questa città si sta rovinando anche se questa notte tutto durerà un attimo. nullatendente. sorvolare le stagioni morte e quelle mortificate. i colori li senti ad occhi chiusi, soprattutto quelli che sono di Petrolio, chiusi nella mia untuosità affettiva. ho dovuto smettere di piangere le parole tra noi pesanti. quel discorso che non troppo indirettamente si libera di noi. anche ridere poco è riflettere. tutta quella prosa ancorata. snodarsi farsi disfarsi rovesciarsi baciarsi annodarsi di nuovo per paura del Cauto. assiduo disertore dei nostri temporanei tagli. attaccarsi senza difendersi. coprirsi di titoli sbiaditi, recuperarli come le scarpe della scorsa primavera. la scarsa primavera morta e mortificata. il mare grigio che sembra armato di cemento. che non riflette quella luce che ci attacca al muro. che poi non esalta. che esala. che nemmeno esula troppo dal fuggirci. la matematica che non mi ha mai interessato. le indebite addizioni e le generose sottrazioni. i pensieri e le considerazioni prepagate che attraversano un passato spedito. senza sopportare il senso. senza supportare il dissenso della nostra vita. "puoi mangiare solo al fast-food e ti metti là a pensione". "puoi bere ormai solo in quel cazzo di fast-food e ti cali la tua tensione". la rabbia fitta e umida. e Nova è un po' come fare l'amore con il proprio passato bruciato o messo a fuoco. che poi non è proprio la stessa cosa. tre tiri ancora alla finestra ti fanno addormentare. stretti come siamo. nascosti nella rete dietro casa con una matita colorata. ogni volta ci accoglieva
24 aprile 2009
17 aprile 2009
un collasso in venti minuti disteso sul letto senza nemmeno troppe coseditraverso
mi fai più male così, nonostante tutto quello di cui ti sei convinta. guadagni tempo, tanto da poterti permettere un mutuo di stabilità. sequestrano le navi al porto e ci mettono me a fare la guardia. come se certi segni potessero avere ancora un permesso di soggiorno senza data di scadenza. mille aurore boreali di fumo che si raccolgono attorno alle lampadine accese. le bugie sulla cena. i regali andati a male. l'ostinatezza di raccogliere ancora petali abbastanza colorati per parlarne un po'. ancora. monterò ancora mille cartelli stradali inutilmente. ancore arrugginite come panchine ci sembravano un degno sfondo per lanciarci ancora urla taglienti. ritagliate dentro una cartolina di un posto che non abbiamo mai visto. la rima di livore. contorsioni sentimentalizzabili. sorprendermi sotto un tir. ancora a pensarci. nonostante tutto quello di cui ti sei convinta. nonostante le ombre fertili. il senso umano e unanime di felicità. mi hanno detto che anche i cani hanno un dio. le frasi che non finiscono con il sonno. lasci perdere. e mi lasci perdere dentro un foglio bianco senza allungare la mano. ancora. mi fai più mare così, nonostante tutto quello da cui sei stata vinta. può cambiare tutto. le cose che non dici si costruiscono e aumentano di cubatura. sempre più salde. gli occhi in piena si prosciugano. gli occhi lucidi come in un film in biancoenero. l'unico posto al mondo dove non metto nemmeno un puntino di sospensione. un cerotto. un preservativo. ecco cosa sono. che ti vieni a disintossicare per nemmeno mezz'ora con me. che poi scappi appena senti troppa aria pulita. troppa aria punita. nemmeno un puntino in sospensione nei nostri discorsi è stato mai messo. forse è altro, molto altro, ad avere una data di scadenza. ma ancora non lo sai. e non te lo dico né al contrario né nel sensounico della lingua. un autotreno australiano ha una carezza soffice. ma forse per te il colore non sarà mai abbastanza
11 aprile 2009
respirare a Bhopal scoprendo che l'aria non è cambiata
sto bene solo con le braccia vuote. solo come il mondo con certi pensieri pieni di muco. il porto pieno di nebbia. il porto pieno di sabbia. cemento umido. aggrapparsi l'uno sull'altro. con le braccia vuote e svuotate. dal vomitare tutto quello che non ti ho detto mai. 510milioni di bugie tagliate male. sara così, domani. senza accenti. sporcarsi insieme dopo aver fatto la doccia. tutti quelli che vanno in vacanza fascizzandosi la testa prima di cadere in depressione. non dobbiamo più prestarci i cd. e per noi non c'è altro che l'estate. non metti mai l'antifurto se siamo insieme. non riesco a far staccare nemmeno un pensiero da te. e per noi non c'è altro che l'estate per accoglierci e poi sarà necessariamente l'inverno a farci riscaldare insieme. la pioggia che parla di tutta questa follia. con il mare che si perde. i tuoi occhi che non sono mai colorati. inciampare nella notte. tornare a vomitare. tornare a scoprire al mattino che non tutte le mimose sono ematiche. a ripensare a tutte le volte che sei scappata per paura di violentarmi la testa. a raccogliere di corsa dentro di te l'ultima miosi piena di empatia, perché slegare la luna per pietro ci sembrava l'unica cosa da poter finire per quella nottesfinita. non parlare era lucidamente rivelatore. come se tutto questo silenzio avanzato fosse una confessione profonda. approfondita in queste canzoni senza musica che troviamo. lo stomaco profondo, i tuoi reni inconfessabili. "perchè stare con te fondamentalmente è come stare al largo". disperata e felice. tanto che ci addormenteremo anche noi sul tetto di una macchina in una nuova città, accarezzati da una neve che non sarà acido per le nostre incurabili perplessità
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che non basterà nemmeno il primo delle cocorosie per quando ci abbracceremo. che l'acqua di casa è servita tutta. penso al dopocena di questa nuova estate. penso agli incidenti che toccheremo. privo di elettrostatica. l'aritmia. la giusta metà che dovremo incidere. il treno sotto casa che vediamo partire senza di noi. il vuoto onnicomprensivo del palazzo bianco che ci sfida con una canzone d'amore "tekno"
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che non basterà nemmeno il primo delle cocorosie per quando ci abbracceremo. che l'acqua di casa è servita tutta. penso al dopocena di questa nuova estate. penso agli incidenti che toccheremo. privo di elettrostatica. l'aritmia. la giusta metà che dovremo incidere. il treno sotto casa che vediamo partire senza di noi. il vuoto onnicomprensivo del palazzo bianco che ci sfida con una canzone d'amore "tekno"
10 aprile 2009
dentro questa verità
forse ti ricordi di quando camminavamo scalzi sulle nostre identità. senza la paura di sporcarci. e già credevamo che le fratture scomposte fossero solo racconti dell'orrore. che gli occhi di vetro esistono e si rompono se gli chiudi troppo spesso. rincorrerti senza che tu ne veda il motivo. senza che la logica ci metta dentro un contratto. ma per vivere e farci anche un po' male. ma sempre essere trasparenti. ridere della nostra crescita senza codici postali e condoni. piena di debiti. senza residenza di responsabilità. piangere per i giorni che ancora si ostinano a suicidarsi. segni le mie guance seguendo la linea delle mie lacrime come se davvero portassero da qualche parte. astenersi da ogni imprevedibile censura. capendo che il momento giusto lo si sceglie. con tanta sabbia sulla schiena. sentire tutti gli uccellacci e uccellini prima di andare a dormire. ridere mentre piango, che ti penso senza anarchia. che penso a tutti quei desideri espresso. a tutte le sconsiderazioni vaganti che ci inseguono fin dentro lo stomaco celebrale. andremo a raccogliere tutte le nostre barche di carta piene di pensieri migranti. che vogliono vivere fuori dei nostri confini. con un traffico illimitato di silenzi. forzati. rinforzati e barricati. le parole che escono da tutti quei buchi pieni di ragni. il mio ridere ha poco peso specifico. forse il nostro silenzio espugnerà una qualche verosimile considerazione
3 aprile 2009
"scura era la notte", riesci a farmi sorridere come piace a te
le nuvole s'appannano e niente passa come un decreto legge. tu che succedi come le grida per la strada. la strana strada sotto casa. rilassato duramente. nell'attesa del silenzio sindacale. o forse insindacabile. aspramente in gola. piangi frasi rotte e sottratte alla nostra credibilità. arrivata con un volo intercontinentale. low cost. e ci si spegne una sola volta nella foga del cadere. o dell'accadere. sputando dalla finestra tutte quelle lacrime. addormentati in un messaggio di fumo. suscettibili come in tutti quei sogni scritti. per ricordarsi con lettere scomposte e tutti i nostri multipli di due. i messaggi del fumo. spenti insomma due volte con questa nebbia che prima era solo edificabile e ora ci grattiamo il cielo. anche noi. e molto ubriachi diciamo che tanto non lo saprà nessuno. tu che parli delle mie cose. che poi perderò senza nemmeno troppo impegno. i libri che crollano dopo una giornata tuttaintera che piove. i postumi di noi. i postumi di ieri e apparteniamo a quella famosa rivoluzione all'ombra. che un'altra estate ci parlerà. che passa un anno e non lo vedi se non nelle cicatrici delle case. e c'è chi chiude la porta per tutti. senza di me. senza di te. "pensiamo a star bene". tu che parli delle mie cose con tutte queste nuvole. dissipate. con il paradiso che può scendere. con la voce. tu che parli un po' meno bene delle mie cose sporcate da tutta questa pazienza. del cinismo postindustriale. della futura idiozia calcificataecancerogena del nonpiù nostro paeseepostberlusconiano. delle nazioni rase al suolo. delle mie cose sporcate da tutto quello che dice andrea. che fa sempre andrea. e quando piangi non piangi, sembra più che ti stia sciogliendo. come quella notte ancora. molto vana. molto vaga e svagata. le fornaci alcoliche e i loro fumi. risorgere come il sole. e leggersi. e reggersi a tutte quelle parole che mi leggi. che metti in pari tutti i miei punti. "Qui dentro è proprio come nei film. Anche le sbarre." e non mi alzo dal letto neanche per vedere se sia giorno o notte. che non lo voglio sapere come in quel film. che tanto un'altra estate mi porterà via. da te o da me, ancora non hanno finito di pubblicarlo. almeno questo. con tutta questa carovana di petroliere che si è fermata davanti casa. che passano dubbi e debiti. condoni ematici sotto le nostre carezze. tutti quei tagli. tutti quei tagli che ancora non sbiadiscono. sulla mia pelle che sembra esser stata attraversata da quelle stesse petroliere che ci danno il buon giorno. "vuole". raggiungermi come se fossi ancora vivo sotto il profumo del mattino da raffinare. "che non ce lo dice nessuno dove dobbiamo scappare, ed è questa la cosa che forse ci salverà". hai un modo tutto tuo di riempire i miei abbracci. sento questo sole nuovo che muore solo per te, sento il mancato incremento della nostra vertigine emotiva e ancora quella puzza apatica di bruciato che non mi fa dormire dentro il tuo cassetto
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