo niente da dire che non sia vuoto e tu chissà che ti aspetti da me. dare spazio alle care e vecchie mani vuote. dargli fiducia. minimo esplodono tutte le scarpe che galleggiano sulle strade. finalmente finiscono le guerre. passano le stagioni e rimane il sudore, rimane il ronzio e le punture. rimangono le scarse probabilità di inventarsi, che il mio mondo possa finire insomma. che la voce a te dovuta trema e rimane sempre in bilico tra certezze e particolari ghiacci caldi. e secchi. cantami dovunque tu dorma e splendi ancora nei miei angoli, come mai niente ha ceduto tanto alla realtà forte e stabile. come piccole forze che tentano di regolare i miei fiori di vetro. le crisi epilettiche mentre leggo me in controluce. i nostri colori snaturati. le forze delle comete andate, il ricordo della mia mano destra e del respiro

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