15 maggio 2009

"che cosa non so"

in anticipo ti bevi anche di mattina dentro tutte le diapositive sporche e poi sbiadite. e colorerò ancora male pensando di sapermi ancora perdere. sperando di sapermi ancora perso per strada come una sete fa. palloncini che scoppiano dentro la bocca come dolci non mangiati. come un perché organico. farsi per poi far combaciare le tue fantasie con gli adesivi bianchi per terra. i brevi periodi colmi di nostalgia per la sicurezza indotta. condotta per mano dentro quella decina di canzoni che sembrano essere state scritte per te. "poi specchiati". pretendere che almeno le farfalle possano sopravvivere. digerire il cielo bianco passato e apparso dietro alla finestra di carta che non ci chiama più per nome. la lucida speranza che il giallo torni presto bianco, prima ancora di guardarci dentro in un attimo di operosità infettiva. l'aria dello smog elettorale. con la sete e gli occhi lucidi e il tuo umore condensato. le sabbie che avrebbero dovuto essere immobili. arriverà un giorno in cui anche i tramonti s'arrenderanno per sorprenderci. le parole diventeranno portanti. il tempo delle pere. di te perchè di te mi manca l'aria rarefatta di minuta compagnia, di consigli straordinari che arrestavano anche la pioggia. scoprendo poi il significato positivo di costringersi. è rimasta solo la muffa di mille parole a dormirti sopra. disegnando arcobaleni che non profumavano di benzina come tutti gli altri che si vedono solo a settembre dal balcone. perché a settembre il sole tramonta dietro la raffineria. spiegarsi in mille ferite dopo un anno di silenziosa terapia. se ti chiamo da sotto nemmeno mi puoi sentire. il tuo corpo linguistico e muto e nudo non mi permette di reagire. a che cosa non so, e la cosa più tremenda è che non mi riguarda. la tua vita non mi riflette. quello che ti bruciava dentro non si è spento mai. le rianimazioni semestrali non riuscite. tutte quelle regole disabitate. compri solo minuti scontati, densi di sguardi interrogativi e sconfinate perplessità desertiche. somministrare aride bugie con tanta cura da disarticolare anche la mia malinconia. non si può risorgere come i fiori di casa tua. raccontarmi le overdosi del tuo giardino. rendi ogni parola emostatica ma non lo vuoi nemmeno sapere. e forse sei tornata a dormire sopra la luce abbagliante di mille colori. che non si sono mai arrugginiti. il valore politico dei sonniferi si sta consolidando nel tempo. nel frattempo penso che in fondo era meglio guarire, forse. auguri, anche questi bevuti in anticipo