forse ti ricordi di quando camminavamo scalzi sulle nostre identità. senza la paura di sporcarci. e già credevamo che le fratture scomposte fossero solo racconti dell'orrore. che gli occhi di vetro esistono e si rompono se gli chiudi troppo spesso. rincorrerti senza che tu ne veda il motivo. senza che la logica ci metta dentro un contratto. ma per vivere e farci anche un po' male. ma sempre essere trasparenti. ridere della nostra crescita senza codici postali e condoni. piena di debiti. senza residenza di responsabilità. piangere per i giorni che ancora si ostinano a suicidarsi. segni le mie guance seguendo la linea delle mie lacrime come se davvero portassero da qualche parte. astenersi da ogni imprevedibile censura. capendo che il momento giusto lo si sceglie. con tanta sabbia sulla schiena. sentire tutti gli uccellacci e uccellini prima di andare a dormire. ridere mentre piango, che ti penso senza anarchia. che penso a tutti quei desideri espresso. a tutte le sconsiderazioni vaganti che ci inseguono fin dentro lo stomaco celebrale. andremo a raccogliere tutte le nostre barche di carta piene di pensieri migranti. che vogliono vivere fuori dei nostri confini. con un traffico illimitato di silenzi. forzati. rinforzati e barricati. le parole che escono da tutti quei buchi pieni di ragni. il mio ridere ha poco peso specifico. forse il nostro silenzio espugnerà una qualche verosimile considerazione
10 aprile 2009
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2 commenti:
come ci si sta dentro una verità?? stretti?
Il corpo prende la forma di quel piccolo spazio reale.
Mi chiedo anche io se sia stretto.
Il silenzio urla sempre più forte di ogni parola
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