da ora che mi addormento solo per te. i pensieri umidi di enkefalina. dentro una stanza di libri ancora bianchi. con le dita rotte e la testa bollente. con la voce rauca e i quintali di stucco. fra anni. con i tuoi occhi silenziosi e chiari, morbidi come una poesia per bambini. la mia passione. finalmente accesi. non sarà un sonno profondo, ogni tanto litigherò con i vestiti che da anni indosso. non brucerò i vecchi libri. e tutte le volte che mi hai regalato una fetta di mondo confezionata e con il prezzo coperto. e ti sei coperta il prezzo anche sul cuore. le tue poche ricette. ma non sono mai andato così a fondo nel comprenderti, almeno fino ad ora. con degli occhi laici ti ho fatto un rosario con la corda nera e una matematica tutta nuova. e non uscirò da questa vita come Giusy da quella del postoristoro. almeno finché non sarà un po' meglio. nel mare di cera profumata lancerò tutti i sassi che trovo, fino a rendere il panorama della casa che non abbiamo mai avuto, un prato quasi finto. finto ma solo per tutti quelli che non lo credono possibile sbattendo e scarnificandosi gli occhi nel proprio orologio. scriverò solo "grazie", alla fine dell'ultimo. anche se non mi sembrerà ancora abbastanza
31 gennaio 2009
30 gennaio 2009
182727 volte ancora senza la disumana debolezza
con te che scappi a cercare l'ombra sotto l'albero secco della collina di fronte. che scappi da me che sono uno spacciatore di buone intenzioni. e sentenze. da noi che andavamo a sputare sulle valigie al porto con la testa rotta dall'aerosol delle cisterne. con le nostre valigie egoiste di venezia. il letto che si ribaltava dopo una camomilla. il vuoto apparente delle case che vedevi ti ruggiva negli occhi. "avremo solo quello che ci lasciano". e sorridi piano. con i pensieri asettici e la maleducazione urtata al parco. urlata contro l'assicurazione dell'emotività passiva. e appassita. i miei colori opachi della prima mattina. con la nebbia che sfumava il rosso in rosa e ti faceva cagare. le rincorse e gli armistizi interiori. rivalutare lo zoo con il cellulare spento. l'odio commisurato alla radio. il tempo che non torna nemmeno a deriderti. le ginocchia graffiate. con tante risposte. l'ordine dei tetti di tutte le altre case tranne quello del mio nel tuo stomaco. e mi dicono che è possibile "fottersi per sempre senza prendersi a calci l'anima". il colore esterno ed esistenziale delle matite colorate he coincide con quello dei ricordi. il sole ostinato che ti faceva spogliare. il sale dolce che mi copriva in silenzio e non te ne accorgevi. con il mio mutismo abbagliante. non riesco ad aiutare la luna. il cielo tagliato male che mi faceva diventare cieco per una notte. il buio del ricordo appannato. e quando piangevi ti mettevo sotto le guance la borsa dell'acqua calda. le statue che puzzano. e chi sa chi sei. con il ghiaccio che si sporca se ci cammini sopra per un'ora. o per una vita intera. il ghiaccio sciolto che scola via dal petto fino al deserto dove sono approdato. approvato per quello che non sono e non dovrei essere. le nuvole che non sono nuvole, il caldo non caldo, il tempo indigeribile. dentro la claustrofobia sentimentale dell'amore ci siamo rotolati come se la primavera avesse conquistato tutte le stagioni e le tue ragioni. le stazioni. bello ma imperfetto con le file di alberi troppo dritte e i fiori troppo colorati di sventura. le mie visioni che sono rimaste ubriache nonostante tutto. con il mal di festa "lontano lontano" senza troppi lividi e brividi nella testa. tu che grattavi via il cielo dai ricordi troppi pesanti. dentro gli attacchi disarmati del panico. nella crisi, le spazzole in cassadisintegrazione. il mal di stomaco avvitato bene dall'insonnia. i sonniferi che conquistano silenziosamente le guerre fredde dei nostri occhi. poi tiepide e poi calde. come la messa. e sembra che pregavo in pulmann a cantare. dove ho pianto il sole che si profumava con il tabacco. con la nave persa e la mano stretta. con l'argento sciolto ogni volta che chiudo gli occhi. le curve sconosciute prese a fari spenti. i sogni avvelenati. e gli sgravi troppo fiscali di certe scuse sbiadite al sole monopolizzato di gennaio. i tagli della luce. con i vicoli stretti al collo. al collaudo dei fiumi in piedi e dei prati imbiancati come la vaniglia esteriore di un mattino di torta. di storta. distorta come la madonna di mattia. hai tentato di accarezzare le mie piume ideali. i pacchetti schiacciati dalla noncuranza. e cerco ostinatamente la sua risposta in un quadro con la malattia del vuoto, che è incomprensibile come un gioco di bambini. riuscendo a credere che le nuvole possano andare in un posto migliore se chiudi solo gli occhi. le confessioni leggere sotto l'ombra dell'aquilone affogato nel tamigi. perso nell'indeterminatezza dei ritorni, mi dispiace per le foglie ancora buone ma cadute nonostante risuoni l'iraq. "afferrato da una vita a lui estranea". niez ue, con "l'amore che strappa i capelli"
24 gennaio 2009
il treno bello in senso politico e la testa di una croce
con annachiara e le carte dei gatti. con i fiocchi. gli elefanti colorati e i castelli neri. elena che rimane seduta sulla sua enorme sedia. con la testa nuova che si esalta dagli spalti sconfitti. mettersi all'indietro dentro mercoledì. prendere qualcosa dentro il tuo cuore. prendere in prestito l'aria sulla testa. e non rendo più. non mi disarmo nemmeno di domenica. con la drum n bass dentro la clessidra e i biscotti. il cielo che è come il tuo. il disegno esplosivo della luna, il nostro giorno preferito. il nostro gioco che arriva subito. il mare delle tue domande non affrontate. e mi presento con un palloncino colorato. anche se dici che non hai bisogno dei coriandoli dentro i tuoi pugni. i momenti alterni con riccardo sotto il ponte. che non basta più il tempo a luigi, corre ancora via a non morire nell'aria di settembre. voliamo a febbraio come una palla nuova. il topo nero del non amore nell'intestino. le lacrime vergini. e tu che passi ostinata l'aspirapolvere nel deserto delle notti festive, ma ubriache. vomiti in autostrada e ci ridi sopra. il salto del corridoio. il sentimento emostatico che ci piange addosso tutta la vernice candeggiante possibile. il freddo che è un boia mascherato. l'astinenza dal cemento ti ha impedito di credere alle favole dietro casa. le siringhe disincantate piene di aria complessata. complicata dalle rivolte dei centri che tengono il punto. combatti per strada fino all'aeroporto con l'aereo che salpa dritto dentro la galleria scavata dentro le vene. le sfortune superstiziose che invadono la tv. le tv piene di gin. apprezzando il pericolo mi siedo vicino alle tue fotografie silenziose e incantate. e sussurro alla pioggia, stretto al vetro opaco, le tue malinconie alcoliche. ti dimentichi di ridere quando l'aquilone crolla nell'acqua. piangi bene dentro la foglia che è caduta. i prospetti del carattere assuefatto. e la mandi giù facilmente ma non ti ritrovi più come prima. i saluti pleonastici. le tue corone gialle. i fiori secchi ma che non arrotoli. i messaggi dentro le bottiglie piene ma ancora per poco. le colline superate in un pomeriggio regalano un'età da godere seduti al bar, ridendo. sotto la lanterna fresca a vedere dove non annegano i gabbiani
°°°
i buchi di Olney trovati per strada. la posizione delle lettere. tu che mi pettini con le braccia distese. e approvi. gli invisibili fino a chiusura. le stelle decadenti che tornano a cadere sugli spigoli. la paura della testa a metà. le risposte nella giornata della sincerità. la paura della metà unica. e io mi confesso senza gesti né comportamenti. i contratti elettronici. la notte buia e tempestata. appestata dai fiori raccontati senza lacrime di polistirolo. suona male la luna verniciata sul tuo cuore di vetro blu. il colore tiepido. le temperature della radiografia. i capitoli di autori vari che vengono cablati senza strappo. lo strappo emotivo delle lenzuola. sparse dentro le stelle verdi.le cadute nelle onde invisibili, è tardi per morire dentro una cartolina cartonata di un puzzle
°°°
i buchi di Olney trovati per strada. la posizione delle lettere. tu che mi pettini con le braccia distese. e approvi. gli invisibili fino a chiusura. le stelle decadenti che tornano a cadere sugli spigoli. la paura della testa a metà. le risposte nella giornata della sincerità. la paura della metà unica. e io mi confesso senza gesti né comportamenti. i contratti elettronici. la notte buia e tempestata. appestata dai fiori raccontati senza lacrime di polistirolo. suona male la luna verniciata sul tuo cuore di vetro blu. il colore tiepido. le temperature della radiografia. i capitoli di autori vari che vengono cablati senza strappo. lo strappo emotivo delle lenzuola. sparse dentro le stelle verdi.le cadute nelle onde invisibili, è tardi per morire dentro una cartolina cartonata di un puzzle
23 gennaio 2009
entrare con il ritardo
ti chiamo da un parcheggio dell'ospedale che è sempre pieno anche se si paga e tanto. tanto chiaro. la raffineria della tua testa che arriva ad inquinare anche il mare di qua. la spessa coltre di fame. le urla bestiali. il freddo che hai preso in affitto da me ti è andato a male dentro un vaso nuovo. e pranziamo fuori dal bar come se non fosse gennaio e come se non fosse invece l'ora di cena. i ritorni violenti. i clandestini esistenziali. e familiari. la pittura calda dei colori freddi. il tempo perso. il rigassificatore in sciopero. la pietà a basso consumo. i tuoi occhi che sembrano vivi quando erano rapiti dalla stazione. il viaggio elettronico, i libri non identificati. gli spazi presi a caso. le "amicizie di frontiera" e quelle alcoliche. le canzoni della pubblicità. le notizie che sappiamo solo in due. cadendo. forse è nuovo o forse no. il numero sempre dispari degli spicchi. e scappavo di casa che dovevi dormire e non potevo urlare in silenzio. le favole distorte sul balcone senza la luce. i viaggi fatti dentro un'idea a km zero. i ricordi seri. il bambino sperduto nel vocabolario. quando prende aria trema tutto e trema il fiato stesso. e si vede da lontano il mare. il gassificatore che si suicida. i detriti emancipati nel piazzale. la luce timida di casa tua che nemmeno di vede. il silenzio planetario. i sentimenti oceanici. le depressioni liturgiche scritte male. il dolore estirpato male. meno bene del solito. il cielo ossigenato. il profumo confezionato che anche l'ikea non ti vende più. tutto è arrivato in ritardo in questa benedetta città. o mai. e ritorni volentieri ad avere il dono della vista grazie ad un paio di forbici. la luce non pagata. l'autonostop fatto ieri ma dormendo anche in piedi. i cd originali che nemmeno sapevi di avere. gli spigoli blu. le notti tiepide conservate nel cuore simpatico. compatire le distanze costruite a mano ma che non sono niente di speciale. la voce piena di sabbia. i capelli rasati? i titoli dispersi in tibet dentro le carceri. l'ossidazione emotiva delle novità. i ricordi, quelli veri sparati dentro i palazzi a coltello. lasciati e lanciati dietro e dentro la schiena. i guanti gialli per ritrovarsi le mani quando le perdo dentro la tua pancia. la pazienza influenzata. sparire senza lividi né domande idiote, non ci dormirei sopra ma lo faccio. con te che aspetti già la primavera alla fermata del bus con i vetri affannati
20 gennaio 2009
"non il vento" per non risponderti
la fisarmonica stretta alle mura di questa via non mia. i singhiozzi della solitudine fortunata, le mani che attraversano il mare. i capitoli che finiscono quando chiudi gli occhi. con la voce piena di nebbia. di rabbia nebbiosa. i respiri. i sospiri. le sorprese. le riprese. le attese con la luce spenta presa in prestito dalla strada. con due storie sudate raccontate in una mezza notte. in quella notte in cui mi hanno amputato. i polmoni disegnati sulla felpa. la febbre per trovare un senso alla colica. le cartoline mai spedite né digerite. le pretese che non sai di avere disegnate dentro gli occhi. libero dentro la neve normale che ti scalda, pensa un po'. con i film non visti. i capelli stropicciati dentro un'idea. con le scoperte che avanzano anche se hai saltato il pranzo. con le scarpe ritrovate in gola. nella gola buia dei tuoi sogni scalzi. in piazza a gennaio. e non riesci a capire come fai ancora a correre via. dentro questa candela che prima o poi finirà. con la sua confortante e confortevole fiamma che urla di noia. mentre appassisco di gioia rarefatta. le onde sotto le coperte. le onde con le botte. piene di sale e rapsodia. con il cartone usato come conviene. che ci raccolgo i vuoti mentre ancora tutto cade e non si rompe niente. condannata a mettere a posto mentre non hai vissuto. cambia la città e le percezioni. il pavimento gelido del tuo stomaco violentato dall'ipocondria. i crampi che col tempo diventano egoisti. l'apatia onnicomprensiva. come fai a morire in silenzio. come riesci a ridere con le braccia. nude e sempre rilassate. le risposte in carcere. il senso di discolpa. la comodità della cecità caratteriale. confortevole come gli errori. comprensibili vista l'idea. le aiuole strappate dentro le convinzioni. gli scivoli vuoti con cui scendevamo dal letto. gli occhi fratturati dentro le passeggiate. sotto un volantino della radio presa a culo. per caso trovarsi. per caso mi sono tolto le cuffie. lo zucchero con il caffè per tre. ma l'aria che si distingue. dai tuoi occhi pieni di lividi indivisibili. con i tuoi ricordi che fanno l'amore con la speranza. impercettibilmente mi nascondo dentro un appetito nervoso. ingiustificate le serenate mute che non sai di aver avuto mai. le notti inventate dentro il dietro di una finestra aperta. una notte a metà. una vita insonne. una carezza mai scesa. con la guerra disadorna che si dimentica di uscire. il gabbiano dell'arrivederci. la puzza degli accendini che mi cadono in testa. non ti muovere. e si sgonfiano le nuvole come per disincanto. mentre penso alla tua risata stupita. stupida la birra. si confondono i puzzle che ti metti addosso. i pronomi abusati. la schiavitù dei pronomi recisi. genova che ci guarda stupita. con i vestiti puliti che s'abbracciano dentro lo spazio di una sigaretta sacrificata. mi soffochi la mano. le sigarette internazionali che scivolano in ospedale. il silenzio. gli spigoli in bocca che non riesci a masticarti il fegato. bagnato con una birra scaldata al momento sbagliato. le strade dei marinai le ha costruite mio nonno. ti addormenti dentro il riflesso ostinato di un bicchiere. come per magia. una tazzina rotta per i tuoi tesori, dentro i tuoi tesori fotografati. il sudore freddo dell'armadio chiuso. il cervello mangiato. i sospiri senza fiato per scappare. dormi dentro un fiore chiuso. torna a spegnerti. arrivo ad accendermi. la maledetta pena della maledetta penna. piegato con cura dentro il cassetto della roba sporca. della roba della sposa. dormo fermo dentro un cellulare senza maniche. con mille formiche adatte a te ma non a me. dormire sano e secco, spezzato in un ritratto pubblicitario. nella ricetta asettica e chirurgica dei miei freni che non si rompono mai. le urla silenziose della camomilla divisa con la mia nervosa insonnia diurna. ma il catrame. in un attimo lucidato di stupore ammiro la costanza di immergersi dentro una vasca piena di ghiaccio per nascondere la capacità di fotografare il tuo anello perduto nell'orecchio del cuore
18 gennaio 2009
come salpare verso l'incisivo del tetto
solo per portarti a casa con io che quando guido, per il mio stato emotivo sembra che in realtà dovrei guidare su un sedile a castello. e ho vestito meno di un litro di birra ma con te diventano sei. e capisco un verso di una canzone. le braccia scoperte che prendono fuoco sotto le stelle. le tue canzoni che non conosco. e c. che mi dice delle cose reali e vicine che mi fanno parlare. e noi che parliamo di televisione che sappiamo solo noi. e tu che sei senza discorsi metafisici. io che non ricordo poco e niente dell'onda anomala. solo il necessario mi respira. dentro le novità. il mio cuore che l'hai incartato dentro la carta stagnola ed è fresco. con la mente che riaffiora nel giorno nuovo che suona. la fronte che diventa bianca con un tic battente. che pompa. il paradiso egoista all'altezza della camicia. il tempo di primavera dentro l'aria della stanza. parlando di libertà bloccando la chiesa. noi che vinciamo insieme contro i muratori in affitto. con un approccio pagato a rate. le speranze dentro un computer difronte (attaccato per forza) al fuso orario del giappone. la precisione del fade-out. con. la video arte dentro gli occhi. con la possibilità dell'essere cenere dentro il consumare. qualcosa in america ci appartiene e lo prenderemo se provi a fermarmi. dentro uno sciame di insetti diversi profumati con poche differenze. un giorno nuovo che parla nell'ascensore di sopra. l'umidità della lavatrice con la macchina. l'intero armadio di magliette con i buchi della polvere si stelle. scippate con il vetro degli acidi. i paraurti che già c'erano. i portarullini dentro gli astucci etnici. dietro di me ti trovo in tutto quello che faccio. con i poster color cartone delle finestre. i vuoti in regime di carcere duro. quel che sono già. gli alberi. senza fiato nella cucina. il monolocale del tremito. sussurrami via in un fiore. la carta da pareti. con i pacchi aperti del rimanere. e la forma delle nuvole in cucina. il ricominciare a vivere in taxi negli occhi. le incapacità di guardia senza caffè. tre chitarre della vendetta. "è giorno ormai". i funerali di novembre. il fiume in piena. gli sconti sulla personalità. il video brutto e commerciale. il cuscino vuoto. i viaggi in treno immaginati a letto. il flusso di incoscienza senza titolo. un bicchiere della nutella pieno di caffè. la ciminiera in comune. dentro un bicchiere di acqua. il problema degli spazi. le danze delle dighe. benvenuti. per l'ultima volta il peggiore delle diverse comunità. uniche scoordinatezze. di successo. gli smarrimenti dei dottori. le comunicazioni argentine. dentro mamma. gli schemi organizzati delle domande. per ascoltarsi con un codice dimenticato. la password di analisi. quarantacinque giri di tre passi e letti. e non entrano le parole. sempre la questione che "tu puoi ancora consumare, ma io posso continuare ad essere cenere". tre passi sui tetti mentre non dormi, per l'ultima volta
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e alla mattina non c'é più nulla. le panchine violente. i bambini felici con un coltello israeliano sopra la testa. dentro la testa. la radio con la febbre e l'umidità improbabile. non ci credo. bianco dietro e sopra la febbre in forma di nero. la chimica e la fisica. "i barbiturici nel tè." con le farmacie aperte dentro l'armadio mentre io sono fuori di me
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e alla mattina non c'é più nulla. le panchine violente. i bambini felici con un coltello israeliano sopra la testa. dentro la testa. la radio con la febbre e l'umidità improbabile. non ci credo. bianco dietro e sopra la febbre in forma di nero. la chimica e la fisica. "i barbiturici nel tè." con le farmacie aperte dentro l'armadio mentre io sono fuori di me
15 gennaio 2009
la buona novella dei palloncini scoppiati ma mezzi vivi
a metà non vedi niente e manca l'aria. alla fine non sai se vincerai tu o la tua testa. i terremontati che sono flessibili. mi allontano dall'occhio e chiudo i miei. i colori che sfumavano dentro la luce spenta. il racconto tremendamente estinto. le risate che tinteggiavano tutto e tutti. le valanghe sotto le scarpe. a metà forse rimango ad aspettare per poi tornare indietro senza aver respirato, mi allontano dal pezzo di seconda mano che mi porto dentro. mi spieghi come fai a non volare? a non volere.
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[mi faceva male la festa. dove salta? fiori che lancio in aria e li riprendo al prossimo giro, domani alla stessa ora. le persone incidenti e non semplicemente incisive. un filo di piombo ma fuso per vedere dove cado. con i fiori che precipitano e non li assaggiamo. non ti assomigliano. scopri le cose ma non prendi freddo. riusciamo a non morire puntuali per vedere le nuvole rosa di rose che si spacciano per gioia concatenata al tramonto. le rincorse scampate. il formaggio andato a male nelle fotografie di vetro. le buste lasciate a casa per il nervosismo non oggettivo ma nemmeno soggettivo. dormo nei piedi e nei titoli rovesciati. e suonava tutto meglio, sembrava addirittura bello. come una cartolina falsa dei posti che non ho visto e non conosco. che sembrano tutte uguali. le integrazioni. i calcimachicazzocicrede. e io con-fondo tutto quello che non serve. le aspettative nelle frasi fatte. ma non mangiava solo la nonna? l'aria vuota. tu sei dentro il mare. io sono dentro la nebbia. i segni lasciati. ma nemmeno morto scapperei. nemmeno morto riuscirei a credere di poter vivere diversamente. nemmeno morto potrei ancora cedere. a rinunciare. gli aerei che salpano dentro le pagine. non c'è internet ma non scappi per strada. scappi dalla puzza di speranza. della molta andata a male. il mare di niente. il miele sotto il tavolo e farcisi la doccia con tutta la dolcezza di una dose monouso di un monopensiero. come permetterselo. la bellezza della paura dentro una radura senza mappe. i cuscini sotto il letto per districarsi e non incollarsi più. incastrati e sudati. le uscite di sicurezza chiuse ma tanto buco con i buchi il muro. anche. il parco popolato anche se è vuoto. il silenzio stupido. il silenzio stupito. come se mi rimontassi ogni mattina. le caricature della pulizia. le cariche e le ricariche per stare sicuri. quello che non ha più nessuno. l'imbarazzo preso in prestito ma nemmeno troppo sul serio. prendersi così da ridere. non finisce mai di scorrere. pazzamente. come faccio? eccomi e vado, ciao. che non torno come i conti. l'essenziale. svenire che c'entra con venire? perplesso di fronte ad una rima oggettivamente fredda, vista così sul muro. graffiato. hai mai fotografato un albero pieno? io mi trovo mezzo vivo a sbadigliare dentro un tronco mai abbattuto. con i vuoti d'ansia dell'irrealtà. vedere persone come i vuoti di bottiglia, dentro i vuoti di famiglia.]
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riuscire a spezzare le gocce dove rifletto ogni persona. a staccare la voce. staccare la luce. dove mi hanno detto che il mondo dentro, in realtà, è tutto alla rovescia
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[mi faceva male la festa. dove salta? fiori che lancio in aria e li riprendo al prossimo giro, domani alla stessa ora. le persone incidenti e non semplicemente incisive. un filo di piombo ma fuso per vedere dove cado. con i fiori che precipitano e non li assaggiamo. non ti assomigliano. scopri le cose ma non prendi freddo. riusciamo a non morire puntuali per vedere le nuvole rosa di rose che si spacciano per gioia concatenata al tramonto. le rincorse scampate. il formaggio andato a male nelle fotografie di vetro. le buste lasciate a casa per il nervosismo non oggettivo ma nemmeno soggettivo. dormo nei piedi e nei titoli rovesciati. e suonava tutto meglio, sembrava addirittura bello. come una cartolina falsa dei posti che non ho visto e non conosco. che sembrano tutte uguali. le integrazioni. i calcimachicazzocicrede. e io con-fondo tutto quello che non serve. le aspettative nelle frasi fatte. ma non mangiava solo la nonna? l'aria vuota. tu sei dentro il mare. io sono dentro la nebbia. i segni lasciati. ma nemmeno morto scapperei. nemmeno morto riuscirei a credere di poter vivere diversamente. nemmeno morto potrei ancora cedere. a rinunciare. gli aerei che salpano dentro le pagine. non c'è internet ma non scappi per strada. scappi dalla puzza di speranza. della molta andata a male. il mare di niente. il miele sotto il tavolo e farcisi la doccia con tutta la dolcezza di una dose monouso di un monopensiero. come permetterselo. la bellezza della paura dentro una radura senza mappe. i cuscini sotto il letto per districarsi e non incollarsi più. incastrati e sudati. le uscite di sicurezza chiuse ma tanto buco con i buchi il muro. anche. il parco popolato anche se è vuoto. il silenzio stupido. il silenzio stupito. come se mi rimontassi ogni mattina. le caricature della pulizia. le cariche e le ricariche per stare sicuri. quello che non ha più nessuno. l'imbarazzo preso in prestito ma nemmeno troppo sul serio. prendersi così da ridere. non finisce mai di scorrere. pazzamente. come faccio? eccomi e vado, ciao. che non torno come i conti. l'essenziale. svenire che c'entra con venire? perplesso di fronte ad una rima oggettivamente fredda, vista così sul muro. graffiato. hai mai fotografato un albero pieno? io mi trovo mezzo vivo a sbadigliare dentro un tronco mai abbattuto. con i vuoti d'ansia dell'irrealtà. vedere persone come i vuoti di bottiglia, dentro i vuoti di famiglia.]
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riuscire a spezzare le gocce dove rifletto ogni persona. a staccare la voce. staccare la luce. dove mi hanno detto che il mondo dentro, in realtà, è tutto alla rovescia
14 gennaio 2009
prendere appunti per scrivere un diario
ne "l'estate del mio sorriso" ho scritto con la pioggia e ho costruito tutte le passeggiate dentro la tua vita. e mi sono dimenticato di sentire l'inverno e i suoi angoli blu denso con le emozioni in movimento che divorziavano dai miei occhi. incosciente che anche le fughe e i sogni hanno un peso. perdere giocando a perdersi dentro un profumo. rincorrendosi dentro un ricordo. il mutismo frenetico dentro un abbandono incontrato. mastica la radice. investire. e matteo torna indietro. ha regalato i suoi occhi al figlio. la filosofia che fa divorziare. il sole che rimane in sospeso. le porte spostate e i "comunque". i doppi fondi del fondo e i titoli di un "ciao". le °°° perse rincorrendosi ancora dentro un filo senz'ago. ho sorpreso la primavera. maledettamente necessaria e mi sono perso. le similitudini. le chiavi perse dentro ai libri. le rivoluzioni attaccate alla lampada. quando ti dimentichi tutte le storie per un po' quando c'erano cose di cui non avevi mai parlato con nessuno. le lacrime salate si piegano e conservano fresco un martello e una matita. voltarsi affannosamente per strada solo per aver sentito un profumo. e tanto prima o poi dovevi scoprire il significato ragionato di "compassione". esattamente come un compasso gigantesco, disegna cerchi invalicabili a terra. le lacrime saltate. mistica la radice del tuo sentire amato. armato. cancello intere righe dei miei passi scalzi sulla tua schiena. e benedico i fiori che crescono sui tetti. e costanza, "dancing days". tutto quello che non c'è
11 gennaio 2009
saluti sparsi male, che tornado stando controvento
con un muro lasciato a metà anche se la vernice non era finita. se avessi le possibilità. un secondo di solitudine e non cent'anni con la fantasia. odio il deserto che avanza e il suo vento salato. adoro le sorprese profumate e i giorni freschi. il terremoto perenne con le macerie lucide che mi lascia. l'acne che suona dentro lo stomaco. le carezze kilometriche. senza perplessità e compiacenze. senza mani. senza la candeggina in regalo. niente è vero. con gli astronauti in bottiglia disegnati al porto. tutto è vero. la camomilla sostituita. i coinvolgimenti epatici. le confluenze ematiche. affacciati su questa cava ormai piena di acqua limpida, come un lago vergine. con l'amplesso affilato dalla cecità. una bottiglia con il numero civico. il freddo addomesticato per una risposta. questa stanza non ha più divieti ma alibi. le distanze che infilo dentro al cuscino per ammorbidirlo ancora un po'. la matrici chimiche. le lenzuola legate per la guerra. si poteva tornare dentro con tutto tranne che con una cosa. una voglia riciclata in una convinzione. le risse linguistiche. conta la marea, contro la marea. dentro pochi passi cammino per ore, dentro poche righe ci salutiamo per una vita intera. strangolo la carta. mi sono perso dentro tre punti. confesso l'inferno monolocale. con la candeggina che sprizza da ogni poro. la vita in dieta. e ha ancora la mani sporche di viola e da ieri non so più scendere. non digerisco i giorni lanciati in bocca. lasciati in bocca. le frasi ossigenate e i cerchi spezzati. gli angoli estinti. microonde sponsorizzati. botte al ferro. le scuse stirate e le macerie delle risate. le strade abbattute dentro un tempo gentile. i teppisti televisivamente corrotti e non corretti. cerotti sulle orecchie. i bancomat che ricamano le stelle. gli "agenti provocatori" come vicini di casa. i letti fuori dal castello. come se avessi dei conati e dovessi comunque tutto, scrivere. i cerotti in gola che aprono i pacchetti di sigarette come per sortilegio. tornare indietro e non dentro. il tono mesto con cui dico che non c'è più nulla di indolore
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con la paura inaccessibile che entri nella stanza. con le sue scienze. con il matrimonio al cinema e il divorzio dietro l'angolo finito. con "il fango della gioia" che era alla gola e ora non arriva nemmeno alle caviglie. con le lettere scartate. con la lingua scartavetrata. con le dita lisce. con tutto un mondo blu dentro un libro bruciato e indiviso. con questi giusti sospiri mi chiudo addormentato dentro la macchina. con l'ansia che ti sveglia di mattina presto e t'abbraccia stretto anche se hai poche sigarette.
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con la paura inaccessibile che entri nella stanza. con le sue scienze. con il matrimonio al cinema e il divorzio dietro l'angolo finito. con "il fango della gioia" che era alla gola e ora non arriva nemmeno alle caviglie. con le lettere scartate. con la lingua scartavetrata. con le dita lisce. con tutto un mondo blu dentro un libro bruciato e indiviso. con questi giusti sospiri mi chiudo addormentato dentro la macchina. con l'ansia che ti sveglia di mattina presto e t'abbraccia stretto anche se hai poche sigarette.
10 gennaio 2009
manda indietro il mondo con il tuo sonno paradossale
sperduti in una stanza con un flauto lontano e un film acceso. pulito e lucido, con lo stesso imballaggio con cui ce lo hanno svenduto. le carezze dopo i pugni. le solite lacrime dipinte sul vetro. trasparente di un amore. le mie mani superano la pigrizia e svegliano le lenzuola. il concime dentro gli occhi, la lavatrice dentro la testa. dentro la festa orribile. santifico la polvere. e finirò a mangiare pizza alle feste. gli inviti sussurrati all'orecchio. sorprendentemente ti lego al palloncino di un'idea colorata. coloranti come i tuoi abbracci di sorrisi silenziosi. sollevando le ali spezzate dall'ingordigia d'aria. le valigie spedite. i giornali sul petto. i giochi non giocati, senza pratica. i passi delle lancette che ti scappano sotto gli occhi ed entrano nel naso, spremono ogni crampo fino a distendersi dentro la tua lettera. e pensavo di essere stato trovato, ma in realtà perso. non c'è spazio per bruciarmi qua, dentro questa pellicola di fraternità con il senso opposto. tu che hai il Tempo in senso ampio e in divieto di sosta del termine. avvolto dentro il cioccolato e il tuo yoga. e in paradiso non succede niente. dentro il soggiorno lucidato e pettinato. con le cose che si scambiano di posto tra un giorno ed un altro. gli archi tirati al massimo che poi si spezzano. tu che mi stropicci i capelli. l'arma per non dormire rimasta piegata dentro l'armadio. e non me li ripieghi mai i capelli. le dissolvenze incrociate ma senza le giuste precedenze. le intersezioni prese a caso, ma senza prendersi sul serio. le delusioni e le novità senza recapito. senza aver capito le ricette. e passo lo straccio in maniche corte, con meno venti, in balcone.lo spazio protetto dietro la maschera. lo spazio bombardato da lampadine sotto la maglia. quello che dimentico e non dirò mai. un ciao davvero estorto, andando contro alla pazzia giusta da fare. gli angoli morti e quelli vivi. i paradisi affrescati senza i calci. i baci spazientiti e la paura come sorpresa. e contano, ma non le parole. taglio il tempo ballando sul marciapiede con te. e grazie dell'invito per il dolce, ma ho paura dei miei buchi. della mia buccia incorniciata. e non voglio rovinarmi ripensandoci. mi riattivo tra trenta minuti, ma credo che resterò sveglio per sempre. la s. spasmodica e i postini finti, sempre a leggere lo stesso capitolo ogni giorno. la vetreria in panne di borges sotto i piedi, la polveriera di pier paolo un po' serena e un po' nuvolosa. grazie. e non c'è nessuno. i temporali in texas, con le micidiali piogge di valide scuse. dove ci legheranno ancora? in quale cielo salirà ancora? "un'infinitesima parte di me e di te", con un rif storpiato mi soffi via la schiuma dalla testa. ora che è finito, per una volta non devo rabboccare la spugna. passo lo straccio sul petto, con tutte le bottiglie rotte che annaspano. la nebbia fresca sui miei angeli, le rotte destinate a perdersi. e il tuo rumore mi è simile, con un sorriso asceso. i miei limiti senza cinture. le tue fantastiche ceneri. mi faccio male, mi faccio meno bene. con un cielo sospeso a metà tra ieri e un brivido. e non mi ha nemmeno sverginato dallo zucchero filato
9 gennaio 2009
la madre ha curato federico mentre i miei polmoni non guariscono
le mele tirate addosso per i capelli. e verso i contributi per non far cedere le mie mura cardiache. tutto il passato è già caduto dentro quel barile che si chiama cuore. tanto è profondo che non riesci più nemmeno a toccarlo con gli occhi. i crampi dei complessi che ditruggono gli altri e non l'unico oggetto che se lo meriterebbe. la musica che non c'è dentro quel colore. lo strazio nero. la solitudine che rende insapore il deserto ignifugo. le fughe dentro un albero rosicchiato alla base. le coperte troppo corte che non coprono l'incapacità. e io che dormo con i pugni chiusi che se no le dita pesano. marta c'è sempre dentro le canzoni e la loro fluidità. e si fa presto ad esaudire i desideri d'assenza. e ho sempre l'assicurazione per questi incidenti. ma non per i buchi neri i cuori neri gli occhi neri e le tovaglie sporche. e mi sfascio la testa anche se non cadrò di nuovo. sputo sull'olio, bestemmio e forse non rinnego più solo dio. che atmosfera è questa? scavo dentro la mia testa rigirandomi nel letto in cui vivo senza dormire. e forse sento qualcosa che fa rima con nostalgia. come se sul pavimento rimanesse colorata l'ombra della mia amica che mi sfotteva. le risate e le piene di parole. l'acquario perplesso. i punti tirano. la fiducia che è cieca. deglutire lamette e espirarne altre. mi hanno oscurato o curato?
8 gennaio 2009
cieco, sordo, muto: l'involuzione completa in un oggetto non umano
dove si sono seccati i fiori di arafat? dove affluirà il sangue? l'importante è il sale, importanti sono le zie. affogati nell'inumanità del maltempo, moriamo senza essere più vivi dalla nascita
6 gennaio 2009
fuori e dentro le parole, 3412
non sarà più stagione, ma le farfalle hanno un profumo speciale. con un fiore nelle costole inesistenti. con il sale nel pugno e in bocca. le valvole sonore e le curve strappate in curva. i pizzicotti intervocalici, la nostalgia per lo zucchero e le cartine satellitari. i poteri spaziali che sono ancora ingovernabili. sarebbe un sogno anche essere solo una lampadina. conservo l'aria dei giorni speciali dentro le buste della spesa. ma mi fermo a dare in giro, solo per questa volta, cartoline più che satellitari. andarsene con la tremenda nostalgia, sull'orlo dell'iperglicemia
5 gennaio 2009
le agenzie immobiliari sono in sciopero e mi escono solo spot pubblicitari anarchici
e siamo stati ripresi senza saperlo, come una grande radiografia dentro una canzone capovolta. con le note che sembrano storpiate ma non lo sono. la compassione. con il parco attorno che si ribalta e salgono le foglie come sotto ad un tornado. senti spesso ridere ma non necessariamente respiri felicità. le soluzioni rimbalzano contro le lucide economie dei pensieri. come vai al mare? sorprenditi pure in ubriaca verità. ferisco il colore bianco delle pareti scavandoci parole dei miei colori. la maleducazione sembrava reale e spedita, spesa bene. i colori non si rivoluzionano e sembrano stranamente taglienti. non aggiungo altro vino alla copiosa dittatura della sete. corrode come polvere acida la culla che ti ritrovi a riscrivere, a ricopiare in bella senza macchie di inchiostro. sempre la matita che sfumava in nuvole grigie sul foglio. e le mattine sfumate dove sono rimaste incastrate? e quelle fumate? sussulti in piccole onde nostalgiche fra le lenzuola senza coperte. strepiti nel silenzio sfinito. e cucito con gli occhi chiusi ma pieni di salti. la vita che non ti appartiene smaltisce la pazzia medica che ti doveva aver curato. non si spegne il nostro inceneritore, non sparisce nessuna nave dal porto. nessuna impenna nelle rivoluzioni astronomiche, con le involuzioni nero_opaco dei tuoi occhi, con le carezze ossidate. i pensieri estivi che si scottavano più di me semplicemente stando dentro la mia testa. e poteva essere solo quel concerto che ci veniva regalato dal cielo. e io che come un rompicoglioni mi aggrappavo ai suoi pantaloni come per paura del volare, senza sapere poi se fossi stato io o lei a farlo. l'importante era rimanere in piedi. e poi rimani impiccato per sbaglio in un punto interrogativo che hanno fatto degenerare in un buco nero. le bilance rotte e non riesco a dire nemmeno una parola senza. scrivi meglio, riesci a coprirci una stanza con le tue mattonelle epatiche. sei in perfetto orario per uscire a lavoro esaurito. rompono le barriere elettroniche le frasi, come rave sintetici che spezzano lo stomaco in crampi nervosi. chiedi al cielo delle ruspe che ignorino l'essenza della pietà. i guai dei gatti. e non c'è niente da dire ma volevo bene al silenzio. mi discolpo con le urla dentro la mia gola. e per una volta ha dipinto lei. i letti di ruggine e chissà da dove veniva l'acqua. piangi meno ma vivi peggio. le maschere con i sorrisi, i guanti con le mani piene di vita non ti appartengono più e solo ora regnano davvero le bugie. grazie anche ai telegiornali di pinocchio la vita sembra migliore, ma devono affogare le antenne sul tetto del cuore. la neve sparisce e rimani gelido ad aspettare l'estate, scongelandosi dal passato scappi dentro la tana del coniglio cardivoro. speciali attese di marmo e pelle da tagliare, le mie incapacità corrosive. i libri finiti e i saluti ammazzati con dentro onan ubriaco e ingrato. un sorriso alla volta, senza deglutire altro d'inutile. la pace mai fatta ha seminato dentro la mia pancia fiori nuovi, nuovi acidi. la vernice che colorerà domani quello che vedrò sarà diversa. forse più stanca di vivere dentro una cabina elettrica
°°°
ti sei sparato
dentro un'orbita con l'eco assordante di un loop
infinito che divampa in un lampo
infondo ad un paio di occhi
non tuoi
°°°
e nel mare aperto di certi sospiri mi perdo. divento cieco come una voce rauca. alcuni addii diventano più scanditi e duraturi, impegnati. le possibilità che crollano e non si spiegano. se si spiegano le lacrime per stendersi lo fanno da sole dentro il traffico senza smog della gola. dei crepacci che conserviamo dentro le costole. con l'ombra da perdere dentro il deserto denso e affrescato della debolezza che uno rimpiange, quella tenera che ti rende volubile e solubile al meglio. forse saluti, forse saluti meglio. che cazzo applaude? ti trasformi in una pianta rampicante senza parassiti mentre tutto quello che lega i capelli dentro la testa diventa stellato. e costellato di punti oscuri e generosi da spogliare. e sai che conviene prendere l'ascensore in affitto al minimo prezzo sapendo di voler scappare dal secondo piano di un manicomio. con l'incendio pestilenziale per poi premere quando conviene il pulsante di emergenza. attacchi la febbre alle dita e alla matita ma paradossalmente (ossimoricamente) si sprecano le parsimonie. mi spello le labbra e non sa che mi spellavo le mani fino al sangue. con lo stomaco deframmentato, senza nessun amplesso logico ti accarezzo dentro una bottiglia, nemmeno per giocarci sopra
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ti sei sparato
dentro un'orbita con l'eco assordante di un loop
infinito che divampa in un lampo
infondo ad un paio di occhi
non tuoi
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e nel mare aperto di certi sospiri mi perdo. divento cieco come una voce rauca. alcuni addii diventano più scanditi e duraturi, impegnati. le possibilità che crollano e non si spiegano. se si spiegano le lacrime per stendersi lo fanno da sole dentro il traffico senza smog della gola. dei crepacci che conserviamo dentro le costole. con l'ombra da perdere dentro il deserto denso e affrescato della debolezza che uno rimpiange, quella tenera che ti rende volubile e solubile al meglio. forse saluti, forse saluti meglio. che cazzo applaude? ti trasformi in una pianta rampicante senza parassiti mentre tutto quello che lega i capelli dentro la testa diventa stellato. e costellato di punti oscuri e generosi da spogliare. e sai che conviene prendere l'ascensore in affitto al minimo prezzo sapendo di voler scappare dal secondo piano di un manicomio. con l'incendio pestilenziale per poi premere quando conviene il pulsante di emergenza. attacchi la febbre alle dita e alla matita ma paradossalmente (ossimoricamente) si sprecano le parsimonie. mi spello le labbra e non sa che mi spellavo le mani fino al sangue. con lo stomaco deframmentato, senza nessun amplesso logico ti accarezzo dentro una bottiglia, nemmeno per giocarci sopra
2 gennaio 2009
P. A. F. (con la spesa nella soffitta della testa)
i punti delle debolezze a castello, formano le forze. ingoi il costume, il concerto a servizio, il concerto a cliente. pensi a quelli probabili. ingoi i sorrisi mescolati alle ginocchia. le maratone verso casa non sono mai state dolorose tranne poche volte. balli sulle domande troppo sicure di se. abbandoni i tuoi giudizi sintetici. la pelle liscia e piccola. camilla e andrea per strada alle sei. il freddo apolitico. chiudono i manicomi e te li aprono dentro la testa. le frasi indiscriminate. i sussulti generosi che non piacevano oggettivamente. la musica. i genitori di quella bambina che l'accompagnano a cantare al coro. bunny è felice ma non tornano a casa le citazioni. non torna nulla a casa. marta è cattiva quando è sui tubi, punta i piedi e morde. mi rincorrono i gabbiani per mangiarmi. come succede ai giorni di sparire nell'indeterminatezza. come altri sussulti caldi di notte. la marmellata negli sguardi e stesa nel quaderno. l'acido che corrodeva il cuore intasato. i navigatori satelliti nella pancia. riuscire a spegnersi nel petrolio che non leggi per più di un giorno. le api verdi che profumano. anche io un teso ostinato e finito. gli anelli colorati senza dire nulla. pretendere almeno le lacrime come risarcimento edilizio. delle tempeste con i numeri a memoria. sorridi? e qua non c'è NULLA ed entrerà ancora meno. il senso di tutto è combattuto dai comportamenti che abbattono anche te. ci pensi anche ma non esci. tutto quello che ci è appartenuto è stato messo in discarica, appena sotto il sonno. arida era la festa, arida era la testa ma tutto questo non basta ancora. buona musica per stasera. la E 251 nella birra che non abbiamo bevuto. provi ma ancora è troppo caldo questo gioco. ed è stato messo tutto a nudo tranne me. ed è bruttissimo pensare anche per cinque secondi al freddo di francesca sul marciapiede di ieri pomeriggio. gli alberi sopra la testa annebbiata. il frullatore sempre acceso. la spesa era in corsivo davvero. nascondersi dentro e dietro i punti. amenza ignifuga dentro le guance, forse è tiepido, forse deve comparire, forse ci sono delle fessure partigiane
1 gennaio 2009
il microclima del contenersi pregiudica senza sapere, la sorpresa della resa allontana meno di prima
rinnegare dio alla stazione della benzina. esiste una definizione plausibile del contrario dell'anno luce? le indiscrezioni sobrie che boicottano le braccia sciolte al sole gelido e fucsiacidoelettrico. la più grande leggenda metropoliticana dell'esistenza è la neurogenesi. auguri a los angeles e ai miei demoni. nel giardino incandescente delle perdite mensili suona il vuoto che suona il vento. la corsa dettata dall'ipocondria svuota anche le solitudini interdisciplinari e cospicue. forse il necessario appartiene ad uno stato estero, nazionalista. le nuvole nei bicchieri sussurrano durante la tempesta le loro canzoni inequivocabilmente stanche e rauche, senza che si prospetti un riflesso in fiamme. nemmeno in lontananza metto a fuoco i miei rifiuti. parlo come i due carlo, perso nella convinzione spasmodica (convenzionale) della necessità del vuoto riempito alla cazzo con tutto quello che è inutile. manipolando gli ingranaggi regolo le mie fughe senza poter scappare o reagire a quelle altrui. concrete o invisibili che siano. le assonanze sinestetiche camminano dentro gli occhi esagerati se non addirittura puerili. trovarsi allo specchio ubriaco di risposte necessita di un ampio equilibrio d'argentostellato. come le spalle che reggono e non si muovono dal centro di questo aereo spento. le piume in ascesa dentro le mani anch'esse spente, con le minime impressioni del niente vacante. avere paradossalmente molto da dire, ma solo ora che risponde l'eco sordastronza, quasi leghista. prima di mettermi a leggere mi lavo sempre le mani e gli occhi anche se avanza lo spazio netto. il silenzio desertico, arido di intuizioni espansive. inutilmente parliamo dei fiori spezzati ma non condivisi dentro le domestiche fonti di ice. ibernati dentro l'ipersensibilità condotta per non vedere, per perdersi dentro i caselli ossessivi del soffitto. imbevute nelle tinte porpora le giornate estatiche dell'estate, di questa estate inquadrata come in un autoritratto autolesionista del caldo. si sfogano le ipocondrie delle porte pesanti da chiudere. cazzo apri allora altroancora? i traslochi ribattezzano le vite, riducono le sensazioni sensibili e ostinate. riconducono alla neve antiparassitaria nel buio diurno. come gli occhi sincronizzati al tramontocelestiale con le sue teorie affrettate, come il senso profumato di novità che ti si apre nel cuore quando per un giorno hai il permesso accordato e accorato di vedere il sole. come una vita affrettata nel viversi. aggiornandosi in disparte nella piccola crisi dei condizionali in pessime condizioni post mortem. i secoli indiani che la porteranno sulla luna a recuperare il silenzio coscienzioso della coscienza affannata. vivere nel futuro a prescindere dalla gravità dei ricordi sbagliati. degli sbagli ricordati non ne vuole sapere e li mette dentro altre scatole cinesi che giocano a pacman con le mie. la critica carica del circo arrugginito dentro la pancia. suonavano ancora le campane mentre passeggiavamo dentro i colori acidi delle nostre fotoepifanie, cantando in silenzio delle lucidità cieche o forse sorde ed eterne degli sguardi precoci. senza sapere niente raccontare tutto. senza vedere raccattare tutto. e se iniziano a stancare anche le sigarette siamo oltre il concetto di problema, se rinneghiamo anche se non spiritualmente pure le stelle assassine bisogna mettere in quarantena alcune domande. i consigli artificiali che scoppiano dentro la testa. bestemmi ma tanto è colpa tua. le istruzioni non si reincarnano. le domande emostatiche si perdono nel cielo degli occhi, ma non so se li vedrò mai davvero. attenti alla gioia. cazzo posso dire di più inutile? ma soprattutto
io dove sono?
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