per il viaggio di ritorno. che correremo a casa senza nemmeno respirare. lo so. gli scudi che si arrugginiscono. e non è che moriremo tutti, siamo già morti. e poi odio quando i miei bicchieri d'acqua diventano pozzi senza fondo dove cadono parole, pensieri e voglia di parlare ancora. ho tremendamente paura che cada dentro anche io. e mi hanno insegnato a fare i nodi ieri notte. che poi a letto galleggiava tutto, anche le noie. ho paura di me, di come sono. delle mie idolatrie dovrebbero restituirne la tracciabilità. che cada dentro anche tu. e poi mi distraggo facilmente con racconti stupidi, pellicole che poi ti inseguono in parte, in momenti diversi. sarebbe troppo facile senza nessuna paura o paranoia. il contratto di casa e affittare la luna o il mare in tempesta. la musica che distrae senza dire nulla. forse la città è un qualcosa di oltre, forse tutti i fantasmi sono caricati positivamente, forse davvero esiste la pioggia e gli ombrelli e i discorsi che potevo risparmiarmi. mi riconosco sempre, riconosco sempre la mia parte in ostaggio dallo sfasciacarrozze, che non vale appunto -titolo- . e già ora mi inizia il raffreddore da una settimana che è autunno e servono martelli. le parole che stridono sul vetro troppo pulito e che non rendono più. prima pulivano. ora scorrono, come barche vuote, anonimamente nella corrente. e ti ascolto anche quando non parli
29 settembre 2008
28 settembre 2008
rock da pianerottolo
ininterrottamente alba. sentirsi bene se piove, che almeno devo venirti incontro. gli spiriti del parco non compaiono mia bambina. tu senti freddo di notte e io sudo. ancora è caldo per me, senza un perché. dove cammino sento salda terra, e non importa altro. non mi tremano le mani e sicuramente non rimpiango nemmeno le mie corse. e ci sarà un giorno che cadranno le poltrone, e dovranno essere cambiate. dovrò anche cambiare macchina, ma non la rottamo. quella no. mi sono lasciato rottamare da altro, permettendo anche che il cubo di me rimasto potesse andare in giro a mio nome. io mi sono comperato gli occhiali. e anche tu, strano. io risparmio i miei ricordi per te. che tutto mi urla di scappare da questa città annebbiata, ubriaca di silenzi sommessi e sottomessi. tenue tensioni che tendono a piovere. mi si aggrovigliano sogni ad occhi aperti, mi si confondono i giorni e i momenti. i sogni si fanno ricordare e non c'è cosa migliore nel mio mare di vernice nera. diventano come segnalibri. che a casa mia, le luci delle scale hanno un tempo molto breve di luce. e sarebbe un concerto. azzero i debiti con le mie paure per sorridere senza rete. che i tuoi pigiami da me desiderati sono troppo corti per te ora. mi parcheggio in fondo ad una galleria infinita quando non sento aria. completamente illuminata, che ti fa sentire tutta la sua infinità. le tue carezze ora. non vedo l'ora di prendere per la prima volta lo zucchero filato con te. sentirsi fuori corso a casa, molti esami indietro. sentirsi fuori corso da un po' troppo tempo ma comunque rimanere ad occupare questa strana facoltà, con le proprie facoltà mentali centellinate, ma comunque disperate, disparate e disperse volutamente o no. fatto sta che dimentico di comprare le sigarette ogni volta che inizia a piovere e c'è, grazie al mare nella tempesta delle tue parole, lo sciopero degli ombrelli
26 settembre 2008
bisogna sempre credere
alle sue parole di cenere e schiuma di sapone che acceca. cadono stalle ancora calde di panico e mie attese. il suo colore nero e sempre uguale di silenzio. il suo criterio che fa attrito. gli archi e i film mai visti. i libri no, ma solo giornali. i suoi grattacieli inarrivabili e le urla nel deserto. le sue colonne sonore e il suo metallo. le mura che stringono il suo letto singolo. cascate di nebbia, valanghe si botte. caratteri. esistono vite che sono come quadri, semplicemente stupende anche solo da vedere un po' da lontano. e tu sei così mia da farmi sentire dentro. semplicemente alba. solo musica da leggere. e sottovuoto ci sono solo loro dentro le loro bustone nere già fredde. mentre si aspetta da legare, mentre si dorme nonostante le pieghe. e le piaghe storte, distorte dentro questi scollamenti forzati. scusa se non sono sempre up come vorresti e come ami. sono sempre quello che sono, nonostante il mondo di esistere che vale, che vale non c'è nemmeno.le frasi che arrivano sempre sempre sempre dopo. letti sospesi e distesi. letti anche loro da legare. piccole onde fredde come poche altre. calarsi e spegnere la luce. camminare con fretta ipnotica e rassicurante. distese di gelo offeso. camminare in mano. succede come altre volte e contunuo con la cameriera di qua a parlare. a cantare della mia mania. canzoni ancora da accendere e cantare
25 settembre 2008
accordi in cartalucida
non so nemmeno risponderti a volte mentre passano le stagioni nel mio letto. rimango mutevole. la perfetta coincidenza dei ritagli di giornale e le loro ombre sempre diverse. le nostre calamità rimangono basite di fronte alla pazzia. anche le nostre calamiti. sempre dimentico che cosa prendere per strada o al parco di notte. dimentico ancora le chiavi e non rimpiango nulla di quello che apro. le parole sono come post-it. tu che spremi ogni mia idea nuova e la rendi migliore mentre allo stesso tempo il resto appassisce di buio. come ieri al mare. le pagine sembrano stringere al collo. i silenzi sembrano vecchie coperte impolverate. che mi sento inutile a parlare nella provvidenza asociale. corrono le luci su i giù per la gola bianca di vernice fresca. vorrei essere ancora pagine. non trovo nemmeno senso qua. i cerchi nella mia testa, malattie perfette per non dormire ancora, nemmeno domani. spari dentro questa stanza che mandano messaggi. l'incanto di trovarti ancora, di cercarti ogni giorno dentro le mie domande. non essere mai accomodato ma sempre cercare ancora aria e magari anidride. i mondi sicuri delle mie perplessità. non vorrei mai scappare in mano, scoppiare in aria. nessuna storia lega la mia testa, tranne quella di un uomo che periodicamente, con scadenze precise, perde uno dei sensi. e vive, così. tregua armata di fazzoletti. ci sono giorni usa&getta. rimangono solo i vuoti dei giorni, avanzi, continui. solo tosse e sete. tu che mi mandi a cercare ogni cosa diversa nel possibile cielo, cosa rimane sotto le scarpe e dietro le spalle. niente sarebbe migliore di questo giorno appeso al soffitto di gas. non trovo niente da dire che non sia vuoto e tu chissà che ti aspetti da me. dare spazio alle care e vecchie mani vuote. dargli fiducia. minimo esplodono tutte le scarpe che galleggiano sulle strade. finalmente finiscono le guerre. passano le stagioni e rimane il sudore, rimane il ronzio e le punture. rimangono le scarse probabilità di inventarsi, che il mio mondo possa finire insomma. che la voce a te dovuta trema e rimane sempre in bilico tra certezze e particolari ghiacci caldi. e secchi. cantami dovunque tu dorma e splendi ancora nei miei angoli, come mai niente ha ceduto tanto alla realtà forte e stabile. come piccole forze che tentano di regolare i miei fiori di vetro. le crisi epilettiche mentre leggo me in controluce. i nostri colori snaturati. le forze delle comete andate, il ricordo della mia mano destra e del respiro
21 settembre 2008
cioccolata per bianca in altalena
efimero-che vive un giorno solo. (che occhi, che occhi, che occhi...dio?boh)quella note senza le opportunità.quella notte senza le parole. c'eravamo srotolati. c'eravamo sradicati. c'eravamo dimenticati le chiavi di casa e se non fosse stato per il vento sicuramente avremmo scelto il tetto. riuscimmo anche a riderne della notte. riuscimmo anche a non piangere dei giorni tutti uguali di chi stava dormendo. fumai poco, strano. e tu niente da masticare, strano anche questo. era fredda l'aria, ma lo era da un po' di anni per noi e così non sentimmo freddo naturale. c'era poco da grattare dalle pareti tutte uguali. c'era poco da cambiare a quella notte così di corsa. sentivi urlare di noia tutta la città e le sue strade nude. sentivi appena il sole lontano ore. che già partivano canti. fuori di noi tutto sembra strano da ieri. tutto colorato sembra poco sempre. arancione sarebbe trovarti sotto casa ora. e niente più pace per le mie carte. i sogni sudati hanno parlato di dio e indifferenza. i sogni bagnati. che non sappiamo nemmeno più dove siano finiti i draghi della storia. che forse ritorneranno i draghi. che sarà diverso prendersi la mano a gennaio. almeno per questa vita sento di essere manomesso. giocando ho imparato che le cose strizzate regalano fiori gialli. che le parole apparentemente non hanno senso molte volte, ma che in realtà c'è molto di peggio a non avere senso. quadrato senso. ottuso cestino di birra. eccoti seppellire molte canzoni storte nel tuo giardino di primavere stentate. stancate dalle ruote passate sopra. dalle parole passate sopra quel cielo. i miei giorni si dedicano a te che sei diversa dalla mia specie. da te che non giochi se non sul serio. da che mondo è vero, noi siano persi dentro un vaso. i fiori in bocca dovrebbero schiudersi presto mia decompressionata anidride.particolari segni di qualità che non conosco nemmeno io, arrampicata alla notte che rimanemmo lì a non capirci un cazzo, è vero, ma nemmeno a perdere tempo con la verità. mia sorella mi ripete che sarebbe meglio reprimersi. respingersi dentro come se fosse puzza di volgare miele denso. api che ronzano dentro queste capaci golosità. venire meno. venire tardi e rinunciare a crederci. sapere di andare in vetrina. come se ieri non mi andava nel genio di immergermi dentro queste nubi. che abito luoghi spenti e segni strani, che niente è come doveva succedere. che sarà il grande anno matematico, pieno di comete che vedremo una sola volta in tutta la nostra esistenza. troppo stretti, dicevo, per permetterci di essere a prescindere dal nostro vento. le domande cavolo, le domande le domande. che già inizi a startene zitto. le domande. il terrore. vorrei dormire ora, per cessare un attimo solo, uno solo
le notti sbiancate
ne ho viste molte di notti tutte uguali. forse troppe appunto per distinguervi qualcuna di speciale. e impari a conoscere le notti da pirati. e con te, so che significa avere freddo. con te che mi sposi per strada, con te che saresti pronta a giocare. partire e andare,ora
20 settembre 2008
qua si mette male per i garage
abitare in garage vicino a capannoni costruiti per industrie che ancora nemmeno esistono. la maestà dei girasoli solitari. la rete che trema nell'acqua. sentirsi bene come se piovesse sul serio. fumo e tende rosse. i figli di puttana. ossigeno e anidride carbonica che non inquina. figli rosa. commercio ecosostenible dei propri accorgimenti. che i miei pensieri corrono su pezzi di ravenna.le partenze difficili. correre senza vestiti per caso. catastrofi programmate e i buchi di ginevra. simone piange lacrime amare e digestive. trovare il fondo nella bottiglia di plastica opaca. riscrivere sceneggiature e riarrangiare canzoni tutto sul divano. i commenti inevitabili sui cavalieri oscuri e le televendite di persone accomodanti come letti di fachiri. e non sarebbe male stendersi. tu sei quello che non senti e ritrovarsi un po' a morire mentre si vive. le opere morali. le reti non segnalate. rivoluzioni delle mie pericolose prove. le nozioni elementari, delle elementari. i ricordi non ricordati. le mie commedie. i buongiorno. i non giorni. i giorni come lame che piovono e mille volte non ti dico dove sei dentro me. tutto corre senza me. pallose minerve. momo spegne i nostri giochi sporchi e gli affari fatti. le canzoni stonate. poesie e canzoni senza rime. ritrovare le nostre consonanze, dimenticandosi le assonanze. le canzoni e cantare fuori scuola. fare sega e non so davvero com'è. le paure da parete. le scuse da parete. le corse, le spese, le pagine, le lacrime. il coraggio onesto e i sorrisi mentre mi fai piangere. mio padre e mio nonno. me. e tu che sai ogni cosa di casa mia e sei casa mia. le ali dell'italia che si fottono in picchiata. e andiamo tutti a farci fottere senza occhiali da sole. uccidere le rivolte e uccidere le rapine, uccidere e sentire. confessare e rimanere. onestamente impiccare scimmie e orsi. regine sui pattini di plastica delle bambole. ciao novara. panico come ghiaccio. panico come l'aria fresca delle tue parole. che non entrano dentro le mongolfiere. che nemmeno riesco a sentire caldo. e sudi. e buio e assistenti e piloti. fottere la verità con le mostre canine dei tuoi sorrisi e i commissari tirati. lucide opportunità da rispettare mentre si va a correre. mentre come quando fuori pioverà (domani). soggetti presentati e fallimenti da giudici colpevoli immediatamente. auspicare direttori. nemici lungo la strada. è bello sentirti giocare mia favola. quei cestoni di farfalle giganti buttati con la catapulta sopra casa tua. comete con la labirintite. i santi laici sconosciuti che salvano famiglie senza chiedere niente, lavorano e vanno al mare. uno solo, ado
18 settembre 2008
42 settimane al diluvio provinciale
che passiamo di corsa dietro le giostre per evitare i calci dei bambini. nostre mani appese. nostre lunghe attese. nostre le domeniche al bar a ridere di tutto tranne del necessario. sentirti sollevato era persino rumoroso a volte. schiantarsi sembrava stimolante a perdersi. ritrovarsi al mattino sveglio, ma che ancora dormi dentro stese e piatte nuvole per i marciapiedi. con ordine prego, a cagare. sentirsi inopportuno se usciva il sole, sentirsi lento se pioveva anche solo un po' di più (ancora ti prego). riuscire a credere che nemmeno tua madre ripristina il telefono spento. madrigali al telefono acceso con la benzina. dammi la tua mail e ti spedirò carovane piene di neve fresca, compatta. per eserciti di angeli educati male. per esagerate sperimentazioni di freddo estremo. nemmeno mi ricordo i kilometri di spago per ri-uscire da qua. nemmeno mi trovo se mi specchio in un bicchiere, figurati una bottiglia. collegati alla mia monotonia di porcellana fresca. dammi tempo a non romperti di fretta. collegati. aspettami se dico addio. bastano pochi giorni a raggiungerti in cima al sole, senza nemmeno bruciarsi troppo o troppo in fretta. sentirsi appena sempre uguali come otto anni fa, come ieri con la sera e i limoni. cambiare plastica per ragioni terapeutiche, bruciare pelle mentre si raccoglie. manca equilibrio nella follia che cammina dentro la mia testa, è ubriaca di nozze andate a male. tutto il mondo è inutile, anche se meravigliosamente straniero ai miei occhi. che non mi confondo nemmeno più a scriverlo. mi si srotolano le trecce al polso ma non mi fa paura più niente e lo sai. è che mi confondo solo quando respiro, prendo ciò che non dovrei ma non m'importa
17 settembre 2008
notte agli americani
buchi neri dentro i miei armadi di cera. scale immobili e tu a cantare di pioggia evidentemente soppressa in cielo. dentro alle dune delle mie vacanze espresse male. frasi maleducate e rubate alla cieca dentro altre scale...che sera. non di meno mi appiattisco dentro i tuoi pensieri di carta lucida e trasparente. dentro soffici cuscini di idee avvelenate che non mi fanno male. scrivere dentro apici di nebbia. evadersi come per malinconia innata. dentro sere di merda ti ho cercato, dentro sere di neve ti ho pianto, dentro giorni ora ti cerco per non sentirmi io inespresso da legare, da affogare dentro qualche bicchiere di ghiaccio sciolto male, che ancora galleggia. dentro fasi di diffida elementare mi si specchiano le cicatrici di merda. che si distende nebbia come per novità apparente, che mi si aprono strade mai battute. che corro come se non fumassi. che piove e tu vieni da me. che corriamo verso l'armistizio. sentirsi bene e basta, senza troppe domande né perché
12 settembre 2008
come se fosse labile
sostenersi per non cedere alle carezze. tenersi stretti da non far scorrere il sangue al cervello. depresurizzarsi dentro ipnotiche suggestioni che fanno cuscino. idee come stereo delle mie visioni che bruciano i cieli dell'estate claustrofobica, s'appannano. sabbia denuclearizzata male che riempie le mie vele di cotone puro, bianco. ennesime distrazioni di paracadutismo. le dolci note masticate nelle cene ipocondirache. lotte disumane delle mie mani dentro la tua rete di ragnatele strappate alle stanze. sere confezionate delle mie aspettative da sposare ad un ricovero. disegnare un cielo diverso sarà possibile ogni giorno, basterà averti visto e bombarderò il cielo di vernice intelligente. erosioni intestine nelle mie calamità. pensarti distratta dalle paure, dalle claustrofobie rindondanti. semplici pozzanghere che si lasciano abbandonare per strada, )scorrimano( bagnati. io dovrei riuscire a credere agli elefanti parcheggiati e abbandonati. facile portagioie. mi paragono alle tue aspettative che ho appena partorito e rimango bandito dalla mia città di merda, che non è delle invisibili di italo, tagli post mortem di chiaroveggenze. allusioni facili alla realtà da camminare
11 settembre 2008
intervista al direttore n.8 passeggiando_secondo tempo
sempre le stesse case, sempre le stesse scatole chiuse, le solite scuse. trovarsi in un deserto di zucchero filato e avere paura di morire di noia chiusi nella televisione. le parole semplici, composte di case, complesse e complessate. dormire nei cubi colorati dietro gli occhi.le parole sparse e pescate in frigo dentro il vuoto della troppa solitudine altrui. le famiglie opache, con tutto il dovuto rispetto. le finestre opache dietro ai fumi di notte. gaiser nei letti e le inutili ombre delle carezze. i fogli dentro i pugni stretti fino a tagliarsi i denti. dietro città di carta pestata a sangue e lacrime. i fumi dei tossici, i funghi rappresi nei vestiti alcolici. dentro i telefoni infiniti, insiemi di collane e catene di filo intercostale. i lividi consegnati a visto raccomandata. le giornate sieropositive e psicodrammatiche di innondazioni di clausura. claustrofobia dei tuoi passi dentro il vuoto rinnovato. incartato, imboccato contromano. contropelo delle fontane. i crampi alla mano per giocare su questa altalena ipotecata e i cavalli a dondolo lasciati sotto al tetto. sotto il letto abito io e il mio acquario di benzina. rimangono in apnea i miei pesci di ferro, idrocarburanti per contispese. le lacrime viste con le corde degli occhi, impiccate nei ruggiti emotivi, i ruggiti ematici contro i quadri di famiglia, rigetto. rigetto fa il cuore trapiantato. le cicogne ubriache e i gabbiani necessariamente drogati di sé. le macchie di umidità delle vere lacrime dei soffitti. le mie parole che sono sterili secondo me. l'amore che ci fa digerire il mondo, i rapporti occasionali che ci ha raccontato eugenio, i rapporti occasionali con i fogli. l'amore esterrefatto, il nervosismo congenito negli apprezzamenti che bisognerebbe avere sempre carta bianca per disegnare tutto. i gioielli incastonati in gola, sotto le tue retine. non prendertela con il mondo se alcuni, forse troppi, giorni, fa schifo. ti metto in apnea dalle claustrofobie ideali e fisiche delle gabbie mentali. le storie che profumano di carne alla fermata, io e te. il lavoro leopardiano, i tacchi sull'attenti dietro le tue colline damare. tramontare sotto il costume e perdersi all'autogrill mentre verrei (anche) a taranto. i cartelli stradali piegati dal ridere che dislocano città campagne gelate e montate sulla neve sognata a settembre. macchine per il fumo dentro le tasche, addio. e diventerai forte da sollevare tutti i bambini del mondo. le scale appese e le sere disperate, dispensate. le alghe tossiche delle lacune, delle lagune di sale. gli insiemi a geroglifico e i punti interrogativi in cassaforte, bingo per dementi e retrovie in pensione, far morire dal ridere gli antenati, vibrazioni inopportune. fare il bucato a mezzanotte mentre dentro piove. ingrassare con le paranoie a vista d'occhio e i cappelli promozionali, le risposte congelate nelle cartine, le inopportune parole. dammi un po' di me stringendomi forte. castelli di caselli e cartoline a dieta in dogana. le feste al mare, le feste nel mare. i cani cantanti e i cantanti cani. le cerimonie spontanee agli incroci e i rumori da sopra. i fogli rotanti, sabbie mobili inconcludenti se non per fari un po'. i ricatti senza.......eunuchi di buona speranza stereotipata. stipata in canzoni di notevole spreco ematico ed ematico. sensazioni morbide per soffocarci i fantasmi della castità mentale. rinunce in caserma su nuvole di plastica tossica ai tossici. umidità di caldo, umidità del troppo freddo. le era glaciali che finiscono con te e s'addormentano i cantanti nell'erba. con l'erba. freddo e siccità nelle giornate amare di noia internata e io che sono da internare. parole strane per non sapere dire altro, casino nel casino e per il casino. inutilmente appassito. mi ubriaco facilmente così, in silenzio dietro e sotto queste mura. che poi è più facile spendersi e ti senti escrementato dal mani co di scopa. illogiche schegge di tramonti costruiti, che è facile scapparsi. amo il silenzio che mi porti. piangere dal caldo per concludere, forse. e infatti esplodono penne di notte e l'inchiostro digitale cola dal tetto. pericoli incorniciati e da incorniciare. cancellare frasi e rileggersi un po' fino al segnalibro, che dietro c'è solo afa. scrivere male che sembri fatto di vapore stupefacente. doversi riempire per poi vomitare qua. dio che canta in panchina e venti dell'esotismo che cancellano new orleans. blues per gatti ciechi e neri per il caldo. *[ il moto delle onde ancora nella pancia. giulio is back. le lacrime e tu. tu e il mondo nuovo] caldo che monti dentro le case di neve e sciogli le finestre di ghiaccio della mia armatura
2 settembre 2008
"sailing" = ...
rubarsi in cima alle scale che ancora sento la nebbia negli occhi. i regali e i prestiti. piangere guardando i binari che ti portano a casa. allevamenti di koala rompi balle nei nostri momenti, mentre piove quando meno te lo aspetti. le parole infinite che volerebbero volentieri alle hawaii. che mai ti avrei mostrato questo mondo pieno di ragnatele e lacrime versate correndo e che rimangono di traverso. letti sempre troppo larghi e un freddo siderale che batte cassa nel sonno irrequieto del fuggitivo. il profumo stupefacente di una cintura. e un mare appeso al collo. l'avere consapevolmente paura di cadere, ma in realtà sotto ci sono solo ettari di petali strappati, giorno dopo giorno, da mesi per te, per questa vertigine. la necessità di scrivere te in un foglio bianco, ok, ma sempre, davvero, troppo stretto per noi, un po' il contrario del letto. un capodanno estemporaneo a rincorrersi sotto lampi di fuochi artificiali che in realtà senti scoppiare solo dentro lo stomaco, in fondo agli occhi. mi rendo conto solo in parte della profondità del cielo trapuntato di stelle, pieno di stalle comode per scaldarsi e scappare dalle urla. oceanandoci dentro. che non bastano mai le righe, che non basta mai il fiato a corrermi dietro da solo per renderci qua, fermi e ordinati. capire che tutti i segnalibri del mondo, dopo ieri, sono inutili. un segnalibro che segna il cuore. rubare il cielo per sdebitarsi mettertelo sotto le coperte per farti volare un po' più in là di questo emisfero così da dimenticare tutto quello che dovrebbe tacere. qua si affoga, qua c'è polvere, non confonderti. sei sempre nel sangue che mi muove la mano nervosa, sei negli occhi fissi alla fine della strada, sei nei silenzi che riempono mesi. sei il sorriso più lungo della mia vita. sei nella voce che parla ad una statua incompiuta in fondo al mare. le bestemmie nemmeno troppo laiche oggi per cercare di calmarsi. inutilmente. che tanto non mi passa la furia. ora basterebbe prendere altro e renderlo inesistente. vorrei essere un palombaro, un valvonauta, l'onan che ti prende e ti salva dalle onde del tuo mare di lacrime senza respiro. vorrei essere tutto quello che tu sei per me, tanto per essere ancora una volta uguali. e già sento freddo, ma non so cosa dirti se non ti tengo stretta
Iscriviti a:
Post (Atom)